IRAN FRA RIFORMISTI E CONSERVATORI

IRAN FRA RIFORMISTI E CONSERVATORI

Ahmad Jannati

Ahmad Jannati

Non è semplice comprendere l’organizzazione statuale iraniana dal 1979, da quando la monarchia Pahlavi fu spazzata via da una enghelab (rivoluzione) che presumeva di migliorare la situazione interna del Paese, oppresso da un regime ritenuto assolutista e corrotto. Dopo un trentennio, quei giovani, che non avevano conosciuto il passato regime, cercarono di opporsi alla situazione del momento, cercando di migliorarla…con scarso successo. Di seguito un articolo che spiega chiaramente  come è organizzato attualmente lo Stato ‘teocratico’ iraniano e la sua politica.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini                   

Le elezioni del Parlamento e dell’Assemblea degli Esperti del febbraio 2016 e il successivo ballottaggio di aprile premiano il fronte riformista-moderato che nell’Assemblea Consultiva Islamica (Majlis = Parlamento) formata da 290 membri si assicura ben 143 seggi, seguito dal blocco conservatore con 86 e dai 61 degli indipendenti.

Ancora più clamorosa è la conquista di 68 degli 88 seggi nell’Assemblea degli Esperti chiamati a nominare il Presidente incaricato di decidere il successore dell’attuale Guida Suprema, il 77 enne Alì Khamenei. Ma la vittoria che permetterebbe al presidente Rowhani l’implementazione di riforme liberiste per riequilibrare il Paese dal disastro provocato da anni di sanzioni ed emarginazione da parte degli occidentali è di breve respiro.

A maggio, con cinquantuno voti viene nominato l’ultra conservatore Ahmad Jannati, di 90 anni, segnando la sconfitta dell’alleanza tra i riformisti di Rohani, i nuovi riformisti di Reza Alef e i moderati di Rafsanjani.

Vince l’alleanza fra i conservatori di Khamenei e l’ex presidente Ahmadinejad che si oppongono ai progetti dei riformisti nel foro interno e internazionale.

Voto sorprendente? Che cosa accade in Iran?

Partiamo dalla struttura istituzionale del Paese.

La Costituzione iraniana adottata con referendum del 3 dicembre 1980 origina un sistema fondato su doppia legittimità: il principio del velayat-e-faqih (tutela della Guida Suprema che incarna il primato della giurisprudenza islamica) e “la voce del popolo”.

Il potere esecutivo (il presidente) e quello legislativo (l’Assemblea) sono eletti a suffragio universale ma l’attribuzione dei posti chiave spetta ai soli mullah (dottori della legge coranica) che permette a questi ultimi di orientare la vita pubblica mediante diversi meccanismi di controllo.

In tale sistema, il Consiglio dei Guardiani della Costituzione, formato da sei religiosi e sei giuristi, verifica la conformità delle leggi con la Costituzione e i precetti dell’Islam e seleziona le candidature alle elezioni principali.

Al vertice, la Guida Suprema, eletto dall’Assemblea degli Esperti, Autorità religiosa ed effettivo Capo di Stato, è scelto fra i “mojtahed”, i sapienti più dotti in diritto islamico.

Il suo potere è più vasto di quello di un regime presidenziale o di una monarchia costituzionale con una tutela su tutti i poteri, possibilità di convocare un referendum e dichiarare guerra.

Accordi e trattati internazionali sono firmati dal presidente della repubblica, le cui funzioni sono analoghe a quelle di un primo ministro.

L’Assemblea consultiva mantiene l’iniziativa delle leggi e approva la nomina dei ministri, che può anche revocare.

Al suo interno, cinque seggi sono riservati alle minoranze religiose: zoroastriani, ebrei, cristiani di rito armeno, assiro e caldeo.

In realtà, l’attuale Guida Suprema non crede sia vicina la fine delle sanzioni da parte degli USA nonostante le significative aperture iraniane sul nucleare per cui, dopo aver sostenuto la politica del dialogo per due anni, intende impedire ulteriori aperture in politica estera e riconsiderare eventuali riforme in politica economica.

