NUOVA STRATEGIA IN MEDIO ORIENTE

NUOVA STRATEGIA IN MEDIO ORIENTE

saudi1-getty-v2

                                                               Salman Bin Abdelaziz Al Saud, re dell’Arabia Saudita.

Con la presidenza Trump la strategia e le politiche in Medio Oriente dovrebbero cambiare. Vero è che il 45° Presidente USA sembra imprevedibile…ma forse si è a una svolta….Arabia Saudita uno dei protagonisti.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Destinata ormai all’oblio la questione palestinese, nuovi e preoccupanti segnali arrivano dalla regione mediorientale.

Il consolidato asse israelo- saudita con il supporto statunitense si concentra sulla “minaccia” proveniente dall’Iran e dai suoi alleati nella regione individuati in Libano, Siria ed Hezb’Allah.

Per preparare la nuova strategia nella regione, da diversi mesi esercito e aerei israeliani sconfinano continuamente in Libano e Siria e da anni bombardano le alture del Golan eseguendo raid aerei contro militari dei corpi speciali iraniani e di Hezb’Allah che in quell’area combattono i jihadisti di Daesh.

In merito al Golan il premier israeliano ha chiesto al neoeletto presidente USA “di riconoscere la definitiva sovranità dello Stato ebraico sulle alture del Golan (occupate illegalmente dal 1967, secondo la legislazione internazionale) per questioni difensive e strategiche nell’area”.

In realtà, non risultano attacchi di Damasco a Tel Aviv e, al contrario, la condanna dell’ONU e la Risoluzione 497 dichiarano “nulla e priva di ogni rilevanza giuridica internazionale l’annessione israeliana” del Golan.

Peraltro, lungo il confine siro-libanese, nella zona di Dera’a, operano i gruppi jihadisti Daesh e Al-Nusra, che, sostenuti a livello militare e logistico, hanno creato una “zona cuscinetto” contro possibili attacchi di Hezb’Allah o esercito di Damasco.

L’ormai solida alleanza fra Israele e Arabia Saudita trova conferma nell’intervista resa all’americana CBS News a febbraio scorso dal premier israeliano che ha dichiarato “ la situazione di Israele è cambiata nel mondo arabo… gli arabi e l’Arabia Saudita.. non ci considerano più come nemico, ma come alleati nella lotta contro l’Iran nella regione… grazie a questa alleanza abbiamo raggiunto un ottimo livello di cooperazione economica e militare.”

Da parte sua, la stampa araba riprende notizie circa la creazione di una base militare americana in territorio saudita con stanziamento anche di truppe israeliane per quanto riguarda la cooperazione militare.

Inoltre, a livello diplomatico, ci sarebbe l’avvio di relazioni ufficiali con la prossima apertura dell’ambasciata saudita in Israele o, secondo “Al Manar”, di un futuro invito al re saudita da parte di Netanyahu a Tel Aviv.

Il 10 marzo, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrein, respingono la mozione presentata dal Libano alla Lega Araba per la politica “aggressiva e provocatoria di Tel Aviv lungo il confine libanese”. Il rappresentante saudita aggiunge che questi Paesi “sono contrari a sostenere Beirut”, in polemica con le posizioni ufficiali libanesi in favore di Hezb’Allah.

Il quotidiano libanese “Al Akhbar” riferisce che l’ambasciatore di Beirut ad Abu Dhabi è stato convocato per “una richiesta di chiarimenti circa la posizione del presidente libanese e per una protesta formale contro le sue dichiarazioni pro-Hezb’Allah”.

Le rimostranze sono state accompagnate dalla successiva “sospensione dei preparativi per la visita di Aoun (definito fiancheggiatore del terrorismo) negli Emirati Arabi”.

Inoltre, come riporta il quotidiano “An Nahar”, il re Salman Bin Abdelaziz Al Saud avrebbe “annullato la propria visita ufficiale a Beirut”, prevista prima del prossimo vertice della Lega Araba che si terrà in Giordania fra il 23 e il 27 marzo.

Ancora, “An Nahar” diffonde la notizia concernente gli “sforzi libanesi per far rientrare la Siria nella Lega Araba”, dopo la sua sospensione nel 2011 all’inizio della guerra civile.

In merito, Beirut starebbe mediando tra Egitto e Giordania da una parte e l’asse Iran – Siria dall’altra, per restituire la legittimità internazionale a Bashar al-Assad.

Il tentativo libanese è diametralmente opposto alla politica di delegittimazione portata avanti dai sauditi nei confronti di Damasco e Teharan.

