Algeria: le incognite delle prossime elezioni presidenziali.

Algeria: le incognite delle prossime elezioni presidenziali.

Il Presidente Bouteflika

Il Presidente Bouteflika

Improvvisamente l’Algeria è tornata alla ribalta per le dimostrazioni di piazza contro il Presidente Bouteflika….eppure egli è riuscito a porre termine alla guerra civile. L’articolo che segue analizza con cura e chiarezza l’attuale situazione algerina in vista delle elezioni politiche a breve.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

L’Algeria, il regno dei berberi, ponte tra l’Africa nera ed il Mediterraneo, ha vissuto lunghi, travagliati e sanguinosi periodi nel corso della sua storia, sia moderna che antica.

Dalla metà del secolo scorso ad oggi, l’Algeria ha visto il succedersi di molti presidenti e governi e periodi traumatici, tra cui la guerra civile, protrattasi sino al 1999, il colpo di stato militare del 1992, nonché la lunga colonizzazione francese conclusasi con l’ottenimento dell’indipendenza nel 1962.

Se guardiamo al lontano passato di questa terra, non si può non menzionare la conquista dei romani e la sottomissione e l’islamizzazione degli Omayyadi.

L’Algeria è un Paese grande e complesso, che va dal Mediterraneo al Saharasin quasi al Sahel, strategicamente rilevante e perno imprescindibile per la stabilità di tutta la regione mediorientale, ma anche crocevia dei traffici di droga, di armi, di essere umani e dei jihadisti.

Ecco perché l’Algeria, per la protezione dei suoi confini, spende ogni anno più di quattro miliardi di dollari e, come il Presidente Trump, anche quello algerino sta pensando di costruire dei muri lungo i confini con la Tunisia e la Libia per difendersi dalle infiltrazioni jihadiste e con il Niger ed il Mali per arginare l’ondata migratoria proveniente dal Sahel. Senza dimenticare quello già parzialmente eretto lungo il confine con il Marocco per il problema legato allo status dei Sarawi.

La diffusione dell’islamismo militante preoccupa non poco Algeri, alla luce dei disordini che hanno interessato il Mali nei mesi precedenti le elezioni dello scorso anno, per non parlare dell’instabilità libica.

Rimangono tese le relazioni con il vicino Marocco, storico rivale regionale per la questione legata al Sahara regionale.

E’ un Paese con una situazione economica complicata che si basa sulle esportazioni oil&gas (95% delle esportazioni e circa il 60% delle entrate fiscali) e pertanto, a causa del ribasso del prezzo del greggio, ha visto i suoi proventi diminuire, la crescita del Pil rallentare ed incidere negativamente sugli investimenti e sui consumi.

Da un recente studio, emerge un quadro preoccupante per quanto riguarda le riserve valutarie del Paese, che potrebbero drasticamente diminuire entro il 2023.

L’attuale quadro economico ha condizionato l’attuazione dei piani di assistenza economica che, in passato, si sono dimostrati un valido antidoto per placare le manifestazioni di piazza contro la disoccupazione, il carovita, la corruzione e la perdita del potere d’acquisto.

Il prossimo 18 aprile il popolo algerino sarà chiamato alle urne per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, così come prevede la Costituzione che fissa il voto a 90 giorni dalla scadenza del (quarto) mandato del Presidente in carica Abdelaziz Bouteflika.

I partiti dell’alleanza presidenziale hanno presentato Bouteflika quale candidato ufficiale alle elezioni per la quinta volta consecutiva, così come prevede la Costituzione.

Bouteflika, al potere dal 1999, può presentare la propria candidatura per la quinta volta in virtù della modifica costituzionale approvata nel 2016 che, pur reintroducendo il limite del doppio mandato presidenziale, che peraltro era stato rimosso nel 2008 per consentire allo stesso Bouteflika di candidarsi per un terzo mandato, non ha valore retroattivo.

Di certo si presenta alle elezioni un candidato in sedia a rotelle per le conseguenze di un ictusche lo ha colpito nel 2013 e che gli impedisce di parlare in pubblico.

Già nel 2014 Bouteflika aveva letto la formula di giuramento con fatica e, da allora, gli impegni istituzionali all’estero si sono drasticamente ridotti, se non verso la Francia o la Svizzera, per sottoporsi a cure mediche.

Nella lettera con cui ha formalmente presentato la sua candidatura, per la prima volta Bouteflika ha fatto riferimento alla sua malferma salute ammettendo di non avere più la forza fisica di un tempo ma “… la volontà incrollabile di servire la mia Patria non mi ha mai abbandonato e mi permette di superare le costrizioni legate ai problemi di salute che ognuno di noi ad un certo punto può trovarsi ad affrontare …”.

