Israele e Palestina: il piano di ‘pace’ del secolo! Se nel 1965 avessero ascoltato Bourguiba…

Israele e Palestina: il piano di ‘pace’ del secolo! Se nel 1965 avessero ascoltato Bourguiba…

Abu Mazen (Mahmoud Abbas)

Abu Mazen (Mahmoud Abbas)

 

Se…la storia non si fa con i ‘se’ ma qualche volta rivedere alcuni consigli di un tempo e riprenderli potrebbe essere vantaggioso

Abu Mazen ha denunciato ieri 1 febbraio qualsiasi accordo con Israele o internazionale per quanto riguarda il problema dei Palestinesi irrisolto e forse ormai irrisolvibile.

Andando indietro nel tempo, la Risoluzione n. 181 del 29 novembre 1947 delle Nazioni Unite prevedeva, a richiesta della Potenza allora mandataria sul territorio, la Gran Bretagna, un piano di spartizione della Palestina con unione economica in due Stati, uno ebraico e uno arabo, con un regime speciale per la città di Gerusalemme. Una Risoluzione molto articolata e abbastanza equilibrata per l’epoca ma forse quella meno implementata in parte, se non tutta.

La Lega Araba non la ritenne tale e non l’accettò, perché non ammetteva l’esistenza di uno Stato ebraico, non comprendendo alcune necessità storiche del momento, figlie di una Seconda Guerra Mondiale e di uno spaventoso Olocausto recente. Risultato: nel 1948 lo Stato d’Israele fu proclamato. Di un eventuale Stato palestinese si discute ancora in una situazione ormai talmente sclerotizzata e diversa da quella del 1947 che qualsiasi tipo di proposta vede Palestinesi e Israeliani non conciliabili, perché nessuna delle due parti contendenti vuole fare un passo indietro o avanti e dove i più forti sono gli Israeliani, senza dubbio.

A questo punto una domanda si imporrerebbe: allo stato dell’arte, questo Piano di pace di Trump, che lui stesso definisce ‘il piano del secolo’, potrebbe essere discusso, cercando di ottenere qualcosa in più da parte dei Palestinesi e rinunciando a qualcosa la controparte? Difficile rispondere.

E a questo punto proponiamo un ricordo interessante, un discordo di Habib Bourguiba, pronunciato nel Campo Palestinese di Gerico,in Cisgiordania, il 3 marzo 1965. Un discorso che, rivisitato oggi, fa ben comprendere come il Presidente tunisino vedesse chiaro nel panorama storico dell’epoca con una sicura lungimiranza verso anni a venire e si distanzia dai discorsi dell’epoca dei politici arabi.

Sono interessanti alcuni estratti di quel lontano discorso in cui riconosce l’ampiezza del ‘disastro’ che il mondo arabo ha subito in Palestina 17 anni prima ammirando al contempo la volontà indomita dei palestinesi di riguadagnare i loro diritti..ma l’entusiasmo e il patriottismo non sono sufficienti a ottenere la vittoria, anche se i Palestinesi devono essere in prima linea nel riconquistare il loro territorio.

Preferiamo riportare esattamente alcuni passi del discorso (tradotto dall’arabo) per la sua chiarezza e coerenza…È una condizione necessaria ma non è sufficiente. Insieme allo spirito di sacrificio e il disprezzo della morte, occorre avere nella testa un progetto lucido che sappia organizzare la lotta e prevedere il futuro. Dunque la lotta razionalmente concepita implica una conoscenza precisa della mentalità dell’avversario, una valutazione precisa del rapporto di forze per evitare l’avventura e i rischi inutili che aggraverebbero la nostra situazione…

Ecco quindi un avvertimento e un consiglio molto pratico. Dunque occorre lucidità, l’elaborazione di un Piano creandone le condizioni di successo. Bisognava preparare gli uomini, dotarli dei mezzi necessari e soprattutto avere l’opinione pubblica internazionale a favore e evitare che la passione umana per la questione togliesse discernimento ai comportamenti politici.

Se non si hanno i mezzi per fare un guerra, allora meglio non farla. La guerra, non solo tecnicamente parlando, è fatta anche di inganni e di finezze, perché l’arte della guerra si appoggia sull’intelligenza; implica una strategia e la messa in opera di un processo meticolosamente regolato…non importa se strada che porta al successo sia dritta o tortuosa. Per ottenere la vittoria non importa dunque quale strada seguire ma arrivare allo scopo finale perché la lotta comporta avanzamenti e arretramenti, anche se spesso sembra che la strada dritta porti più facilmente a una vittoria.

