ISIS IN SIRIA.1.

ISIS IN SIRIA.1.

 

Un anno nuovo… ma nulla è cambiato…anzi si sta assistendo ad una escalation di terrorismo in Europa. Pur non volendo fare ‘Cassandra’ è chiaro che è solo l’inizio di qualcosa che diventerà sempre più frequente. Un breve riassunto storico dal ritmo serrato…per ricordare gli ultimi 30 anni in Medio Oriente

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il passaggio dell’ “Islamic State in Iraq and Sham” da Baghdad a Damasco costituisce il naturale processo della strategia del “Grande Medio Oriente” elaborata da USA e Israele sin dalla seconda guerra del Golfo.

In breve.

In Iran le proteste del 1978 provocano le dimissioni dello Shah Rheza Pahlevi nel dicembre dello stesso anno e la proclamazione della Repubblica Islamica Iraniana dopo l’arrivo a Teheran dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini il 1° febbraio 1979.images-5

USA e Israele perdono l’alleato più importante della regione e ne trovano uno ritenuto affidabile nel Presidente iracheno Saddam Hussein, sunnita e acerrimo nemico della neonata teocrazia iraniana.

Nel 1980, Baghdad con il supporto politico/mediatico e le armi di USA e Occidente attacca Teheran dando avvio alla prima guerra del Golfo che si protrae fino al 1988. Nel gennaio 1981 Israele, che aveva aiutato l’Iraq all’inizio dell’attacco all’Iran, bombarda il sito nucleare di Osirak, dove gli iracheni supportati dai francesi arricchivano l’uranio, e cessa il rapporto con Baghdad.

La seconda guerra del Golfo inizia con l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq nell’agosto 1990 seguita dalla ritorsione di 37 Stati che sotto l’egida ONU e guidati dagli USA fra gennaio e febbraio 1991 annichiliscono l’Esercito iracheno.

Khomeini arriva a Teheran il 1° febbraio 1979 su un volo Air France

Khomeini arriva a Teheran il 1° febbraio 1979 su un volo Air France

Saddam Hussein è costretto alla tregua e all’imposizione della “no fly zone” nel Nord, dove si sviluppa un’iniziale autonomia della popolazione curda, mentre l’intera rete infrastrutturale irachena è devastata e nel Sud si accende la rivalità fra i sunniti e la forte componente sciita.

Dall’altra parte, l’Iran ne esce rafforzato. Il carisma dell’Ayatollah Khomeini si espande all’interno e all’estero.

Nel foro interno, Khomeini impone la lettura sciita della scuola di Qom che privilegia il principio della Velayat-al Faqi secondo cui le decisioni della Guida Suprema prevalgono anche sulle Istituzioni politiche.

All’estero, l’Ayatollah iraniano trova un alleato nell’Ayatollah Musa Sadr, di Qom, sciita duodecimano, che nel 1974 aveva riconosciuto, con suo decreto (fatwa) gli alawiti siriani come facenti parte della famiglia sciita.

Con l’aiuto di Khomeini, nel 1982, Musa Sadr dà vita in Libano al movimento armato sciita Hezb’Allah, di cui era responsabile militare Imad Mughniyeh, palestinese, già militante di “Forza 17” per le operazioni all’estero e rimasto in Libano anche dopo l’invasione israeliana del 1982.

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Khomeini mantiene buoni rapporti in Iraq con le scuole “quietiste” di Karbala e Najaf, che sostengono la separazione fra potere religioso e politico e hanno in Alì Al Sistani (originario della regione iraniana del Sistan) il referente.

In altri termini, si concretizza in soli tre anni un “asse sciita” con epicentro a Teheran che ha ambizioni di egemonia regionale e ostile a USA, Israele e Occidente.

Due eventi più recenti contribuiscono ad avviare e realizzare il progetto del “Grande Medio Oriente” teorizzato negli anni ’90.

Il primo evento è l’attacco all’America, l’11 settembre 2001 quando aerei pilotati da kamikaze esplodono contro le due Torri Gemelle di New York e contro il Pentagono provocando 2.974 vittime, di cui 55 militari e tutti gli altri civili. L’attacco è rivendicato da Al Qaeda, il cui leader, Osama bin Laden, e relativo Quartier Generale erano in Afghanistan.

Il secondo evento è costituito dalle rivolte arabe iniziate nell’ottobre 2010 che investono nel 201l l’intera fascia mediterranea da Rabat a Latakya e oltre sino a Sana’a nella Penisola araba.

Gli equilibri regionali mutano velocemente. In nome della “guerra al terrorismo”, gli USA aprono due guerre per ridisegnare il Medio Oriente.

Una immediata, dall’ottobre 2001, contro l’Afghanistan, che ospitava Al Qaeda ma non ne condivideva l’agenda internazionalista.

La seconda, a distanza di soli 18 mesi, a marzo 2003, contro l’Iraq con il falso pretesto sostenuto davanti al Consiglio di Sicurezza ONU che Baghdad fosse in possesso di armi NCB (nucleari, chimiche, batteriologiche).

Delle due guerre, quella contro l’Iraq porta al potere gli sciiti e, ufficialmente chiusa nel dicembre 2011, prosegue tuttora.

Agli scontri fra curdi e Governo centrale si aggiungono quelli fra sciiti e i sunniti, emarginati,   e quella più devastante contro il terrorismo di ISIS (Islamic State of Iraq and Sham), la neo-formazione di matrice qaedista supportata da Paesi del Golfo, Turchia, USA, U.K. e Giordania in chiave anti-sciita e per dividere l’Iraq in tre piccoli Stati: Nord curdo, Centro sunnita, Sud sciita.

Quella contro l’Afghanistan, in chiusura a fine dicembre 2014, è in realtà ancora in corso e trova un Paese distrutto, corrotto e inadeguato a contrastare l’attacco dei talebani.

Stato che comunque resta dipendente in termini economici, sociali e di sicurezza da USA, ONU e Paesi donatori per i quali costituisce un’importante base nella regione asiatica, utile all’interesse statunitense per contrastare la Cina nel Pacifico.

Quanto accade è perfettamente coerente con il progetto iniziato negli anni’90.

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Il teatro mediorientale

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