IL CICLONE RUSSO IN SIRIA

IL CICLONE RUSSO IN SIRIA

Al Baghdadi...

Al Baghdadi…

In questo periodo la posizione e il comportamento della Russia in Medio Oriente sono oggetto di numerose analisi geopolitiche perché è indubbio che Mosca si propone come un attore primario nella tentata soluzione dei problemi di quella importante regione strategica. Nei prossimi giorni ricorderemo quello che viene considerato il fondatore della ‘geopolitica’ russa, il generale Aleksej Efimovic Edrikhin, meglio noto come E.A.Vandam….intanto una analisi dell’attualità….ad horas…

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il 24 ottobre, la TV statale ‘Rossìa’ diffonde l’intervista resa dal ministro degli esteri Sergei Lavrov che dichiara la disponibilità di Mosca a fornire il sostegno dell’aviazione russa anche all’ “Esercito Libero Siriano” nella battaglia contro l’ I”slamic State”.

Aggiunge il ministro che la Russia è pronta a una “intensa collaborazione con gli USA”.

Sta cambiando qualcosa in Siria?

Subito dopo aver ricevuto a Mosca Bashar al-Assad, il presidente russo stabilisce un accordo con gli statunitensi per la divisione dei settori operativi in Siria ed evitare possibili collisioni fra le rispettive forze.

Contestualmente, Putin contatta il re saudita Salman bin Abdul Aziz e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che sembrano ora disposti ad accettare la presenza di Assad per un breve periodo transizionale.

In effetti, negli stessi giorni, l’allontanamento di Assad non è più una precondizione irrinunciabile, secondo l’intesa raggiunta da nove Paesi (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Francia, Germania, Giordania, Gran Bretagna, Qatar, Turchia e USA) anche se limitata a un interim di sei mesi senza poteri esecutivi né militari.

Arriva inoltre da Baghdad l’autorizzazione all’intervento russo contro IS per colpire con raid aerei i convogli dei jihadisti provenienti dalla Siria, in esecuzione della Cooperazione di Sicurezza fra Russia Iraq, Iran e Siria formata a Baghdad.

Autorizzazione non scontata per la possibile ritorsione statunitense che, dopo aver speso oltre 20 miliardi di dollari nel corso dei 12 anni di guerra in Iraq, potrebbe ridurre i finanziamenti internazionali provenienti dal Fondo Monetario Internazionale.

Nonostante il premier al-Abadi abbia anche nel foro interno un contenzioso con il presidente del Kurdistan iracheno Massoud Barzani, che, approfittando dell’avanzata di IS, vende in autonomia il petrolio violando gli accordi con il governo centrale, intende privilegiare la sicurezza del Paese controllato per 1/3 da IS.

Al Abadi sa che solo le milizie sciite – Badr, Ahrar al Haq, Ketaib Hezballah – con i loro 100 mila combattenti e i pasdaran iraniani possono supportare un esercito stremato da oltre dodici anni di guerra.

E’ poi la Giordania ad aprire con la Russia ad Amman un “Centro di Coordinamento” delle attività militari in Siria per definire le strategie operative e condividere informazioni intelligence contro i jihadisti di IS.

La notizia dell’avvenuto coordinamento con la Giordania arriva a Vienna mentre esponenti politici e diplomatici di USA, Russia, Turchia e Arabia Saudita discutono la richiesta russa su una reale collaborazione militare anti-IS che ponga fine alla guerra in Siria e prepari la transizione politica.

Il progetto russo prevede che ne possano far parte anche Iran ed Egitto che hanno già assicurato la loro disponibilità.

In questo contesto, il progetto di Mosca propone che vengano coinvolte le opposizioni e si raggiunga una strategia militare unita e condivisa con la Coalizione a guida USA in modo da affrontare IS con forze coese, armate e preparate ben oltre le capacità dei jihadisti.

In sostanza, la Russia preme per un coordinamento militare fra russi e Coalizione internazionale in Siria e Iraq che potrebbe potenziare notevolmente il contrasto con IS, arrivare alla fine della guerra e ricostruire il Paese con il concorso di tutti, nessuno escluso, compresi gli oppositori e il presidente, attraverso elezioni monitorate da osservatori internazionali, per evitare la parcellizzazione del Paese in tre aree confliggenti, sunnita, alawita e curda, come accaduto in Libia.

Nel frattempo, compare un’altra milizia in Siria, l’Esercito Siriano Democratico (ESD), formato in gran parte da combattenti curdi siriani vicini al Partito Unito del Popolo (Ypg), sunniti del Nord e assiri cristiani per un totale di circa 50 mila unità.

L’ESD è già pronto per combattere IS al confine fra Turchia e Siria con il sostegno americano, che gli avrebbero fornito 50 tonnellate di armi.

Sorprende che gli USA a Nord-Est della Siria sostengano l’ESD – che spesso combattono con le truppe siriane IS – mentre a Nord Ovest riforniscano di armi le milizie dell’ELS che combattono Siria e Russia.

Peraltro, l’ESD è ritenuta dalla Turchia – alleata NATO della Coalizione e impegnata da luglio a combattere anche IS – contigua al PKK e pertanto li bombarda costantemente, tralasciando di attaccare IS.

La posizione ondivaga assunta anche in questa crisi dagli USA suscita perplessità.

La campagna militare Inherent Resolve è stata lanciata in Iraq e Siria nell’agosto 2014 da statunitensi, Arabia Saudita, Australia, Bahrein, Canada, Emirati Arbi Uniti, Francia, Gran Bretagna, Turchia e altri.

Come mai i bombardamenti non hanno sortito gli stessi risultati come avvenuto in Libia e ora nello Yemen? Secondo un documento ufficiale dell’Agenza d’intelligence del Pentagono del 12 agosto 2012, desecretato il 18 maggio 2015 per iniziativa del gruppo conservatore “Judicial Watch”, i primi gruppi dell’IS provengono dalla guerra in Libia e si sono dopo trasferiti in Siria.

Questi gruppi avrebbero reclutato militanti sunniti salafiti, sarebbero stati finanziati da Arabia Saudita e altre monarchie e armati da una rete dell’intelligence americana, secondo quanto apparso sul New York Times e dal Rapporto di “Conflict Armament Research”.

Questo spiegherebbe l’incontro nel maggio 2013 (documentato fotograficamente e apparso sui media) tra il senatore USA John McCain e Ibrahim al-Badri, leader di IS.

Ricorda la “teoria del caos costruttivo”, di cui s’è più volte scritto.

A chi giova insomma la destrutturazione di Iraq e Siria ?

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Gli incontri 'insoliti' di McCain....

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