Bourguiba sapeva perfettamente che il suo discorso non sarebbe stato ben compreso; infatti continuò dicendo che non occorreva tacciare di disfattismo quei Capi di Stato arabi che avevano presentato soluzioni parziali o provvisorie del problema palestinese se queste rappresentavano delle tappe verso l’obiettivo finale.

In quel discorso fece molti richiami alle vicende tunisine, al fatto che se in Tunisia nel 1954 avessero rifiutato l’autonomia interna come soluzione di compromesso, molto probabilmente ancora nel 1965 non sarebbero arrivati all’indipendenza e sarebbero stati ancora sotto dominazione francese.

Ricordava che per la Palestina, al contrario, gli Arabi avevano respinto qualsiasi soluzione di compromesso. Avevano rifiutato la divisione del territorio e qualsiasi clausola del Libro Bianco redatto dagli inglesi nel 1939, atteggiamento che poi rimpiansero. Il tutto sulla pelle dei Palestinesi.

Il discorso terminò con la speranza che i ‘fratelli’ arabi, ai quali aveva parlato appunto come un fratello, riflettessero sulle sue parole e combattessero contro due complessi: uno di inferiorità di fronte al nemico del quale sovrastimavano le forze e uno di superiorità che poteva portare a una catastrofe, da evitare, facendo ricorso incessante alla ragione e all’intelligenza.

Subito dopo il delegato della Palestina alla Lega Araba chiese l’espulsione della Tunisia, membro dal 1956, senza ottenerla. Peraltro una soluzione della stessa Lega del 1960 aveva stabilito che qualsiasi Paese avesse proposto o iniziato trattative con lo Stato d’Israele per una pace unilaterale o accordo economico sarebbe stato immediatamente espulso.

La parole di Bourguiba erano profetiche.

Ora quel che si propone ai Palestinesi è una sovranità sull’11% del loro territorio originale. Si è a questo punto…effettivamente si può dire che il Piano è un ‘oltraggio’, altro che l’accordo del secolo!

Infatti la Lega Araba, riunita ieri 1° febbraio al Cairo in emergenza, ha respinto l’accordo perché non rispetta nemmeno i minimi diritti e le aspirazioni del popolo Palestinese.

La Lega insiste su un accordo per uno Stato Palestinese che sia rispettoso dei confini pre guerra del 1967, cioè prima dell’occupazione della West Bank, Gaza e Gerusalemme Est da parte di Israele. Chiede inoltre che quella parte della Città diventi la capitale del futuro stato.

Una notazione: perché allora gli ambasciatori degli Emirati (UAE), Bahrain e Oman sono stati presenti alla presentazione di questo Piano…in tacita approvazione con gli USA, e hanno dichiarato di apprezzare gli sforzi di Trump e hanno richiesto dei negoziati rinnovati senza però commentare i dettagli del Piano’. L’Egitto avrebbe chiesto, secondo fonti arabe, a Israeliani e Palestinesi di studiare cn cura il Piano, ovviamente in favore del ripristino dei diritti di quel popolo e della creazione di uno Stato sovrano Palestinese. La Giordania ha messo in guardia Israele verso una ulteriore occupazione di territori palestinesi, e ha riaffermato la necessità di uno stato che abbia i confini pre 1967, cioè con la West Bank e Gerusalemme Est.

Per il momento, ancora una volta, gli stati arabi sono divisi rispetto al problema realmente difficile di una soluzione ma oramai si è a questo punto, dopo tanti anni, di gran lunga peggiorativi della situazione dei Palestinesi. Il muro contro muro non serve. E se si riflettesse sulle parole di Bourguiba, anche se i tempi sono mutati e si cercasse di ‘parlarne’ e se possibile ottenere, molto più che i 50 miliardi di dollari promessi? Se non c’è il territorio, che farne di questa massa di denaro? Ottenere una parte di territorio in più da sviluppare e dunque investire e produrre reddito, che ora manca totalmente in quei disperati luoghi. La dignità di un popolo passa anche per la possibilità di investire e produrre su un territorio di cui è sovrano.

Risposta difficile se non quasi impossibile allo stato dell’arte.

Un grand merci à l’ami Bilel Annabi

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