L’uccisione di Rafik Hariri: verdetto internazionale dopo 15 anni…un solo colpevole accertato!

L’uccisione di Rafik Hariri: verdetto internazionale dopo 15 anni…un solo colpevole accertato!

 

Il Mausoleo di Hariri al centro città di Beirut (©firuzeh) Riproduzione riservata.

Il Mausoleo di Hariri al centro città di Beirut (©firuzeh) Riproduzione riservata.

 

La sentenza, per questo assassinio politico mediorientale molto drammatico, doveva essere resa nota il 6 agosto ma gli eventi consigliarono i giudici del Tribunale Speciale per il Libano (TSL, con sede in un sobborgo a sud dell’Aja), a rimandare l’annuncio della decisione presa. Una manciata di giorni dopo, il 18 agosto, i giudici si sono finalmente pronunciati, decidendo che dei quattro accusati, solo uno è responsabile dell’evento che ha indubbiamente marcato la politica libanese. L’uccisione di Rafik Hariri, già Primo Ministro dimissionario, il 14 febbraio 2005, atto di alta valenza politica, rappresentò un momento molto difficile in Libano, forse non così difficile come quello attuale dopo l’esplosione recente del 4 agosto, che ha cancellato ben tre quartieri della capitale libanese, prevalentemente abitati da popolazione cristiana.

Dei quattro indagati a processo, sostenitori riconosciuti di Hezbollah (Salim Ayyash, Assad Sabra, Hassan Oneissi, and Hassan Habib Merhi, tutti in contumacia perché il loro Capo, Hassan Nasrallah, si è sempre rifiutato di indicare un loro recapito, quindi mai peraltro interrogati), solamente il primo, Ayyash, è stato dichiarato colpevole in quanto è stato provato che aveva coordinato la sorveglianza di Hariri nella preparazione dell’attacco, includendo anche l’acquisto del veicolo Mitsubishi Canter, che sarebbe saltato in aria vicino al convoglio. È stato quindi riconosciuto colpevole del coordinamento fisico dell’attacco e dell’attiva comprovata partecipazione nel portare avanti la stretta sorveglianza di Hariri e relativa eliminazione fisica. Le prove quindi si sono concentrate su Ayyash per cospirazione con persone non identificate per organizzare un atto terroristico ai danni dell’uomo politico libanese. Ayyash è stato riconosciuto come il capo del team che assassino Hariri, in quanto aveva potuto usare anche i cellulari delle altre tre reti e attivamente coinvolto il giorno dell’attacco mortale, come da risultanze dei tracciati telefonici, forniti dai servizi di telecomunicazione libanesi. Vi era un quinto indagato Mustafa Amine Badreddine, conosciuto anche con il nome di Sami Issa, parte del comando e alto funzionario di Hezbollah.

La sentenza ha fatto riferimento al Diritto libanese relativo a questo caso, a giudizi, decisioni, a ogni altra documentazione giuridica, incluso il Codice Penale libanese e quello di Procedura penale libanese. Anche precedente giurisprudenza internazionale e libanese di casi similari è stata tenuta in conto.

Il giudice David Re (di origine australiana), che presiedeva il Tribunale, ha fatto notare che le prove erano basate principalmente sull’attività dei cellulari di questi esponenti del partito più potente libanese. In effetti è ben noto che gli strumenti tecnologici sviluppati da Hezbollah riuscivano, e probabilmente riescono tuttora, a intercettare telefoni cellulari di loro interesse e creare ‘coni d’ombra’ quando necessario.

Il TSL si è dichiarato ‘convinto ogni ragionevole dubbio’ che il telefono di Ayyash era quello che aveva determinato lo scoppio della potente bomba al passaggio di Hariri, causando la morte non solo dell’uomo politico, ma del suo entourage, del personale della sicurezza e di alcuni passanti per un totale di 21 vittime e 226 persone ferite, delle quali alcune in modo grave. I giudici hanno anche dichiarato che vi erano quattro differenti reti di telefoni cellulari interconnessi fra di loro e coordinati l’un con l’altro che operavano in rete nei momenti decisivi.

Il politico libanese e il suo convoglio erano stati sotto sorveglianza dei membri di Hezbollah per molti mesi prima dell’attacco. Costoro normalmente usavano quattro ‘reti’ di telefoni cellulari, per comodità dell’inchiesta denominate come Rete Gialla, Blu, Rossa e Verde.

Su quella Rossa operavano solo coloro che si sarebbero dovuti occupare dell’ultimo ‘miglio’ dell’assassinio, sei cellulari, come poi accadde, segnalando all’autista del Mitsubishi Canter il momento di farsi saltare in aria vicino al convoglio di Hariri. Da quel momento in poi quei sei cellulari non furono mai più usati.

La Gialla e la Blu comunicavano solo fra di loro mentre la Verde coordinava e monitorava tutti gli aspetti dell’operazione. In buona sostanza lo scopo della sorveglianza era di ottenere informazioni relative ai movimenti dell’uomo politico, dettagli sulla sua sicurezza, il livello della sua protezione e quindi determinare il metodo più acconcio per ucciderlo nel posto migliore per ottenere il risultato voluto. Nulla di nuovo…

Interessanti le principali notazioni storico politiche quali individuate della sentenza. Il TSL, infatti, ha riconosciuto che, dalla fine della guerra civile in Libano, la Siria aveva avuto un forte dominio politico, militare, economico in Libano.

