Conferenza di Berlino…avvoltoi di fronte  alla Libia? Missili contro l’aeroporto di Tripoli.

Conferenza di Berlino…avvoltoi di fronte alla Libia? Missili contro l’aeroporto di Tripoli.

L'aeroporto di Tripoli

L’aeroporto di Tripoli dopo l’attacco con i missili.

I partecipanti alla Conferenza di Berlino erano molto fieri del raggiungimento del ‘cessate il fuoco’ ma raggiunto senza la firma dei diretti interessati, i due non ‘signori della guerra’ o forse lo è solo uno, il ribelle padrone però di gran parte della Libia, i due terzi, e dei pozzi di petrolio, la maggior parte. Hanno solamente accettato a parole di riprendere a discutere il problema alla fine di gennaio a Ginevra. Non è detto che si presentino. Lo decideranno solo qualche ora o minuti prima.

Il Sultano aveva anche lasciato bruscamente Berlino come reazione al fatto che lo avevano accusato di aver inviato ribelli siriani a Tripoli per sostenere Fayez al Sarraj; cioè la verità! Le notizie di agenzia dicono: 1200. Forse anche di più.

Haftar ha anche minacciato di affondare qualsiasi cargo che entra nelle acque libiche dopo averlo fatto il giorno prima della riunione in Germania, il 19 gennaio: avrebbe bombardato con un Mig-23 armato di missili X-23 un cargo con armi e munizioni, probabilmente turco. Notizia non confermata in modo sicuro, ma ripresa da testate arabe e da una iraniana che mostra foto di una nave in fiamme.

E’ di oggi, 22 gennaio, la chiusura dell’aeroporto di Tripoli a causa di alcuni missili sparati contro questo unico aeroporto, per di più civile, in uso.

Subito dopo la chiusura ‘trionfante’ della conferenza di Berlino le armi hanno ripreso a far fuoco a sud di Tripoli. Le milizie difficilmente cederanno le armi.

In realtà è molto difficile un silenzio delle armi, se i maggiori oppositori, cioè Putin e Erdogan non troveranno un accordo sulla spartizione del territorio e cioè del petrolio e relativa influenza politico-economica. E’ evidente che il gioco si fa duro per evitare che il Sultano si impadronisca non solo della Libia. In realtà tiene a avere completa influenza su tutto il Mediterraneo (e non solo, con tendenza a allargarsi verso l’Africa nera), contrastato ovviamente dallo Zar Putin, per non dimenticare gli Emirati e il Qatar, in opposizione tra di loro.

Accordi non ce ne possono essere se al tavolo non si siedono a viso aperto le milizie di ambedue i contendenti e le tribù del Fezzan. Perché soprattutto Haftar, ma anche Sarraj sono, volenti o nolenti, ostaggi dei capi militari dei loro corpi armati. Erdogan ha inviato mercenari combattenti siriani e tunisini (probabilmente la gran parte di loro ma non tutti, ex foreign fighters), che certamente non sono agli ordini dei due libici ma a quelli di Erdogan che paga stipendi notevoli con due obiettivi: non farli agire sul suo territorio, tenerli al guinzaglio con il denaro e assicurarsi una posizione forte in Libia. Sono forse più utili con armi e munizioni più di tanti carri armati e aerei.

La Libia è in guerra civile da otto anni con notevole recrudescenza attuale. Inutile non ammetterlo. Ha enormi riserve di petrolio e gas. E’ il nuovo ‘Grande Gioco’ ma l’Europa non sembra molto attrezzata per questa partita. Ritorna forse in campo l’ONU con i suoi Caschi Blu.

Non si creda che forze di interposizione potranno a lungo mantenere un ‘cessate il fuoco’ serio e reale. I ‘Signori della guerra’, aiutati ipocritamente da altri contendenti, finché avranno chi li rifornisce, non cederanno e è ben noto che le guerre sono un volano economico globale ormai e che in fondo è facile aggirare gli embarghi: l’affondamento di un cargo di tanto in tanto non pregiudica i rifornimenti in modo pregiudizievole, a meno che si tratti di una ‘battaglia dei convogli’ di antica memoria (Seconda Guerra Mondiale) che per ora non sembra esserci, per assenza di convogli dichiarati.

Spezzare il territorio libico in due o tre stati metterebbe in discussione altre frontiere del nord Africa, in particolare quelle turche con la Siria e con l’Iraq, almeno.

Al tavolo delle trattative, magari sotto una bella tenda, forse si riuscirebbe a avere qualche risultato serio per un futuro ma finché le riunioni avvengono in saloni di grandi alberghi o a tavoli istituzionali, un accordo duraturo sarà difficile…comunque meglio sperare anche per la stabilità della sponda nord del Mediterraneo, che deve assorbire una migrazione epocale difficilmente integrabile anche per colpa delle disastrose politiche al riguardo degli stati europei.

L’Europa ha poche carte, forse nessuna, per avere una seria influenza sulla soluzione della guerra in Libia, almeno allo stato dell’arte.

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