I MURI COSTRUITI DA ISRAELE: SOLO RAGIONI DI SICUREZZA?

I MURI COSTRUITI DA ISRAELE: SOLO RAGIONI DI SICUREZZA?

Il 'Muro' di Israele

Il ‘Muro’ di Israele

E’ un obbligo scientifico riflettere sui ‘Muri’ costruiti o da costruire….a cosa servono in realtà, oltre alle dichiarazioni di vario genere dei governanti?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

La storia insegna che tutti i muri costruiti per dividere popoli ed etnie (il Muro di Berlino è l’esempio più famoso nel recente passato), alla fine sono destinati a cadere senza raggiungere -se non parzialmente, limitatamente e a caro prezzo anche in vite umane- l’obiettivo per cui sono stati eretti.

I muri degli israeliani seguiranno la stessa sorte? Quelli costruiti nel passato sì, per i “nuovi” lo dirà il tempo.

Sin dalla sua fondazione, lo Stato di Israele ha sempre avuto l’obiettivo strategico, in ragione della sicurezza nazionale, di costruire delle barriere divisorie con i paesi arabi.

Theodor Herztl

Theodor Herztl

Tale obiettivo, nel corso della sua travagliata storia, non è mai cambiato. Infatti, l’idea della separazione delle diverse “civilizzazioni” espresso dal padre fondatore del sionismo, Theodor Herzl, è la stessa espressa molto tempo dopo da Ariel Sharon.

Ciò che si percepisce è che, probabilmente, la volontà di perpetrare la separazione tra arabi e israeliani, è la conseguenza del perenne stato di paura in cui vive Israele. Paura che ha fatto costruire diverse barriere: nei territori palestinesi, lungo i confini, nei territori occupati militarmente nella penisola del Sinai e del Golan, nel West Bank.

Già negli anni Trenta fu costruito un primo muro lungo il confine tra la Palestina e il Libano, per evitare il flusso di persone dal nord della Palestina. Un muro che negli anni Settanta fu ricostruito dagli israeliani, senza peraltro rispettare appieno il vecchio tracciato, allungato verso nord nella seconda metà degli anni Ottanta, a seguito di un attentato in cui morirono dodici soldati israeliani.

Il muro è considerato la spina dorsale della difesa passiva d’Israele lungo la parte nord del suo confine e, tra tutti i muri, è quello tecnologicamente più avanzato.

Filo spinato, sensori sofisticati, infrarossi, circuiti televisivi, punti di rilevamento delle impronte e pattuglie che non hanno però impedito nel 2006 a dei militanti di Hezbollah di penetrare all’interno e uccidere cinque soldati israeliani.

A seguito dell’occupazione delle alture del Golan nel 1967, Israele iniziò a costruire un muro, completato nel 1975, con l’intento di separarle dalla Siria e colonizzarle.

La situazione è rimasta sotto controllo sino al 2011 quando la barriera fu violata a seguito di violente proteste da parte dei siriani e palestinesi in concomitanza con le commemorazioni delle guerre Naqba e Naksa.

La reazione dell’esercito d’Israele provocò la morte di una trentina di manifestanti. Per prevenire le proteste fu eretto un nuovo muro, lungo quattro chilometri e alto una decina di metri, da Maid al-Shams fino a Quneitra. Un muro che ha provocato le reazioni, e continua a suscitare un forte risentimento da parte delle autorità siriane, per la separazione “razzista” dei siriani di stirpe drusa con la terra madre del Golan.

Sino al 1994, la Giordania ha riconosciuto il confine con Israele in conformità a quanto sancito dall’armistizio del 1949; dopo il 1994 il confine è regolato dal trattato di pace secondo le due risoluzioni delle Nazioni Unite del 1967 e del 1973.

1961: iniziava la costruzione del Muro di Berlino

1961: iniziava la costruzione del Muro di Berlino

Tra tutti i confini, quello con la Giordania è certamente il più tranquillo, ma non manca il filo spinato che, partendo dal Mar Morto arriva al Mar Rosso, e non manca una divisione, anche se non continua, lunga più di duecento chilometri di confine.

Nel 2011 il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu rilanciò l’idea di pianificare la costruzione di un nuovo muro allo scopo di prevenire l’infiltrazione di contrabbandieri ed eventuali attacchi, ma tale progetto sta andando a rilento nella sua effettiva realizzazione.

Altri muri hanno costellato la storia di Israele, tra cui la famosa linea Bar-lev, costruita dopo la conquista del Sinai nel 1967 durante la guerra dei sei giorni contro gli egiziani, che costeggiava per più di centosettanta chilometri tutta la parte est del Canale di Suez.

