Oman. Il pluralismo etnico, linguistico e religioso quale garanzia della continuità tra il vecchio e il nuovo Sultano.

Oman. Il pluralismo etnico, linguistico e religioso quale garanzia della continuità tra il vecchio e il nuovo Sultano.

Il nuovo sultano dell'Oman, Haitiana Bin Tari bel Said

Il nuovo sultano dell’Oman,
Haitiana Bin Tari bel Said

Riprendendo il nostro osservatorio sul mondo mediorientale, nell’articolo che segue abbiamo una analisi molto interessante sul futuro dell’Oman, Paese piccolo ma di grande interesse politico, culturale, sociale e etnico. E’ tra l’altro un territorio molto interessante per un viaggio diverso.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Sino a oggi il piccolo Sultanato dell’Oman è sempre stato abile a evitare i conflitti e le tensioni politiche, sociali ed economiche (compresa la pandemia COVID 19), che da anni investono la regione mediorentale. Nell’ultimo mezzo secolo tale capacità va ascritta al Sultano Qaboos bin Said el Said, morto il 10 gennaio 2020 dopo una lunga malattia.

Qaboos probabilmente non passerà alla storia come un Sultano illuminato, perché pur sempre parliamo di una monarchia assoluta e non di democrazia partecipata, ma di certo gli sarà riconosciuta una visione politica non chiusa in un deleterio dogmatismo religioso.

Con la morte del vecchio Sultano nubi minacciose si sono addensate sul Paese, alcune si sono presto diradate, altre permangono.

Da subito è rientrata la preoccupazione legata alla fase della successione, soprattutto perché Qaboos era privo di un erede in discendenza diretta. La Costituzione omanita prevede che alla morte del regnante la famiglia reale scelga il successore, altrimenti dovrà essere aperta una lettera testamentaria con l’indicazione di due possibili candidati da parte del Sultano. Ciò non è stato necessario perché la successione, peraltro concordata da qualche tempo, è avvenuta nell’immediatezza e in un clima di naturale partecipazione emotiva.

Haitiana Bin Tari bel Said, cugino di Qaboos, è il nuovo Sultano che dovrà affrontare le nuove sfide che attendono il Regno, sia interne con l’esigenza di traghettare il Paese verso una nuova fase di sviluppo economico e sociale, sia esterne per preservare e mantenere la consolidata vocazione alla mediazione, al pragmatismo e alla neutralità.

Mediazione, pragmatismo e neutralità fondamentali per un Oman cuscinetto tra l’Arabia Saudita e l’Iran, volano nel commercio tra il Medio Oriente, l’Africa e l’Asia centrale, sentinella dello strategico stretto di Hormuz per il transito petrolifero.

Una continuità della linea politica pragmatica e neutrale di Qaboos dipenderà dalle capacità e dalle iniziative di Haithamche però, al pari del predecessore, può contare su un atout importante: un pluralismo etnico, linguistico e religioso che non ha pari in tutto il Medioriente (e non solo) e che nel corso dei secoli ha contribuito a mantenere in equilibrio la società omanita.

Un pot pourri di lingue tra cui arabo, swahili, balochi, mehri, shehri/jabali, kumzari e luwati, di religioni (musulmana, baha’i e Hindu) con il confessionalismo dei musulmani schiiti, sunniti e ibadi, senza tralasciare le etnie arabe, zanzibari, balochi, luwati e bayasira (discendenti degli Abid, gli antichi schiavi).

Un pluralismo diffuso che si manifesta anche regionalmente, con le diverse culture e tradizioni degli abitanti del nord rispetto a quelli del sud, a quelli delle regioni centrali (Al-Dahil) e delle coste da Ras el Hadd nel sud-est a Ras Musandam nel nord-ovest.

Il Sultanato dunque è considerato, a ragione, il più importante esempio in tutta la regione di un antico multiculturalismo religioso, etnico e linguistico.

