REFERENDUM A CONFRONTO…Catalunya e Kurdistan…riflessioni in libertà

REFERENDUM A CONFRONTO…Catalunya e Kurdistan…riflessioni in libertà

La bandiera catalana a Girona (foto firuzeh)

La bandiera catalana a Girona (foto firuzeh)

In questi giorni di settembre/ottobre due referendum importanti…uno impedito, ma in parte effettuato, in Catalogna e uno effettuato in Kurdistan.

Molto diversi tra di loro ma legati dal fattore economico, indubbiamente. Quello della Catalunya rappresenta una vera ferita per tutta l’Europa. Quello del Kurdistan è il tentativo dei curdi di riscuotere la cambiale del loro efficiente contrasto all’ISIS.

Chi negli ultimi anni è andato in quel territorio della Spagna ha capito come il senso d’indipendenza fosse forte: la lingua catalana regna sovrana dappertutto, ove con cartelli anche in spagnolo (monumenti turistici), ove solo in catalano e sono la grandissima maggioranza. Per noi italiani questo non rappresenta un problema perché il catalano è più vicino all’italiano del castigliano.

Il referendum per l’indipendenza è certamente illegale alla luce della Costituzione spagnola ma impedirlo nel modo in cui il governo Rajoy ha fatto, è stato un errore fondamentale! Non far esprimere le preferenze ai cittadini è stato un vulnus alla democrazia rappresentativa…eh sì perché non è detto che tutti gli aventi diritto al voto avrebbero chiesto l’indipendenza; molti probabilmente avrebbero barrato la casella del ‘No’, dimostrando di non volersi staccare da Madrid. In caso di affluenza della metà della popolazione sarebbe stato facile al governo di Madrid e difficile per quello della Generalitat catalana dimostrare quale era la reale volontà del popolo.

Si sarebbe potuto capire un intervento muscoloso e duro nel caso di un massiccio ‘sì’ all’indipendenza ma forse sarebbe stato più civile e democratico lasciar votare e, in caso di tentativo di seria applicazione del referendum, agire con le forze dell’ordine o in ultima analisi, l’esercito…del resto sembra che il Tercio sia già a Barcellona.

Il governo catalano, poco prima delle aperture delle urne, ha dichiarato che il voto era una ‘protesta’: moralmente ha messo ko il governo di Rajoy! In effetti, non potendo avere numeri certi sulla partecipazione alle urne, l’unica vera ragione delle code ai seggi è una vibrante protesta contro Madrid e che da pacifica è diventata molto, forse troppo seria.

Il governo di Madrid si è mai chiesto perché i catalani siano arrivati a tanto? Gli errori sono solo da parte del governo catalano? Certamente il fattore economico ha un suo peso: la solita questione di sempre. La Catalunya produce molto, versa al governo centrale forti somme raccolte con le tasse ma riceve poco da Madrid. Che cosa chiedeva negli anni passati: uno statuto come quello della Regione Basca…non l’ha avuto. Che cosa chiede ora? Ha alzato il tiro: l’indipendenza, cioè la secessione dalla Spagna. Sembra un’aberrazione storica. In effetti, potrebbe esserlo ma la storia si evolve…non è mai statica. Che non sia il momento storico per una simile secessione sembra chiaro. Mentre l’Europa – e la Catalunya fa parte integrante dell’Europa -, cerca di trovare sia pur con fatica una unità difficile, una regione cerca di staccarsi dallo stato centrale per formare un altro stato, piccolo con risorse economiche ma comunque legato a filo doppio alla capitale dello stato dal quale si è voluto staccare. Perché? Oltre al fattore economico, entra come ragione della protesta la corruzione delle istituzioni centrali che ha sfiorato, come noto, anche la Famiglia Reale; una mancata attenzione alle esigenze particolari del territorio e, non ultimo, il senso di ‘indipendenza’ che soffia da un po’ di tempo sia contro l’EU, sia contro i governi centrali, anche in altri territori europei. Attaccarsi a un valore, quello della indipendenza delle minoranze da governi centrali, è una reazione alla mancanza di valori che pervade tutta l’Europa. E’ la riscoperta di un valore primario di fronte al deserto valoriale che affligge il XXI secolo. Effettivamente il problema dei diritti delle minoranze, che fu molto ascoltato e dibattuto alla Società delle Nazioni, non ha avuto la stessa importanza dopo la Seconda Guerra mondiale.

