Erdogan in Tunisia. Fayez Sarraj è ancora a Tripoli?

Erdogan in Tunisia. Fayez Sarraj è ancora a Tripoli?

 

Fayez al Sarraj

Fayez al Sarraj

Molto peculiare la visita del nuovo Sultano turco a Tunisi per discutere della situazione libica e trovare con l’aiuto della Tunisia un sistema per arrivare quantomeno a un ‘cessate il fuoco’. Certamente, considerato che il presidente egiziano ha già preso partito per colui che viene ritenuto un non legittimo governatore della zona di Tobruk, Istanbul non poteva che ricorrere all’altra nazione che ha confini in comune con la Libia.

La partita che si gioca tra Erdogan e Putin in Medio Oriente è molto interessante oltre a essere molto pericolosa. La Libia è un boccone di grande pregio anche per quello che contiene nel suo sottosuolo e per la posizione geografica che ha nel quadro regionale del Mediterraneo. Un giornale tunisino on line, ieri sera 27 dicembre, ha dato la notizia che il Primo Ministro della Libia Sarraj sarebbe fuggito con un aereo verso Londra, portando con sé alcuni dei capi delle milizie a lui fedeli, di fronte alla possibilità dell’entrata delle truppe di Haftar in centro città. Al momento non ho trovato riscontro di questa notizia su altre testate anche arabe. La notizia sarebbe arrivata dal centro di comunicazioni dell’Esercito nazionale libico di Haftar.

Questo centro avrebbe annunciato di aver notato il decollo di molti aerei la mattina del 27 dicembre dall’aeroporto di Maitiga; tra questi vi era un apparecchio con numero di immatricolazione LAA001 che presumibilmente era decollato verso Londra con a bordo il Primo Ministro Sarraj. La notizia per ora è da confermare anche se sembra molto difficile che, nonostante il promesso invio di truppe turche, l’uomo di un governo appoggiato internazionalmente abbia lasciato campo libero al Gen. Haftar. Al Jazeera sempre ben informata non ne fa cenno. Potrebbe trattarsi di una falsa notizia fatta circolare ad arte per disseminare preoccupazione e disfattismo tra le truppe di Tripoli.

È da notare che la Tunisia può giocare un ruolo importante nella situazione libica. Il presidente dell’assemblea parlamentare tunisina, presidente altresì del movimento islamico Ennahda, Rached Ghannouchi, ha sempre affermato che la Tunisia avrebbe riconosciuto un solo governo in Libia, quello che godeva di una legittimità internazionale, cioè quello di Fayez Al Sarraj.

E’ evidente che la Tunisia, considerati i suoi confini con la Libia, abbia interesse a divenire un mediatore importante  e ascoltato affinché le due parti belligeranti possano trovare una comune intesa e quindi continuare quel lavoro fatto dal Presidente della Repubblica quando aveva incontrato i rappresentanti delle diverse tribù libiche, per arrivare a una situazione almeno di non belligeranza, se non di pace, perché solo questa è una garanzia per la stessa sicurezza tunisina che ha non pochi problemi di instabilità alle sue frontiere meridionali.

Dunque il Presidente turco sta cercando quella sfera di influenza e di interesse che una volta era dell’impero ottomano del quale Libia e altri territori erano parte integrante. Ovviamente ora non si può ricreare quel tipo di impero territoriale ma è evidente che la forza militare in aiuto a uno dei due contendenti può dare una influenza, che potremmo anche chiamare velata occupazione, a chi appoggia colui che avrà il potere, anche se dimezzato, in Libia. Ovvero si stanno ricreando in quelle zone strategiche, le sfere di influenza o di interesse proprie del periodo che fece seguito al primo conflitto mondiale.

Nel 1919 le due potenze che si suddivisero quella zona furono Gran Bretagna e Francia. 100 anni dopo c’è ancora la Francia nella partita ma è il contraente più debole che cerca comunque di rimanere in gioco, ma sarà sicuramente schiacciato tra due potenze, una in netta ripresa, quella turca e l’altra che ormai ha riguadagnato il terreno perduto dopo la caduta del muro di Berlino e l’implosione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

La posta è tanto più alta in quanto anche l’Egitto ha dei problemi di stabilità interna in questo momento e il presidente egiziano necessita che i suoi confini siano sicuri e non continuamente violati da possibili terroristi La Russia di Putin, gli Emirati arabi, l’Arabia Saudita, lo stesso Al Sissi e, sia pur in minore misura, la Francia danno il loro incondizionato appoggio al Generale che ha potere, al momento almeno, indiscusso sulla parte orientale libica, la più ricca, e supportano quello che Haftar chiama Esercito Nazionale Libico.

Ecco che nuovamente i nuovi due imperi, russo e turco, si scontrano per la supremazia sul Medioriente, costituendo un notevole elemento di preoccupazione per gli Stati Uniti che stanno comunque attuando una politica di parziale recesso dall’area strategica medio orientale. Recesso che continuerà se il presidente Trump sarà rieletto.

La Tunisia sembra avere alcuni problemi interni per riuscire a formare il governo dopo la elezione presidenziale dello scorso ottobre e quindi non può permettersi attacchi di qualsiasi tipo alla sua stabilità.

La regione è in fermento. Il Libano ha una crisi economica senza pari; è senza governo da molto tempo; patisce un alto tasso di disoccupazione; ha molti rifugiati e molti senza tetto accampati nelle strade.  Qualcosa di impensabile solo pochissimi anni fa.

C’è da augurarsi una rapida soluzione in Libia. Le milizie o l’Esercito Nazionale debbono in qualche modo vincere la partita o mettersi d’accordo. L’accordo è sempre più difficile perché mettere insieme le tribù del Fezzan e riuscire a unire Tripolitania e Cirenaica non è impresa da poco e forse anche irrealizzabile. Forse solo un potere forte centrale può riuscire ancora una volta a far della Libia uno Stato a sovranità intera.

Sarà importante vedere cosa succederà nello scontro tra Russia e Turchia da una parte e Stati Uniti dall’altra, con in mezzo Tunisia e Egitto che sulla carta dovrebbero riuscire a essere mediatori di pace pur sedendo al tavolo a parti opposte, ma avendo il comune interesse di salvaguardare i propri confini.

L’Europa e in particolare l’Italia guardano con apprensione la situazione libica perché la sua instabilità sta permettendo una immigrazione dall’Africa subsahariana di grande impatto sulla stessa identità del continente europeo che non riesce a accogliere e integrare chi cerca una migliore situazione di vita.

Temo che purtroppo saranno solo le armi a decidere del futuro della Libia.

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