Dal ritiro di Israele dal Libano del Sud nel 2000, l’opposizione interna libanese era cresciuta esponenzialmente contro la continua presenza dei soldati siriani sul territorio e per il fatto che Hezbollah manteneva una milizia armata, contro quanto firmato in un accordo a Taif (Arabia Saudita) il 22 ottobre 1989, che doveva porre fine alla guerra civile nel Paese dei Cedri.

L’opposizione era sostenuta anche da Walid Jumlatt, capo dei Drusi, dai Cristiani e dai membri del Future Movement di Hariri. Peraltro gli alleati politici di Hariri avevano approvato la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n.1559 del 2 settembre 2004, che prevedeva il ritiro delle truppe straniere dal Libano e lo scioglimento delle milizie armate. Le truppe straniere in questione erano le siriane e la milizia, di Hezbollah; la risoluzione fu sponsorizzata anche dalla Francia e dagli Stati Uniti, mentre Hariri non era stato favorevole alla stessa.

Il governo siriano voleva che il mandato del presidente Lahoud – un forte sostenitore della Siria – fosse esteso dal parlamento libanese; altro motivo di grave frizione destabilizzante era il fatto che Hariri fosse fortemente contrario alle candidature imposte da Damasco di alcuni candidati noti per la loro assoluta fedeltà al governo di Assad. La Siria era però determinata a scegliere il presidente del Libano e a formare un parlamento che fosse integralmente sotto la diretta influenza siriana.

Il 3 settembre 2004 Hariri con i suoi alleati politici fu costretto a votare in Parlamento per la proroga del mandato, ma il 12 settembre 2004 aveva annunciato che il suo governo si sarebbe dimesso, il che fece il 20 ottobre successivo, sicuramente avendo in animo di candidarsi alle elezioni del maggio 2005. In quel caso avrebbe proposto l’allentamento del dominio siriano sul Libano e sostenuto il ritiro immediato delle truppe siriane.

Nei mesi precedenti l’attentato, gli alleati di Hariri chiesero pubblicamente la fine del dominio politico, militare ed economico siriano sul Libano e gli sforzi aumentarono dopo i vari tentativi di completa implementazione della risoluzione1559.  La crescente opposizione alla presenza siriana in Libano minacciava pesantemente gli interessi e l’influenza di Damasco sull’intera area strategica.

Secondo molti testimoni, il tentato assassinio di uno dei suoi ministri più influenti, Marwan Hamade, il 1 ottobre 2004, doveva essere interpretato come un deciso avvertimento per Hariri e Jumblatt di non oltrepassare il limite.

Una proposta di legge elettorale per le elezioni del 2005 – sostenuta dal governo siriano – era stata concepita per diminuire le possibilità di Hariri di avere membri del suo blocco politico eletti al Parlamento e quindi azzerare le sue prospettive di un nuovo mandato come primo ministro.

I rapporti erano difficili, ma come sempre accade in simili situazioni, il Capo dell’Intelligence Militare siriana in Libano, Rustom Ghazaleh, riceveva regolari pagamenti mensili in contanti da Hariri tramite intermediari, fin dal 1993 in poi, compreso un “doppio” pagamento, effettuato proprio la domenica 13 febbraio 2005. Da notare anche che Hariri e il capo di Hezbollah, Nasrallah, avevano buoni rapporti negli anni immediatamente prima dell’attentato quando si incontravano regolarmente, scontrandosi sul punto che Hariri riteneva che la milizia di Hezbollah dovrebbe essere disarmata, per lo meno una volta raggiunta la pace con Israele.

Questo era il quadro storico-politico in estrema sintesi, al momento dell’attentato febbraio 2005 a Beirut. La Siria dominava e l’Iran era attento agli sviluppi, sostenendo finanziariamente e non Hezbollah.

Per arrivare al nocciolo della sentenza, si nota che è chiaramente riconosciuto che la Siria e Hezbollah avevano motivi validi per eliminare Hariri e alcuni dei suoi alleati politici; così come è riconosciuto che non ci sono prove certe che la direzione di Hezbollah abbia avuto alcun coinvolgimento nell’omicidio di Hariri e prove dirette del coinvolgimento siriano in esso.

Secondo i giudici del Tribunale non ci sono altresì prove che Ayyash o Badreddine fossero stati incaricati dalla direzione di Hezbollah di organizzare il supporto logistico per l’assassinio di Hariri né ci sono prove che gli accusati si fossero messi insieme per cospirare contro la stabilità politica in Libano. Nel corso del procedimento furono ascoltati ben 269 testimoni, 119 dei quali ascoltati in video conferenza, acquisendo agli atti anche 150 testimonianze rese per iscritto. Quindi indubbiamente il processo sembra essere stato assai accurato.

La presunzione di innocenza, considerata un principio fondamentale del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale penale ha obbligato ovviamente il Tribunale a trattare gli accusati con ‘presunzione di innocenza’ fino a prova contraria.

E ovvio che l’importanza centrale è stata data alle testimonianze fornite dalle telecomunicazioni, comprendendo le varie celle esaminate, il record delle chiamate e la sequenza.

È molto interessante, pur se complessa, la lettura della sintesi e della sentenza. Quest’ultima merita un esame approfondito sia dal punto di vista storico sia da quello giuridico, rappresentando un’analisi accurata di un momento storico interessante chi ha chiuso una stagione politica nei Libano, se pensiamo anche a quanto è successo poi nella stessa Siria, che voleva dominare, o quantomeno influenzare, tutta la sponda sud del Mediterraneo.

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