AFGHANISTAN VERSO UN INCERTO FUTURO

AFGHANISTAN VERSO UN INCERTO FUTURO

Cosa succederà in Afghanistan dopo che gli uomini e le donne di ISAF avranno lasciato il territorio? Le forze di sicurezza afgane, pur addestrate in parte da noi italiani, sembrano aver appreso la lezione solo per quel che attiene alle loro tradizioni culturali. Il futuro è incerto, come lo è stato per la Libia, per l’Iraq….

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

images-2A pochi giorni dall’annuncio della Commissione Elettorale dei risultati definitivi per le elezioni presidenziali, il laeder dei tajiki Abdullah Abdullah dichiara in diretta TV che non accetterà mai un Governo eletto con le frodi per assegnare la vittoria al pashtun Ahraf Ghani.

Che succede, che succederà in Afghanistan dopo 13 anni di guerra quando a fine dicembre avranno fine la missione ISAF e il supporto dei 40 mila soldati oggi presenti e di cui resteranno solo 9.800 militari statunitensi fino al 2016?

Gli eventi più recenti raccontano che prima, durante e dopo il ballottaggio di giugno fra i due candidati a Presidente, Abdullah ha replicato quanto fatto dopo la competizione presidenziale del 2009 che assegnò la terza vittoria ad Hamid Karzai: accuse di brogli e mancato riconoscimento del risultato.

Eppure il Segretario di Stato americano John Kerry nell’ultima missione a Kabul aveva ottenuto il consenso dei candidati sul programma proposto.

L’agenda prevedeva il riconteggio degli 8,1 milioni di voti del ballottaggio, sotto la supervisione delle Nazioni Unite e degli Osservatori Internazionali, e la firma dei contendenti per formare un Governo di Unità Nazionale e dividere il potere tra il Presidente e con la nuova figura politica, il Capo dell’Esecutivo.

Il simbolo ufficiale dell'Afghanistan

Il simbolo ufficiale dell’Afghanistan

In realtà, il disaccordo fra i due candidati proseguì costringendo a rinviare l’insediamento del nuova Presidente prima al 2 agosto e poi al 2 settembre mentre il Paese rimane instabile sotto il profilo politico e di sicurezza, la minaccia talebana è sempre più alta e la corruzione rimane endemica.

E’ ipotizzabile che proprio l’introduzione di un nuovo soggetto politico, il Premier, abbia acutizzato lo scontro dei contendenti e comunque non facilitato perché chi prevarrà dovrà fare i conti con un Premier, di fatto un vice, ostile.

Segnali di una possibile deriva del Paese verso la cronicizzazione della crisi si colgono in questi ultimi giorni.

Il Vertice Atlantico del 4 – 5 settembre aperto in Galles riserva poche sorprese ma negative.

All’apertura dei lavori nel Galles, arriva la notizia che i Talebani hanno eseguito a Ghazni un attentato causando 20 morti e una decina di ferite. Ma ai lavori l’Afghanistan, ancora privo del Presidente, non c’era. E’successo che uno dei membri della delegazione, il colonnello Enayatullah Barak, sceso all’aeroporto di Londra, abbia chiesto asilo politico.

I motivi non sono noti ufficialmente ma sono noti.

I dati ONU indicano una media di 3 mila morti civili all’anno – i danni collaterali della guerra – la presenza di oltre 150 mila militari nel Paese, miliardi di dollari dissipati nella corruttela.

Il Paese è devastato dopo le guerre del 1979-89 contro l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e del 2001 – 2013 dall’attacco USA dell’ottobre 2011, in realtà ancora non concluso. Conflitti che hanno esasperato le divisioni per etnie e orientamento religioso, impoverito il Paese, pure ricco di risorse naturali.

Lo scontro in atto fra i leader politici penalizzerà profondamente l’intero tessuto socio-economico e si andrà a sommare ai due conflitti irrisolti: i rapporti con il Pakistan e l’ancora più teso rapporto con i talebani. Le iniziative colloquiali iniziate da Karzai sin dal 2008 non sono mai andate a buon fine e anzi hanno radicalizzato i rivoltosi, di rigida matrice ‘deobandi’, guidati ancora da mullah Omar.

Al Vertice NATO di Chicago del 2012 era previsto un supporto di 3,6 miliardi di dollari annui, ma la spesa si aggira sui 6, in parte coperti dagli USA che hanno assicurato altri 20 mila miliardi per 5 anni.

Inoltre dall’1 gennaio 2015, l’ISAF sarà sostituita dalla missione NATO “Resolute Support” per addestramento e sostegno, cui hanno aderito Germania, Gran Bretagna, Italia e Turchia, per un contingente complessivo di 4 -5 mila uomini, oltre agli americani e 12 -15 mila contractors … sempre che venga firmato dal nuovo Presidente il Trattato bilaterale di sicurezza che Karzai rifiutò di approvare perché vi era – come sempre – la clausola di impunità per gli operativi statunitensi estesa anche ai contractors e per i reati commessi anche al di fuori della “stretta missione” affidata.

Chiunque sarà alla fine eletto Presidente firmerà il Trattato per fruire del supporto finanziario statunitense.

I membri delle forze di sicurezza sono 228.500 cui si affiancano altri 121.500 fra Polizia e apparati logistici. Ma il comparto sicurezza afghano a livello operativo e d’intelligence non ha finora mostrato una preparazione adeguata alla situazione.

Hamid Karzai

Hamid Karzai

Come l’Iraq, l’Afghanistan ha la sua prima debolezza in una classe politica divisa per linee etniche, tribali, religiose in perenne lotta fra di loro. La vicenda del lungo stallo per la nomina del Presidente è illuminante.

I talebani dimostrano capacità di penetrare anche la capitale, attaccare le Forze Armate e infiltrarvi loro combattenti, un forte spirito nazionale e un’adeguata strategia di lotta.

Inviano segnali coerenti con il loro progetto: legge coranica, lotta all’occupante, prevalenza dell’etnia dominante pashtun. Ed è in base a questa coerenza che rimandano al mittente la notizia di una (improbabile) alleanza con l’”Islamic State” del “Califfo” Ab Bakr al-Baghdadi.

Dall’altra parte troppi interessi personali, troppe contiguità con un mondo affaristico non trasparente affollato di esponenti politici, mentre i massimi vertici dello Stato mantengono l’intero Paese in ostaggio degli eventi.

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