Siria: il piano Onu per la cessazione dei combattimenti tra utopia e speranza.

Siria: il piano Onu per la cessazione dei combattimenti tra utopia e speranza.

 

La situazione siriana è in evidente stallo per una serie di problemi difficili da risolvere. Non sorprende una frase di ‘scuse ai siriani’ di Staffan de Mistura, inviato speciale…’scelto per scardinare una situazione di stallo’…perché forse quelle situazioni non sono l’optimum per il diplomatico dalmata di Sebenico. Stupisce la scelta caduta su di lui per mediare.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini 

La paludosa situazione siriana continua a essere l’oggetto dei maggiori vertici internazionali, anche indirettamente; prova ne è l’incontro dello scorso novembre al summit Asian Pacific Economic Coperation APEC tra Barack Obama e Valadimir Puntin in cui si è discusso, oltre che di Ucraina e di Stato Islamico, anche di Siria.

La guerra però continua con il suo quotidiano carico di violenza, morte e distruzione.

Si calcola che dalla fine di settembre a oggi un migliaio e più di persone ha trovato la morte nel corso dei raid aerei della Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti contro le postazioni dell’Isis.

Le vittime non sono tutte jihadiste ma anche civili che hanno perso la vita nei bombardamenti dei giacimenti e delle raffinerie petrolifere nelle province di Al Hasaka e Deyr az Sor, a Raqqa e nelle province di Aleppo e Idlib.

Bandiere dell'ISIS a Raqqa

Bandiere dell’ISIS a Raqqa

Nessuna ipotesi di pacificazione si staglia all’orizzonte, troppo distanti le posizioni delle parti in causa, troppi interessi di varia natura bloccano ogni possibile soluzione ad un conflitto che dura oramai da quattro anni e che complessivamente ha già causato la morte di duecento mila persone.

A oggi rimane in piedi “solo” la speranza di una esile tregua. Tregua cui sta lavorando da alcuni mesi il nuovo Inviato Speciale dell’Onu Staffan De Mistura.

Staffan De Mistura, dalmata di Sebenico da parte di padre, è stato Sottosegretario agli Esteri durante il governo Monti, con una precedente significativa esperienza diplomatica internazionale in qualità di Funzionario per le Nazioni Unite in Iraq e in Afghanistan.

De Mistura è stato scelto con l’intento di cercare di scardinare una situazione di stallo creatasi all’indomani del fallimento della seconda Conferenza di Ginevra che, di fatto, ha cancellato tutti i buoni propositi della prima Conferenza, vanificando gli sforzi del precedente Inviato Speciale Onu Lakhdar Brahimi.

(Fonte: Xinhua)

(Fonte: Xinhua)

Indicative le sue parole al termine di una sessione d’incontri rilasciate in conferenza stampa: “….chiedo scusa ai siriani….in questi round di colloqui non li abbiamo aiutati molto“.

Significativo il fatto che la nomina di un nuovo Inviato Speciale è avvenuta nel momento in cui si è registrato un preoccupante aumento dell’azione dello Stato Islamico in Iraq e l’espansione della sua influenza dopo la caduta della città di Mosul, il controllo di vaste aree irachene e siriane e la creazione di un Califfato.

La nomina ha in qualche modo ri-portato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla Siria, ponendo in secondo piano il difficile negoziato tra Usa e Iran sul nucleare e gli sforzi per contenere l’avanzata del Califfato in Iraq.

L’intento delle Nazioni Unite è di smuovere il consesso internazionale e cercare di “congelare” il conflitto nelle varie regioni della Siria, partendo dalla città di Aleppo.

Per la verità, l’idea di congelare il conflitto non è nuova: in quattro anni tre inviati speciali hanno rilanciato la stessa idea, seppur con sfumature diverse.

Sarà la volta buona? La proposta è realizzabile? Potrà essere accettata dalle controparti, soprattutto dall’esercito siriano che proprio in questi ultimi mesi di lotta si sta avvicinando alle roccaforti controllate dagli oppositori sempre più supportati da combattenti provenienti dal Libano e dall’Iran?

