Mediterraneo e conflittualità endemiche. 2.

Mediterraneo e conflittualità endemiche. 2.

La Battaglia di Lepanto (autore anonimo)

La Battaglia di Lepanto (autore anonimo)

(Il primo articolo è stato pubblicato il 2 ottobre 2016)

Il Mediterraneo è sempre stato forse troppo ricco di tensioni nate in forza di equilibri instabili, ognuno dei quali, in qualsiasi momento si confronta con altri nel suo ambiente con un gioco di fusioni e di fissioni: da questi equilibri instabili la seconda metà del Novecento ha ereditato una caldaia in ebollizione, una bomba potenzialmente forse pronta a esplodere – e è esplosa -, proprio per quegli equilibri instabili; tomba impossibile dell’umanità politica, perché sua culla continua, recentemente però divenuta tomba per umani disperati.

Ed è una culla perché così ha voluto la geografia e … la geografia è la sola costante della politica estera, come diceva Bismarck, non tralasciando, però, l’elemento “economia”, come è stato dimostrato ampiamente negli ultimi due secoli, in particolare.

L’Impero Ottomano, dominio di grande civiltà e forti eredità culturali è stata smantellato non solo a causa della propria estensione e della progressiva impotenza politica e amministrativa – per quanto per molti secoli sia riuscita a concretare una difficile forma di coesione tra tanti popoli diversi -, ma anche dalla presenza grandemente invasiva, nell’Ottocento, della Francia e dell’Inghilterra: queste due potenze europee, in particolare, hanno importato nel settore mediorientale una nuova forma di capitalismo, che ha sovvertito equilibri economici, ormai precari, e quindi politici. Questi dimoravano non soltanto su una demografia mediocre e una economia tradizionale, ma anche su una relativa compattezza pre-capitalistica, data dai commerci marini; compattezza appunto sconvolta dai nuovi sistemi finanziari.

Con il capitalismo il Mediterraneo entra nel circuito economico mondiale e anche la circolazione delle merci e i trasporti, specialmente dopo l’apertura del canale di Suez, è stata incrementata fino a modificare definitivamente le caratteristiche economiche del pre-capitalismo.

Fino alla scoperta dell’America, il Mediterraneo era un mare importante ma chiuso, non dallo stretto di Gibraltar, ma dallo stesso Oceano Atlantico sconosciuto. Fermati da questo muro oceanico, dei gruppi umani – che si differenziavano per le loro origini etniche, la loro lingua, le loro credenze –, si disputarono e si divisero uno spazio compartimentato. Quei gruppi modellarono anche dei sistemi statuali che rafforzarono o fecero a pezzi le loro credenze.

In nome di un Dio unico, del quale essi interpretarono in modo diverso le rivelazioni successive che si opposero fra di loro, il Mediterraneo divenne così un luogo di scontri, ma anche di scambi fra cristiani e musulmani. Nel Mediterraneo arrivarono popoli venuti dall’Oriente e dall’Occidente: gli incontri sono stati più numerosi e duraturi degli scontri, che certamente sono stati assai sanguinosi. Ora siamo nella fase di scontro duro, quasi come ai tempi della battaglia di Lepanto (5 ottobre 1571….un giorno come oggi qualche secolo fa) o forse peggio…

Conversero in Medio Oriente anche popoli venuti dall’Europa, per colonizzare e sfruttare risorse locali, a favore di popolazioni non viventi su quel territorio. Vi è, infatti, da considerare un episodio breve nel tempo, ma non marginale per la storia della regione: le conquiste coloniali, che non sono state regolarizzate sempre da trattati, poiché furono spesso la conseguenza di intese preventive sulla base delle compensazioni territoriali, che non tenevano in alcun conto le identità nazionali, pur presenti, le sovranità reali esistenti; che disposero di territori come se fossero stati sotto la propria sovranità nazionale. Un esempio: l’Inghilterra, sia pur per ragioni dichiarate umanitarie, dispose della sorte di un territorio, la Palestina, che non faceva parte del suo Impero, del suo territorio metropolitano e che, dopo la prima guerra mondiale, gli era stato consegnato in mandato, in vista di una futura indipendenza. Il territorio fu governato, diviso, smembrato, assegnato: si aprì il conflitto arabo-israeliano che caratterizza ancora dopo quasi settanta anni le vicende di questo quadrante strategico.