L’annuncio della canditura ha suscitato un crescendo di proteste di piazza da parte dei giovani che in questi giorni si stanno allargando, non più circoscritte alla Capitale. Una situazione se vogliamo inedita per un Paese come l’Algeria. Per calmierare la situazione (potenzialmente esplosiva ed incontrollabile), Bouteflika ha promesso che, in caso di una sua vittoria, indirà dopo un anno e dopo una nuova riforma costituzionale, delle nuove elezioni cui non parteciperà.

Agli occhi occidentali la candidatura di un uomo anziano e minato dalla malattia potrebbe apparire inspiegabile, ma in Algeria ha una logica, se collegata agli eventi del passato.

Potrebbe avere un senso se si pensa al decennio della guerra civile che ha causato decine di migliaia di vittime e che ha distrutto lo spirito degli algerini, a tal punto che non hanno avuto la forza di cavalcare l’onda della primavera araba per liberarsi del regime.

Uno spirito che ancor prima, durante la guerra per l’indipendenza dal colonialismo francese, era stato messo alla prova dalle numerose atrocità compiute.

L’animo della Nazione forse non si è irrobustito, non è divenuto più coraggioso, ma certamente più prudente e poco incline ai cambiamenti, anche se in questi giorni potrebbe mutare e trasformarsi per la voglia di cambiamento da parte delle nuove generazioni. Un animo della maggioranza della popolazione che si è abituato alla figura di Bouteflika, l’uomo che è riuscito a porre fine alla guerra civile e cui non riesce a rinunciare perché, nel bene o nel male, continua a rappresentare il punto d’unione tra il popolo e l’esercito, il baluardo all’avanzata degli islamisti.

Anche se bisogna ricordare che Bouteflika, come del resto tutti i suoi predecessori, non incarna la figura dell’uomo solo al comando. Per intenderci, non è come un Nasser, un Sadat o un Mubarak in Egitto, leaderche controlla tutto e tutti. Al contrario, in Algeria il Presidente non ha mano libera ed è lui stesso controllato da una nohbatu,da un gruppo ristretto di nomenclatura che detiene le redini del potere.

Un Esercito che si caratterizza per un forte conservatorismo, immutabile dai tempi della lotta per l’indipendenza e che si autoalimenta nei gradi apicali legati alla nomenclatura politica, e che si è già fatto sentire.

Forze Armate e apparati d’intelligence che sono gestiti da elementi considerati una diretta emanazione del regime, abili, sino ad ora, a disinnescare le frequenti mobilitazioni di massa, sempre pericolose per qualsivoglia regime, a causa del rischio della trasformazione della protesta da sociale a politica.

Ecco perché l’Algeria sembra essere bloccata, priva di un sistema efficace di contropoteri con uno status quo politico monolitico difficile da scardinare e che vede in Bouteflika il punto di convergenza tra le classi politica, militare ed imprenditoriale.

A Bouteflika va comunque riconosciuto il merito di aver condotto indenne, in queste due decadi, la nave fuori dalle acque tempestose.

In patria, nonostante le manifestazioni di piazza, ancora pochi pensano che non vincerà, considerata la mancanza di un vero erede politico giacché sia il Fronte di Liberazione Nazionale, sia il Raggruppamento Nazionale Democratico, sia il Rassemblement de l’Espoir de l’Algerie, sia il Primo Ministro Ahmed Ouyahia (il più quotato come possibile erede politico di Bouteflika), nonché il Presidente dell’Assemblea Mouad Bouchareb del partito Presidenziale, hanno espresso il loro sostegno al Presidente uscente.

Pertanto non c’è un candidato alternativo espressione dell’establishment,mentre i candidati dell’opposizione appaiono piuttosto deboli.

Il partito Gil Giadid (Nuova Generazione) e l’Unione per il cambiamento ed il progresso, per la verità hanno tentato di alimentare un movimento di protesta contro la ricandidatura di Bouteflika, senza però un gran riscontro.

Tra i vari nomi dei più quotati candidati emergono il generale Ahmed Gaid Salah, stretto alleato del Presidente, l’ex Ministro dell’energia Chakib Kheil, gli ex Primi Ministri Mouloud Hamrouche Saaeddune El Othmani, il diplomatico Lakdar Brahimi e financo Said Bouteflika, fratello più giovane dell’attuale Presidente.

L’Europa osserva, con occhio attento ed interessato, le dinamiche del Paese, anche perché il vecchio Continente (Italia compresa) è una delle principali destinazioni del gas algerino, ma anche, in caso di disordini, di nuovi flussi migratori.

Pertanto, l’evoluzione delle relazioni diplomatiche con i paesi vicini, con gli Stati Uniti e con l’Europa, Francia e Italia in particolare, giocherà un ruolo fondamentale per la stabilità dell’Algeria e, per converso, di tutta la regione mediorientale.

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