UNA SINTESI DELLE MINACCE ATTUALI E PASSATE NEL PANORAMA DI QUESTI GIORNI.

UNA SINTESI DELLE MINACCE ATTUALI E PASSATE NEL PANORAMA DI QUESTI GIORNI.

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Le minacce che stanno tornando in questo ormai iniziato secolo XXI sono molte e sono conseguenze dirette anche della fine della prima guerra mondiale che ha comportato problematiche ancora in discussione e conflitti, soprattutto nella regione del Vicino e Medio Oriente. Sembra impossibile ma è così, se solo pensiamo all’origine della questione curda (1920/1922), con la regione abitata dai Kurdi divisa fra quattro stati (Turchia, Siria, Iran, Iraq), fonte in questo mese di un attacco turco contro i ‘terroristi ‘del PKK, in territorio siriano; attacco che ha permesso e sta permettendo a Mosca di essere presente come forza di ‘dissuasione’ e interposizione per evitare che i turchi si annettano una parte della Siria.  L’antica politica espansionistica di tutti gli Zar, imperiali o sovietici che siano stati. Del resto, quando esisteva l’Impero Ottomano, quelle frontiere non erano così delineate e precise e spesso qualche leader tenta di rimetterle in discussione….

Un esempio: la regione dell’Hatay (capoluogo Iskenderun, l’antica Alessandretta), è stata molto reclamata da al Asad in tempi in cui la situazione era diversa, più calma e la Siria, in situazione stabile. Ora …ovviamente non se ne parla più…sette anni e più di guerra civile hanno messo in un angolo il problema, forse per i prossimi trenta anni.

Focalizzando il tema sul Mediterraneo e Medio Oriente, minacce consistenti sono fattori di carattere politico; fattori ambientali politico-religioso e fattori economici sempre più costringenti che caratterizzano sia la regione a nord del Sahara sia quella a sud del deserto. Soprattutto questi ultimi stanno diventando un fattore di destabilizzazione e forte contrasto tra gli stati europei.

Non dobbiamo dimenticare i conflitti etnici, i conflitti latenti, i nazionalismi e tutti gli ‘ismi’ che stiamo conoscendo e soprattutto gli antagonismi per un predominio globale o regionale che avvelenano la vita e i costumi.

I fattori destabilizzanti e i rischi emersi sono chiari: l’integralismo islamico, le migrazioni epocali di clandestini non gestibili, almeno in Europa; la proliferazione nucleare; il terrorismo declinato nelle sue varie matrici; last but not least, gli importanti mutamenti climatici disastrosi ecologici, cavalcati in modo disordinato e con molte approssimazioni mediatiche, purtroppo. Si celebrano personaggi senza intravedere quel che realmente c’è dietro le loro campagne mediatiche. Ma anche questa è globalizzazione.

Se guardiamo al Mediterraneo e all’Africa cosiddetta ‘nera’, vi è una testimonianza sotto gli occhi di tutti: l’esplosione demografica e l’alto tasso di disoccupazione che ha comportato anche il rafforzamento dell’integralismo islamico nella regione mediorientale.  Nei Paesi della costa mediterranea dobbiamo notare la nascita del multipartitismo che, se ha portato un embrione di sana democrazia, è stata anche un fattore di destabilizzazione in questa regione strategica che non era ancora pronta alle primavere arabe,  trasformate in inverni duri, anche con la partecipazione di stati, europei e non, intervenuti per ‘salvare’ la democrazia. Lo stiamo osservando in Iraq e in Siria. L’Afghanistan, anche, non è stato certamente stabilizzato, nonostante gli sforzi delle democrazie occidentali e non (Unione Sovietica).

Non dimentichiamo le ‘rivolte del pane’ cioè la ricerca base del cibo che è poi la ricerca della sicurezza e la fuga dai conflitti etnici e religiosi.

Tra le minacce perché non ricordare il tentativo di rilancio del grande Maghreb e la leadership morale della regione: la concorrenza nel settore tra l’Iran sciita e l’Arabia Saudita sunnita wahabita.

Tra gli altri elementi di minaccia non possiamo dimenticare la tecnologia dirompente e invadente, di certo pericolosa; gli arsenali militari da utilizzare e rinnovare per far girare la grande macchina economica della guerra; la proliferazione di armamenti e di ricerche nucleari e chimiche dual use; i rapporti tra i protagonisti arabi e i paesi dell’est asiatico cioè la Cina, tralasciando l’inedita recentissima guerra dei dazi, disastrosa per il commercio europeo soprattutto, ma dove forse il Presidente USA non ha tutti i torti…

In realtà il Mediterraneo è un teatro di conflitto lungo l’asse nord-sud.  Bisogna poi ricordare l’alta valenza e ruolo strategico della regione mediterranea che è una frontiera sud del Mediterraneo europeo ma una frontiera nord per il sub Sahara, che ha immense risorse naturali come idrocarburi fosfati, uranio e altri metalli importanti, di nuova scoperta e applicazione.

Vi sono certamente anche elementi di stabilità. Le tensioni sovraesposte possono originare un frazionamento che potrebbe rivelarsi strumentale per una stabilità fondata sulla deterrenza ma la diplomazia occidentale, in particolare quella europea, non riesce a contrastare la spinta africana e la globalizzazione emergente.

Quale può essere il possibile ruolo del Maghreb teatro strategico a sud del Mediterraneo? Il Califfato ha dimostrato di non poter avere un ruolo se non distruttivo perché c’è una scarsa costruzione regionale, se non con valenza islamica nella quasi totale assenza di relazioni economiche bilaterali e di una debole cooperazione regionale, politica e economica. Un possibile ruolo potrebbe essere quello economico in primo luogo proprio per costruire un futuro politico di coesione…ma ci vorrà ancora molto tempo.

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