Le due guerre mondiali non hanno alterato la struttura originale del Mediterraneo, ma hanno depositato in profondità il seme del concetto dell’identità nazionale di valore europeo, contrapposto a quello islamico della ‘umma’ , cioè della nazione islamica. E in questi ultimi dieci anni se ne stanno vedendo alcune conseguenze…

Sulle rive di questo mare si affacciano due spazi terrestri che sono anche due spazi culturali: quello arabo è un importante spazio storico culturale che si pone di fronte e a contatto con il suo omologo dell’Occidente, in quanto spazio mediterraneo e quindi dialoga con l’Europa con tutte le sue risorse, la sua demografia e anche con le conseguenze dei suoi conflitti, in particolare quello israelo-palestinese.

L’Europa non si è mai potuta sottrarre e non può sottrarsi a questo dialogo che la coinvolge sempre più direttamente, anche per via delle forti correnti migratorie che continuano a percorrere quel mare in ogni direzione, da secoli. Correnti migratorie che sono state più intense negli ultimi dieci anni, ma che sono state sempre una caratteristica di questo bacino, fin dall’antichità, dove il concetto di libero scambio delle merci e di mobilità delle persone era forse più ampio che nei due secoli immediatamente precedenti l’attuale.

Queste correnti migratorie sono frutto di un fenomeno demografico di grande importanza: infatti, la crescita demografica è stata molto più importante nei paesi a sud del Mediterraneo che nel resto dell’Europa – crescita demografica di alcune popolazioni che ancora oggi aumenta, anche fuori del territorio di origine. Il tutto unito a quel fenomeno al quale si accennava precedentemente, e cioè quello di un capitalismo nuovo per queste terre. Bisogna dire che tutto questo ha distrutto i solidi vincoli di una società tradizionale, formata dalla tribù e dalla famiglia allargata. Insieme al nuovo concetto di nazione e di nazione – identità nazionale, si sono spezzati legami precedenti molto forti; sono sparite strutture sociali tradizionali, dando origine a una nuova diaspora che è divenuta sempre più intensa specialmente dopo la seconda guerra mondiale e poi intensa nell’ultimo decennio soprattutto a causa di una serie di guerre locali e meno locali e dell’insorgenza di ‘primavere arabe’ mal gestite, che forse erano solo autunni in vista dell’inverno.

Peraltro vi è da considerare che con la spinta originaria di una emigrazione dalle campagne alle città si è verificato un primo movimento di umanità all’interno stesso dei vari paesi, che ha contribuito alla dissoluzione dei legami precedenti. L’inurbamento di molti elementi ha determinato anche sacche di sottoproletariato nelle città mediterranee che si sono espanse a vista d’occhio. Il miraggio del salario sicuro, fosse esso dato da lavori edili o dal settore industrializzato, ha spopolato le campagne: prima nel settore nord del Mare, cioè in Europa; poi, con sequenza logica, dovuta anche alle speculazioni coloniali e postcoloniali, lo stesso fenomeno si è affermato sulla sponda sud del Mare, creando squilibri importanti in una società agricola e patriarcale, ma non industrializzata. Questo fenomeno ancor continua e in modo accentuato: il Cairo, ad esempio, che solo fino a pochi anni fa era già una grande megalopoli con cinque milioni di abitanti, conterebbe ora, secondo le più recenti stime, circa dieci milioni /dodici, di abitanti: quanti di essi sono oltre la soglia della sopravvivenza se molti di essi si sono ‘acquartierati’ in cimiteri…

Con la guerra in Siria da cinque anni, con gli interventi distruttivi e destabilizzanti in Iraq e in Afghanistan, l’orizzonte non è dei migliori.

(continua)

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L'Impero Ottomano agli inizi del secolo XVI

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