Insomma, ripropone un radicalismo che si nutre anche di un possibile ritorno di Ahmadinejad alle presidenziali del 2017.

Sulla stessa linea è l’ayatollah Jannati, da sempre critico per l’apertura verso USA ed Europa e per la ricerca di investimenti esteri, avvalendosi per la politica economica a tecnocrati.

Jannati è anche il leader del Consiglio dei Guardiani, incaricato di controllare le liste elettorali e cancellare i candidati non graditi dall’establishment.

Se per l’area moderata si riducono le possibilità di riforme all’interno, anche in politica estera, Teheran si sta orientando sempre più verso Mosca, che ha iniziato a consegnare i suoi missili S-330, e all’India, che ha promesso di investire 500 milioni di dollari per operare nel porto iraniano di Chabahar, al confine con il Pakistan. Il porto aprirà un’importante strada di transito per le merci iraniane verso Afghanistan e Asia centrale.

L’India, vorrebbe anche aumentare l’importazione di gas dall’Iran. Per anni le relazioni diplomatiche fra i due Paesi sono state connotate dal sostegno del governo indiano alle risoluzioni dell’Agenzia per l’Energia Atomica (Aiea) contro il programma nucleare dell’Iran.

Un altro problema internazionale riguarda le relazioni bilaterali con l’Arabia Saudita.

Dopo la strage dei 460 iraniani, vittime della calca al pellegrinaggio dell’Haji, il ministro della cultura, Alì Jannati, ha dichiarato che i cittadini iraniani non vi prenderanno più parte.

L’annuncio del ministro è avvenuto dopo il fallimento dei colloqui tra Teheran e Riyad avviati dopo l’attacco all’ambasciata saudita in Iran dopo l’esecuzione della condanna a morte il religioso sciita Nimr al-Nimr.

Vi sono altre considerazioni sulla svolta che non appare improvvisa ma pilotata con cura.

Anche i media locali hanno notato con un certo stupore la quantità di candidati “riformisti” ammessi dal Consiglio dei Guardiani, ben 200, un numero molto alto rispetto alle precedenti elezioni. In realtà, analisti iraniani hanno osservato che nell’elenco degli ammessi mancavano i principali leader riformisti mentre sono riusciti a passare sono quelli meno conosciuti.

In altri termini, il Consiglio dei Guardiani ha evitato che troppi moderati potessero concorrere per un seggio nel Consiglio degli Esperti, preposto alla nomina della prossima Guida Suprema. Inoltre, l’inaspettata sconfitta dei moderati è dovuta anche due iniziative americane che hanno di fatto favorito la posizione dei conservatori radicali.

Le limitazioni bancarie americane non hanno ancora rilasciato i 55 miliardi di dollari congelati dalle sanzioni.

Il secondo punto è per gli iraniani ancora più subdolo e minaccioso.

La Corte Suprema americana ha stabilito che Teheran dovrà pagare per gli attentati del 1983 contro i marines americani a Beirut, attentato attribuito a Hezb’Allah.

Il risarcimento alle famiglie, ammontante a 2,6 miliardi di dollari, verrà sottratto ai beni della Banca Centrale iraniana congelati dalle sanzioni.

La vicenda è stata preparata da una recente legge del Congresso scritta per questo speciale caso, tanto che persino il presidente Rohani ha protestato.

Altri media riportano anche che Washington ha modificato il “Visa Waiver Program”, per escludere i cittadini di Iran, Iraq, Sudan e Siria dall’esenzione del visto d’ingresso per gli Stati Uniti.

Misure che scoraggiano gli imprenditori iraniani e quelli stranieri interessati a investire in Iran, soprattutto perché l’esenzione al visto è vietata anche a tutti quelli che si sono recati a Teheran negli ultimi 5 anni.

In altri termini i conservatori hanno largo spazio mediatico e politico per etichettare di inadeguatezza e superficialità le aperture a USA ed Europa dimostratesi come in passato interlocutori inaffidabili.

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seyed_ali_khamenei

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