E’ dura convincere il Presidente siriano Bashar al Assad a scendere a compromesso con i rappresentanti dell’opposizione considerati indistintamente dei terroristi, anche se non ha chiuso completamente le porte alla speranza, definendo l’iniziativa di De Mistura meritevole di approfondimento.

Il Ministro degli esteri siriano Walid Muallem si è subito affrettato a dichiarare che “…Damasco s’impegnerà a congelare i combattimenti quando De Mistura affermerà che i movimenti ribelli presenti ad Aleppo avranno accettato il ritorno dell’amministrazione locale e delle forze dell’ordine nei quartieri che controllano, avranno accettato di favorire l’arrivo degli aiuti alimentari attraverso la rotta internazionale Damasco-Aleppo ed avranno altresì acconsentito alle organizzazioni della società civile di distribuire questi aiuti…”.

Parlare con l’opposizione è altrettanto arduo, frastagliata com’è in una dozzina e più di fazioni.

Tutti hanno però subito chiesto delle garanzie in merito all’effettivo congelamento della situazione e sulle reali intenzioni del governo.

A tal proposito, De Mistura s’è recato in Turchia per parlare con i leader dell’opposizione siriana e, nel frattempo, sondare l’umore dei governanti turchi sempre attenti a quanto accade in prossimità dei suoi confini, sempre vogliosi di creare una manticatu alfasilatu, una zona cuscinetto lungo il confine e in territorio siriano.

Dopo i precedenti tentativi di tregua miseramente falliti, la nuova proposta potrebbe realizzarsi anche per il combinato disposto di due fattori: l’indebolimento delle parti in causa sfiancate dalla guerra e la minaccia di un nemico comune, lo Stato Islamico.

Uno Stato islamico pericoloso non solo dal punto di vista politico-strategico, ma anche economico e, soprattutto, per il controllo e la gestione delle risorse idriche dei fiumi Tigri ed Eufrate.

A sostegno dell’iniziativa delle Nazioni Unite s’è mossa anche l’Unione Europea. La Mogherini, il “Ministro” degli Esteri europeo, in un incontro di qualche settima fa con De Mistura ha ribadito l’impegno dell’Unione Europea nel sollecitare le parti in conflitto a fermare l’escalation della violenza.

Perché il piano di congelare il conflitto parte dalla città di Aleppo per poi espandersi a macchia d’olio nelle altre città e regioni? Perché Aleppo è diventata, suo malgrado, una città simbolo dell’orrore della guerra.

Chi ha visitato Aleppo stenta oggi a riconoscerla nell’immagini televisive, distrutta e costellata da cumuli di rovine, sventrata dai baramil mutaffagirat, dai barili esplosivi che continuano a devastare quel poco che è rimasto ancora in piedi.

Aleppo è un campo di battaglia, suddiviso in zone fortificate dove la presenza di armi pesanti e blindati fa quasi parte del triste panorama.

Fermare i combattimenti e ridurre la violenza per risolvere gradualmente la crisi e consentire un intervento umanitario a favore di una popolazione allo stremo: questo è l’obiettivo.

La proposta prevede la creazione di nuovi Consigli a livello locale -eletti direttamente dal popolo o nominati previo consenso- in cui sono rappresentate tutte le parti in causa, comprese le fazioni armate dell’opposizione.

Tramite questi Consigli si dovrebbe riuscire a creare una sorta di riconciliazione nazionale, seppur temporanea.

Il quadro tracciato non induce a facili entusiasmi ma la tregua è una speranza, seppur fragile, ed è comunque qualcosa cui i siriani, senza prospettive per il futuro e bisognosi di pace e democrazia, possono e devono aggrapparsi dopo quattro anni di guerra.

Uno stop dei combattimenti potrebbe finanche aprire nuovi scenari sia per il governo di  al Assad, sia per le forze di opposizione.

Con il nuovo anno è facile e retorico augurarsi che le cose possano migliorare in terra siriana; immaginare che possano andare ancor peggio, è un puro esercizio di crudeltà.

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Una combattente pershmerga donna, una delle tante.

Una combattente pershmerga donna, una delle tante.

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