La storia dell’Oman è antichissima e, secondo gli storici, in base alle recenti scoperte archeologiche effettuate, risale a circa cinque mila anni fa. Gli arabi risiedevano in territorio omanita ancor prima dell’avvento dell’Islam e abbracciarono volontariamente il messaggio del Profeta Maometto, facendo diventare l’Oman uno dei centri di civilizzazione islamica, al pari dell’Egitto, dello Yemen, della Persia, di Costantinopoli e della stessa Roma. Dopo gli eventi della cosiddetta Fitnah, iniziati con l’assassinio di Uthman, l’Oman abbracciò la corrente confessionale degli Ibadi mantenendo però il pluralismo religioso ed evitando così qualsiasi conflitto e le aggressioni di natura settaria.

Dal punto di vista etnico, si rileva la presenza di vari gruppi, a partire dal Re di Hormuz e dei portoghesi che hanno dominato la regione sino all’avvento della dinastia degli Yaruba. Tutte dinastie che hanno signoreggiato da un punto di vista militare, mentre l’India ha padroneggiato economicamente.

Tra i gruppi etnici più importanti e più numerosi si rileva la tribù dei Balochi, prevalentemente concentrata lungo le coste e fedele alla dinastia Al Said. A livello sociale i Balochi sono stati discriminati, non essendo considerati degli arabi puri dalle altre etnie. Nel corso dei secoli hanno mantenuto le tradizioni, le feste religiose e una particolare arte culinaria. Ogni anno i Balochi organizzano nelle più importanti città omanite una distintiva settimana culturale.

Significativa la presenza dei Luwatis, provenienti in origine dalla città indiana di Hyderabad. I Luwatis vivono tutti nel circondario della città di Muttrah, anche chiamata Sur el Luwatiyya, mantenendo nei secoli le proprie tradizioni, la propria cultura, la propria lingua chiamata Khojki (per il loro forzato isolamento non sono stati mai in grado di parlare correttamente l’arabo) e i propri riferimenti religiosi di matrice shiita.

I Zanzibaris, provenienti da Zanzibar e discendenti delle tribù arabe omanite che migrarono nelle regioni africane ai tempi del Sultano Said III bin Taimur, sono per lo più concentrati nella capitale Muscat e nelle zone interne del Paese.

Meritano una menzione anche il gruppo Bahai, proveniente dalla Persia e gli Hindus Baniyan, questi ultimi stabilizzatisi in Oman a seguito del commercio con l’India (certificato da Max Freiherr von Oppenheim nei suoi scritti d’inizio novecento).

Questa variegata presenza di etnie ha prodotto un miscuglio linguistico che, oltre all’arabo, comprende la lingua balochi, la luwati, la kumzari (di matrice indo-europea), il farsi, lo swaili, il mehri, l’harsusi, lo sheri, il bathari e l’hobyot, peraltro tutte lingue vive.

L’Oman si caratterizza, oltre che per un pluralismo linguistico ed etnico, anche per quello religioso. Infatti, è l’unico Paese in tutto il mondo arabo dove le tre confessioni islamiche (sunniti, schiiti e ibadis) sono fortemente radicate con le proprie peculiari identità e distintive tradizioni.

Nel corso dei secoli le condizioni in Oman sono mutate e, conseguentemente, anche il pluralismo etnico, linguistico e religioso ha subito degli inevitabili scossoni e adattamenti. Il passaggio dallo Stato tradizionale all’attuale Società civile ha comportato una mutazione dei centri di potere, non più le tribù ma una centralizzata classe politica che tutto ingloba.

Ciò che non è mutata è la tolleranza insita nella collettività omanita, soprattutto quella religiosa che molti Paesi arabi hanno irrimediabilmente già perduto.

Comunque sia, la stabilità del Regno non è garantita ma va coltivata e mantenuta arginando ed affrontando i problemi che verranno, sia di natura politica (struttura monarchica e mutevole situazione geostrategica in Medio Oriente), sia di natura economica (calo della produzione del petrolio e degli scambi commerciali e le macerie che la pandemia mondiale inevitabilmente lascerà per lungo tempo), senza tralasciare il tessuto sociale.

Vedremo le prossime mosse del nuovo Sultano!

Il Sultano Qaboos

Il Sultano Qaboos

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