Tuttavia, la costruzione di un muro di sabbia per preservare i vantaggi militari acquisiti, mantenere la favorevole posizione strategica e prevenire gli attacchi da parte dell’esercito egiziano, non durò moltissimo.

Infatti, gli egiziani, nel corso dell’offensiva dell’ottobre 1973 riuscirono a trasformare il muro di sabbia in un vantaggio strategico a loro favore e, nascondendosi dalla visuale del nemico, riuscirono a pianificare un attacco a sorpresa contro l’esercito israeliano.

Gaza è stata militarmente occupata da Israele a partire dalla guerra dei sei giorni nel 1967, non rispettando appieno la risoluzione 242 delle Nazioni Unite dello stesso anno che prevedeva il ritiro completo delle truppe israeliane dai territori occupati.

L’idea di costruire un muro attorno alla cittadina di Gaza, con l’obiettivo di isolare i palestinesi dal resto del mondo, iniziò a palesarsi più di trent’anni fa con l’allora Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin.

In due anni fu eretto un muro, abbattuto dai palestinesi e nuovamente ricostruito dagli israeliani nei primi anni duemila. In seguito, Israele costruì anche un muro lungo il confine tra Gaza e l’Egitto. In fasi successive si arrivò alla dichiarazione, da parte di Israele, che la Striscia di Gaza era da considerarsi zona militare.

Una dichiarazione rimasta valida sino alla metà degli anni duemila, quando Israele iniziò lentamente a ridurre la pressione militare lasciando gradualmente il controllo della zona all’European Union Border Assistant Mission EUBAM.

La dimostrazione dell’inefficacia degli undici chilometri di muro che separa Israele con Gaza, sono i numerosi e continui attacchi dei militanti palestinesi con razzi e missili. Attacchi e contro attacchi che hanno spesso colpito l’inerme popolazione d’entrambi le parti. Undici chilometri di muro alto più di dieci metri con tecnologia sofisticata e con solo tre blindatissimi varchi autorizzati per il passaggio di uomini e merci, Beit Hanoun nel Nord, el Montar ad Est e Rafah a Sud che, in definitiva, si sono rivelati inefficaci.

Nel 1995 l’allora Primo Ministro Yitzhak Rabin propose la costruzione di un muro lungo la così detta West Bank, compreso la zona est della città Santa Gerusalemme.

Ben presto però l’idea fu accantonata per paura delle reazioni da parte dei coloni israeliani e il rischio del venir meno del progetto di un grande Israele.

L’anno dopo però furono istallati dei checkpoints sulla falsa riga di quelli esistenti a Erez, per il controllo in entrata e uscita della popolazione nella striscia di Gaza.

Yehud Barack

Ehud Barack

Nel 2000, a causa di un continuo crescendo di tensione dopo lo scoppio della seconda intifada e un’escalation degli attacchi armati, il Primo Ministro israeliano Ehud Barack fece approvare un piano per la creazione di una barriera per limitare il transito dei mezzi.

Nel 2002 fu decisa la costruzione di un muro in tre zone ritenute particolarmente vulnerabili: la regione Umm el-Fahm e i villaggi di Baka e Barta’a, la regione di Qalqilya-Tulkarm e la zona della Grande Gerusalemme. Il passo successivo fu la costruzione di un muro senza soluzione di continuità non solo per separare gli israeliani dai palestinesi, ma gli stessi palestinesi dalla loro terra. Un muro che supera i settecento kilometri di lunghezza, il doppio della vecchia “linea verde” tracciata a seguito dell’armistizio del 1949. Un muro costruito e voluto dagli israeliani in nome della sicurezza, rigettato dai palestinesi perché, con esso, Israele perpetua la sua occupazione e colonizzazione delle terre palestinesi. Una guerra senza fine.

Tutte queste barriere e tutti gli sforzi, anche finanziari, compiuti dagli Israeliani, alla fine hanno prodotto dei risultati tangibili? Sembra proprio di no, almeno non per quanto riguarda la sicurezza, giacché gli israeliani vivono in una regione circondati da palestinesi e arabi che continuano a disconoscerli quali cittadini dello Stato d’Israele.

Israele che continua a vivere in un perenne stato d’insicurezza e di paura in una regione in cui la fiducia nei suoi confronti in quanto Stato -e soprattutto della sua politica- non riesce a raggiungere quel minimo standard che garantisca una convivenza pacifica in tutta l’area. E la storia insegna….

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