I ‘Mossos de Escuadra’, la polizia catalana non si è mossa: per fortuna. Non è escluso che ci sia stato un ordine dall’alto o un tacito accordo con le Autorità catalane. Una manifestazione di volontà politica? Quando la situazione si sarà calmata i Mossos continueranno a avere il rispetto e l’apprezzamento della popolazione, il che non è poco, nei prossimi giorni: la stabilità sarà necessaria e i Mossos dovranno mantenere l’ordine pubblico. Il futuro ci darà le risposte.

In Kurdistan la situazione è molto diversa. La questione kurda nasce negli Anni Venti, quando le Grandi Potenze decisero la divisione dei territori appartenenti all’Impero Ottomano. Fu solo in quel periodo che le tribù kurde si vollero riconoscere come ‘nazione’, con la stessa lingua, cultura, religione e anche letteratura. La regione fu spartita fra quattro stati, la Turchia, la Siria, l’Iran e l’Iraq, stato di recente costituzione, cioè ‘invenzione artificiale coloniale’, sotto la longa manus della Gran Bretagna. Nel 1925 la parte più importante del Kurdistan fu annessa all’Iraq. Il problema era Mossul situata in un’area così ricca di petrolio, voluta fortemente dalla Turchia ma la Gran Bretagna non avrebbe potuto permettere che questa parte fosse sotto il governo di una repubblica laica e fortemente risoluta a ottenere la leadership della regione, nonostante fosse erede dello sconfitto Impero Ottomano. Non occorre dimenticare l’influenza o meglio la ‘mano coloniale’ della Gran Bretagna in quel settore alla fine della Prima Guerra Mondiale.

La parte più interessante, come Kirkuk, e Mossul fu appunto assegnata al governo di Baghdad, d’influenza britannica: ha i pozzi di petrolio più importanti e redditizi così come tutta l’area attorno. Nel corso degli ultimi anni il Kurdistan iracheno ha progressivamente avuto delle autonomie dal governo di Baghdad ma non ha mai accettato Saddam Hussein che ne ha uccisi moltissimi con gas letali, una tensione che saliva di anno in anno. Poi è arrivata l’ISIS con il suo esercito invasore e i curdi, forti guerrieri da tempo, uomini e donne, hanno respinto le forze jihadiste e contribuito in maniera massiva a liberare alcune città importanti. Era chiaro che avrebbero presentato il conto ma Turchia e Iran non accetteranno mai l’amputazione di territori e meno che mai lo farà Baghdad che riceve i ricchi versamenti della zona kurda.

Già la Comunità internazionale ha detto che non riconosce la legalità del referendum e mai riconoscerà la costituzione e l’indipendenza di uno stato kurdo. E’ piuttosto chiaro il perché. Ritoccare un confine in quella regione strategica significa rimettere in discussione tutti i confini lì presenti da circa cento anni. Impossibile. La ricerca della stabilità in Medio Oriente è necessaria per la politica globale internazionale e l’indipendenza kurda non interessa, anzi disturba. Non hanno disturbato gli interventi utilissimi dell’esercito kurdo ma da qui a dare loro l’indipendenza corre un abisso. La politica internazionale è cinica, perché ha un pragmatismo necessario anche se non sempre corretto.

Il referendum catalano e la reazione del governo spagnolo non saranno dimenticati in fretta. Una brutta pagina di storia per tutti gli Europei.

L’indipendenza kurda per ora è molto lontana come il ristabilimento della stabilità in Medio Oriente

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Il Kurdistan

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