I solidi legami e l’alleanza geo-politica fra Arabia Saudita e Israele sono ribaditi dal ministro della difesa Lieberman nei confronti del capo della diplomazia saudita, Adel Joubeir “Le relazioni fra Riyadh e Tel Aviv sono stabili e riguardano una cooperazione congiunta contro i nostri comuni nemici (Iran, Siria ed Hezb’Allah, n.di A.), a tal punto che lo Stato saudita si impegna ad incoraggiare tutti i Paesi arabi per normalizzare le loro relazioni diplomatiche con Israele”.

Le iniziative israeliane hanno il sostegno USA. Ma questa convergenza rischia di innescare altre guerre nel precario equilibrio mediorientale, devastato da decenni di conflitti irrisolti.

In attesa di eventuali altre guerre, gli interessati si preparano.

Il rapporto dell’ “International Peace Research Institute” (SIPRI) di Stoccolma rivela che dal 2004 c’è stato un aumento costante nella circolazione internazionale delle armi con una crescita complessiva dell’ 8,4%, con i trasferimenti di armi nel quinquennio 2012 – 2016 che hanno raggiunto il più alto volume dalla fine della Guerra fredda.

Meno “magazzino” e arsenali e più acquisto per “pronto uso”. Le fabbriche americane che producono bombe e missili “intelligenti” hanno dovuto incrementare i turni di lavoro per soddisfare la domanda.

La lotta contro Daesh si porta via una quota degli ordigni, con americani, francesi e altri alleati occidentali che li sganciano quotidianamente dalla Siria all’Iraq.

L’altro grande mercato è lo Yemen, con sauditi ed Emirati che spianano le posizioni dei ribelli Houthi, senza badare ai bersagli finali con un alto numeri di vittime civili.

Le tabelle del SIPRI (una fonte internazionale indipendente sugli armamenti, disarmo, etc..) sono chiare: le petro-monarchie sono nelle prime posizioni degli importatori, battuti solo dall’India, sempre alle prese con l’infinito scontro con il Pakistan. Al terzo posto, dopo gli Emirati, c’è la Cina.

I venditori sono i soliti noti:

  • in testa gli USA, con il 33% del mercato globale;
  • dietro sono Russia (25%), Cina (5,9/%), Francia (5,6%), Germania (4,7%), Gran Bretagna (4,5%), Spagna (3,5%), Italia (2,7%), Ucraina (2,6%), Paesi Bassi (2,0%).

Gli importatori sono: India (14%), Arabia Saudita (7,0%), Cina (84,7%), EAU (4,6%), Australia (3,6%), Turchia (3,4%), Pakistan (3,3%), Vietnam (2,9%), USA 2,9%), Corea del Sud (2,6%).

Si esportano caccia, tank, fucili d’assalto, lanciagranate e munizioni; casse di armi vengono dirottate per sostenere fazioni o movimenti di guerriglia; bielorussi e bulgari – secondo il “Corriere della Sera” – le avrebbero cedute a alcuni governi che assistono gli insorti in Siria.

Il flusso delle armi è aumentato in particolare verso Asia, Oceania e Medio Oriente tra il 2007 e il 2016, mentre si registra una diminuzione del flusso verso Europa, le Americhe e l’Africa che, o le armi se le producono o, nel caso dell’Africa, ne avevano accumulate già troppe.

E, ancora, i dati indicano:

  • i cinque maggiori esportatori – Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Germania – rappresentano il 74% del volume totale delle esportazioni di armi;
  • l’India è stato il maggior Paese importatore di grandi armi tra il 2012 e il 2016, pari al 13% del totale mondiale. Negli ultimi dieci anni ha aumentato le importazioni di armi dal 43%;
  • dal 2007 a oggi, le importazioni da parte degli Stati del Medio Oriente sono aumentate dell’8,6% e rappresentano il 29% delle importazioni mondiali;
  • l’Arabia Saudita è il secondo più grande importatore mondiale di armi, con un incremento del 212% rispetto al quinquennio 2007 – 2012. Le importazioni del Qatar sono aumentare del 245%; gli Stati mediorientali si sono rivolti in primo luogo a Stati Uniti ed Europa;
  • nonostante i prezzi bassi del petrolio, i Paesi della regione hanno continuato a ordinare più armi nel 2016, percependo questi strumenti come cruciali per risolvere conflitti e tensioni regionali;
  • gli Stati Uniti, che da soli rappresentano 1/3 delle esportazioni globali, negli ultimi 5 anni sono stati il Paese maggiore esportatore di armi, con un aumento del 21% rispetto ai cinque anni precedenti. Quasi la metà delle esportazioni erano dirette in Medio Oriente;
  • al secondo posto, dopo gli Stati Uniti, vi è la Russia, che ha rappresentato il 23% delle esportazioni mondiali di armi. Il 70% delle sue esportazioni di armi era diretto a quattro Paesi: India, Vietnam, Cina e Algeria.

©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

 

Comments are closed.