IL CALIFFATO IN IRAQ E SIRIA

IL CALIFFATO IN IRAQ E SIRIA

 

Il Califfato è una realtà? Sì, almeno per ora…e può avere un impatto veramente deflagrante su tutto il Medio Oriente. E’ forse il momento storico attuale più pericoloso per la crisi del mondo musulmano anche nei confronti del mondo occidentale. Per non riflettere sulla guerra che contrappone Israele e i palestinesi. In sintesi: le fiamme divampano in Medio Oriente e masse migranti si spostano alterando equilibri già precari. E del Grande Kurdistan? Che ne facciamo?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il Califfato tra Iraq e Siria lungo l’asse Aleppo – Diyala proclamato il 29 giugno da Abu Bakr Al Baghdadi trova un’inaspettata reazione negativa in vari Paesi arabi e soprattutto fra i gruppi islamici sia moderati che armati attivi in Siria.

Tre giorni dopo, mentre Baghdadi diffonde un secondo messaggio per chiamare alle armi i musulmani, gruppi islamisti e l’Associazione sunnita irachena degli Studenti Musulmani lo accusano di rasentare la blasfemia.

Cosa succede ancora di non visto nell’ Iraq che ha chiuso il mese di giugno con un bilancio di 2.417 morti di cui 1.531 vittime civili e 866 fra poliziotti e soldati ?

Il caos iracheno è arrivato al culmine come dimostrano le posizioni dei differenti e interessati attori coinvolti in questi pochi giorni.

Baghdadi si fa nominare Califfo dalla Shura (Consiglio) del suo movimento e quindi sovrano dei sunniti e discendente del profeta Maometto e dei suoi seguaci che hanno governato religione e Stato per secoli.P1-BN699_IRAQ_NS_20131024175403

Il leader jihadista gode di grande credibilità e conta su oltre 10 – 15 mila combattenti finanziati ed equipaggiati da tre anni dai Paesi del Golfo.

Ritiene quindi arrivato il momento di emarginare il leader di Al Qaeda Ayman al Zawahiri e annuncia anche che la sua formazione “Islamic State of Iraq and Sham” assume il nome di “Islamic State”, sarà fondato sulla Shari’a (legge islamica) e costituirà il centro di raccolta di tutti i combattenti per conquistare Baghdad e annichilire gli sciiti.

Dall’altra parte, il nuovo Parlamento nella riunione del 1° luglio non riesce a eleggere il Presidente e rinvia la sessione alla prossima settimana.

Sunniti e curdi hanno fatto venire meno il numero legale per mancato accordo sul candidato a Presidente del Parlamento che ha l’incarico di nominare il Primo Ministro e proporre il Presidente rispettando la tradizione secondo cui il Premier è sciita, il Presidente curdo e il Presidente del Parlamento sunnita.

Il Premier Maliki intende trarre profitto dall’insperata spaccatura del fronte sunnita e per riavvicinare a Baghdad la comunità sunnita offre un’amnistia a quanti abbandoneranno le file jihadiste.

Il Premier sa di poter contare sul sostegno dell’Iran che invierà armamenti, consiglieri militari e pasdaran per contrastare il neo-nato Califfato e l’attività dell’Arabia Saudita che li finanzia per accaparrarsi le risorse energetiche di Baghdad e indebolire la “mezzaluna sciita” a vantaggio dei Paesi del Golfo. A fianco dell’Iran ci sarà anche Hezb’Allah libanese con i Battaglioni scelti di Al Quds.

Maliki avrà il supporto degli USA che inviano elicotteri Apache, droni Predator e 300 soldati che portano a 750 i militari americani presenti in Iraq per la sicurezza della loro Ambasciata e dell’aeroporto ma anche per coordinare con 300 consiglieri le forze irachene e frenare l’offensiva jihadista.

Dalla parte di Maliki si schiera anche la Russia che invia subito 5 jet Sukhol e ne invierà un’altra decina nei prossimi giorni mentre uno staff militare russo sta addestrando i piloti iracheni per metterli in grado di bombardare le posizioni jihadiste.

Contestualmente il Presidente della Regione autonoma del Kurdistan, Massoud Barzani indice un referendum per l’indipendenza curda da svolgere entro pochi mesi, ricevendo l’immediato e inaspettato supporto della Turchia e quello più scontato di Israele.

Ankara e Tel Aviv hanno un interesse convergente: le risorse energetiche di cui il Kurdistan è ricco e dal quale i due Paesi già acquistano ingenti quantitativi di petrolio in violazione della sovranità irachena.

Ankara ammette che il Kurdistan è l’unico alleato affidabile in un Iraq allo sbando e conta di consolidare il processo di pacificazione con il Partito dei Lavoratori Kurdi (PKK) consentendo la promessa autonomia alla componente curda in Turchia.

Tel Aviv vede nel Kurdistan sovrano un baluardo contro i jihadisti del Califfato e il rinforzamento ideale per un’altra barriera che intende realizzare ad Est da Eilat fino alle alture del Golan.

La spaccatura del Fronte islamista rappresenta una grave sconfitta per il Califfato e non è la prima.

imagesL’inarrestabile movimento jihadista deve già scontare l’avvenuta saldatura tra le due scuole sciite: quella teocratica di Qom basata sulla supremazia religiosa e politica della Guida Suprema e quella quietista di Najaf e Karbala che separa la religione dal livello politico.

Saldatura realizzata dal Grande Ayatollah Alì Sistani che ha chiamato alla guerra l’intera comunità sciita superando le barriere teologiche per impedire a Baghdadi di portare a termine la progettata e definitiva emarginazione degli sciiti nella Regione.

Le forze in campo continueranno una guerra civile sempre più spietata dalla quale non potrà che emergere un Iraq diviso in curdi al Nord, sunniti al Centro e sciiti nel Sud.

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