Ragionare su quello che sta succedendo attualmente quantomeno nel quadrante Mediterraneo è veramente complesso.
È indubbio che l’Iran ha profondamente destabilizzato tutto un settore mediorientale: Libano, Yemen, commercio mediterraneo, solo per annotare alcuni dei problemi in atto. Come ebbi già occasione precedentemente di scrivere su questo foglio, sono sempre più convinta che Teheran stia lottando per avere la guida, e quindi il primo posto politico nel mondo islamico, in un confronto tra Sciiti e Sunniti, in particolare wahabiti, cioè rispetto all’Arabia Saudita.
Gli Houthi non finiranno mai di attaccare navi che non siano cinesi o turche perché continuamente foraggiati dall’Iran. Il Mar Rosso, con lo Stretto di Bab el Mandeb, strategicamente molto importante per il commercio internazionale, in particolare quello europeo, anche soprattutto per i porti italiani, è nelle loro mani. Del resto a loro non sembra interessare il fatto che la nave Ruby Mar, battente bandiera del Belize, di proprietà britannica, attaccata il 18 febbraio, sia affondata, con la prospettiva di un disastro ecologico in quel mare. Non riescono a comprendere nella loro cieca decisione, installata, fomentata e sostenuta finanziariamente e militarmente dal regime iraniano, che quello che stanno facendo, dichiaratamente, per fermare i bombardamenti su Gaza porterà anche a un loro futuro difficile su un mare inquinato. Qualora altre navi dovessero essere attaccate e affondate, il Mar Rosso diventerebbe un disastro ecologico, e ci vorrebbero anni per tornare a renderlo fruibile, in tutti i sensi, anche per la pesca non solo per il transito.
Che dire poi dei quattro cavi che sono sul fondo del Mar Rosso danneggiati ai primi di febbraio. Voci dicono che siano stati gli stessi Houthi a sabotarli: altri sostengono che il danneggiamento sia dovuto ad una ancora che veniva trascinata sul fondo del mare: per sbaglio o volontariamente? Erano cavi piuttosto importanti che hanno dimezzato di circa il 25% il traffico telecomunicazioni tra l’Asia e l’Europa. Il precedente sembra molto pericoloso perché sul fondo del Mar Rosso corrono 16 cavi di fibre ottiche, che riguardano circa il 17% del traffico delle comunicazioni internazionali. Vi è peraltro da notare che circa il 99% di questi cavi appartengono a compagnie private telefoniche o finanziarie e solo l’1% è di proprietà di qualche governo.
Interessante la notizia che gli Stati Uniti, l’11 gennaio, nei loro sforzi di neutralizzare questi ribelli alleati di Teheran, abbiano fermato nel Mar Arabico, e poi confermato la detenzione, in attesa di processo, di un cittadino pakistano, Muhammad Pahlawan, accusato di contrabbandare parti di droni di fabbricazione iraniana ai ribelli Houthi. Questo trasporto di materiale da guerra, che sarebbe poi stato usato dalle forze ribelli yemenite, costituirebbe un crimine federale di terrorismo che potrebbe comportare fino a 20 anni di prigione.
Dall’altra parte, Hezbollah in Libano tendono a far aumentare gli scontri con Israele in modo da portare di nuovo la guerra sul territorio libanese.
L’Occidente, intendendo Europa, è indubbiamente debole di fronte a queste reazioni e a questi tentativi di impossessarsi e gestire il potere da parte dell’Iran. La difesa comune europea è in grande ritardo E se ne comincia a discutere seriamente solo in questo periodo. Vi è anche il serio problema della sicurezza in Europa, che è indubbiamente messa in crisi dal conflitto russo-ucraino in atto È noto che molti paesi europei stanno cercando di aumentare le risorse che investono nella costruzione del loro strumento militare ma ancora una volta sono indietro. Peraltro stanno spendendo molto per quello che riguarda il supporto all’Ucraina avendo l’UE deciso nel febbraio scorso un aiuto di 50 milioni di euro a Kiev. Ma servirà? Qualche dubbio può essere onestamente avanzato.
È iniziato ieri sera, 10 marzo, il sacro mese di Ramadan, momento estremamente importante nel mondo islamico. Momento delicato. Sarebbe da sperare che i comportamenti da ambo le parti, Hamas e Israele, siano compatibili con questa situazione ma gli animi sono molto tesi. In tutto questo sono i civili a pagare un prezzo terribile, da una parte e dall’altra.
Due popoli, due Stati: giustissimo, anche se un po’ tardi pe rifletterci sopra ora dopo le proposte del lontano 1937, riprese dopo la Seconda Guerra mondiale e il piano di spartizione dell’ONU nel 1947, piano respinto dalla Lega Araba e dai rappresentanti dei palestinesi.
Oggi, prefigurando che sia l’unica giusta soluzione possibile sulla carta, viene da domandarsi come una parte del territorio del futuro stato, quasi completamente distrutto, come Gaza, possa essere una parte ‘attiva’ di un nuovo Stato, peraltro necessario. È tardi ma bisognerà comunque realizzare uno Stato palestinese, e sarà a carico della comunità mondiale che dovrà non solo approvarne la costituzione ma dargli anche la possibilità di costruirsi e ricostruirsi e vivere nel quadro di una politica internazionale corretta. Impresa che al momento sembra molto difficile ma alla quale bisogna arrivare. Il punto cardinale: chi gestirà questo Stato’ Ufficialmente Autorità Palestinesi ma nella concretezza: forse un mandato ONU, sempre che l’ONU si dimostri attivo e fattivo sul problema? O altri stati alla ricerca di un primato mondiale nel settore strategico e nel mondo islamico?
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