EGITTO E DAISH

EGITTO E DAISH

Non filtrano molte notizie sull’Egitto che è in piena restaurazione ‘dittatoriale’, come nelle migliori tradizioni di quel territorio così importante in quella regione strategica

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini       

Nel quadro del nuovo piano per contrastare i jihadisti del movimento al “Dawlah al Islamyyah fi Iraq wah Sham” (predicazione dell’Islam dall’Iraq alle regione abbracciante Iraq, Siria, Libano, Giordania), dalla metà di novembre il Dipartimento di Stato degli USA offre sostegno a tutti i Governi che intendono respingere le milizie guidate da Abu Bakr al Baghdadi, capo del DAISH, nella regione mediorientale.

Il Libano ha comunicato subito la disponibilità pur specificando la fragilità delle sue Forze armate, ormai sotto attacco dei miliziani dell’organizzazione jihadista.

Seguendo l’esempio della Giordania, l’Egitto ha rifiutato l’offerta statunitense. Eppure Il Cairo ha più di un motivo per trarre vantaggio dalla partecipazione alla “Coalizione” contro DAISH.

il Presidente Al Sisi

il Presidente Al Sisi

Il Presidente Abdel Fattah al Sisi, già Ministro della Difesa e Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate prima, durante e dopo il colpo di Stato del 3 luglio 2013, è accettato nel consesso internazionale, continua a ricevere 1,300 milioni di dollari all’anno in aiuti militari dall’alleato americano, ha rapporti privilegiati con Israele, Arabia Saudita e Paesi del Golfo e una profonda conoscenza della potenzialità sovversiva di DAISH.

Il Cairo, insieme agli Emirati Arabi Uniti, appoggia in Libia l’ex generale Khalifa Haftar nella lotta contro Ansar al-Sharia che ha giurato obbedienza a Baghdadi e ha proclamato il Califfato di Derna, in Cirenaica, a novembre. Ancora di più, l’Egitto ha “in casa” un’insidiosa e proclamata cellula di DAISH.

Un breve riferimento al recentissimo passato per comprenderne presente e futuro.

Sin dal 3 luglio 2013, giorno del colpo di Stato di Al Sisi che ha destituito il Presidente legittimamente eletto Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani, le condizioni socio-economiche della penisola del Sinai sono peggiorate.

Le ondate di scioperi in tutti i settori operai e no (tessile, trasporti, salute) sono affrontate invocando “lotta contro il terrorismo” e “attentato alla sicurezza nazionale” e dando avvio a campagne di intimidazioni, denunzie e arresti indiscriminati.

Se è vero che in Egitto, ma soprattutto nel Sinai, le enormi masse operaie attivate prima e dopo la ribellione del gennaio 2011 non sono mai riuscite a ottenere un reale cambio di regime, dopo l’investitura dell’ex generale al Sisi alla Presidenza della Repubblica l’8 giugno 2014, è apparso subito chiaro che le condizioni socio-economiche del Paese e della penisola in particolare sarebbero persino peggiorate.

Il Presidente attua una politica economica neo-liberista improntata sulla radicale austerità in danno delle classi medio-basse. Il principio è lo smantellamento del minimo welfare residuale con riduzione dei sussidi per l’energia e introduzione di nuove tasse oculatamente inique. Basta un solo esempio: il prezzo del gas è aumentato del 175% per i veicoli del trasporto pubblico e solo del 30 – 40% delle fabbriche, per la totalità dirette e/o riferibili a quadri militari in pensione, pur essendone evidente il diverso consumo.

Ovviamente, l’aumento del prezzo dell’energia ha comportato quello di tutte le merci, alimentari e non. E’ così preparato l’humus per una feroce radicalizzazione di segmenti sociali privati del presente e senza futuro sia fra i gruppi islamici che tra quelli secolari dediti a traffici illegali di armi persone.

Il numero degli attacchi contro le Forze di sicurezza sta aumentando in modo esponenziale nonostante l’ottimo rapporto con Israele che consente una maggiore presenza all’Esercito egiziano nell’area confinante.

L’avvicinamento delle elezioni parlamentari, inizialmente previste a dicembre 2014 ma presumibilmente posposte, viene colta dal più attivo gruppo jihadista operante in Sinai: Beit al-Maqdis, di originaria matrice qaedista e da settembre affiliato a DAISH.

Il 24 0ttobre 2014, di venerdì, giorno dedicato dall’Islam alla preghiera, a Sheikh Zuwayed, nel Nord del Sinai, una serie di esplosioni e due kamikaze hanno ucciso 31 soldati e ne hanno feriti altrettanti.images-3

La reazione del Presidente è stata immediata. Facendo riferimento a “Forze Esterne”, senza precisarle, al Sisi ha disposto: raid aerei contro le roccaforti dei militanti a Sheikh Zuwayed; stato d’emergenza nella regione per tre mesi; coprifuoco dalle 5 del pomeriggio alle 7 di mattina; poteri speciali a Forze Armate e Polizia; chiusura a tempo indeterminato del valico di Rafah con la Striscia di Gaza.

Non è bastato. Il Presidente ha ordinato di creare una zona cuscinetto al confine con la Striscia di Gaza, nel Nord del Sinai. Sono state sfollate subito dalle loro case 1.156 famiglie e l’Esercito ne ha avviato la demolizione, sempre con il dichiarato intento di impedire attentati jihadisti.

Il nemico esterno ha un nome: è Hamas, il movimento islamico palestinese, dichiarato “terrorista” dall’Egitto, che l’accusa di complicità attiva con Beit al-Maqdis cui invierebbe combattenti e armi. Nemico esterno perché quello interno lo ha individuato dal tempo in cui era generale e Ministro della Difesa: i Fratelli Musulmani, tutti in prigione a cominciare dal Presidente Morsi, dichiarati “terroristi”.

Al Sisi segue in questa sua battaglia le orme lasciate dall’Arabia Saudita che, seguita da Emirati Arabi Uniti e Bahrein, ha bandito Fratelli Muslmani e Hamas dal Paese perché “terroristi”.

La militarizzazione dell’Egitto procede ad alta velocità, senza trascurare alcun settore. Dall’inizio di novembre, l’Esercito presidia tutte le infrastrutture pubbliche, dichiarate sotto controllo militare per due anni (strade, ponti, centrali gasiere ed elettriche) e messe in sicurezza dalla Polizia che deve coadiuvare l’Esercito.

L'Università del Cairo

L’Università del Cairo

Nelle Università la Polizia militare controlla gli Atenei i cui Capi Dipartimento sono nominati direttamente dal Presidente al Sisi. Nel corrente anno accademico sono 230 gli studenti arrestati.

Attuato lo smantellamento dei F.M. e l’emarginazione di Hamas, la repressione mira alle Organizzazioni non Governative e ai militanti dei movimenti di sinistra, arrestati a decine di migliaia anche grazie alla “legge anti-proteste”. Per un più efficace controllo anche della semplice dissidenza sono stati ripristinati i processi militari contro i civili.

Un grande silenzio circonda la restaurazione in Egitto.

In questa situazione, il rifiuto della generosa offerta americana è pienamente comprensibile non solo dall’Europa ma anche dal Dipartimento USA che comunque ha recentemente criticato la legge anti-proteste.

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