Libano: l’importanza storica dei Cristiani Maroniti, oggi più di ieri.

Libano: l’importanza storica dei Cristiani Maroniti, oggi più di ieri.

Béchara Boutros Rai, il cardinale patriarca

Béchara Boutros Rai, il cardinale patriarca di Antiochia dei Maroniti del Libano e di tutto l’Oriente.

Chi sono i maroniti in Libano e quale ruolo hanno avuto e hanno nella società. La loro storia e la Chiesa Maronita. L’impatto con una terra che accoglie profughi per quasi metà della sua popolazione. Il potere di Hezbollah. Una serrata analisi con interessanti elementi di storia.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

L’associazione tra Cristiani Maroniti e Libano è un riflesso istintivo, lo era almeno sino alla seconda guerra mondiale, e con diverse ragioni, visto che più del 60% della popolazione libanese era cristiana.

E’ noto il ruolo svolto dai Maroniti nel raggiungimento dell’indipendenza nel 1943 dalla Francia, e il loro contributo al patto nazionale che, anche se da segni di logoramento, è tutt’ora valido e rappresenta un unicum nella convivenza interreligiosa, un paradigma per tutto il Medio Oriente.

Con il patto (rimasto verbale per anni sino agli accordi scritti di Taif del 1990), ai cristiani è sempre garantita la presidenza della Repubblica libanese, ai musulmani sunniti è affidata la guida del Governo, mentre agli sciiti spetta la presidenza del Parlamento.

Ma chi sono i cristiani maroniti?

Anticamente i maroniti erano identificati come i seguaci dell’eremita San Marone, un asceta siriano compagno di Giovanni Crisostomo, che viveva su una montagna nelle vicinanze di Apamea, in Siria, ed erano dei cristiani come tutti gli altri, fedeli ai Concili ecumenici.

La Chiesa Maronita, intesa come istituzione, è invece nata nel settimo secolo, allorquando Giovanni Marone, nel 687 fu eletto, per primo, Patriarca d’Antiochia e di tutto l’oriente.

Per sfuggire alla persecuzione in Siria emigrò a Kfarhy in Libano (ancora oggi è la sede del patriarcato maronita), portando con sé la reliquia più sacra per i maroniti, il cranio di San Marone.

Nel Libano i maroniti si stanziarono nelle montagne, isolati dal resto della cristianità e per una semplice questione geografica si svilupparono i monasteri dei monaci eremiti, in particolare nella valle di Qadisha.

Al sopraggiungere dell’Islam molti cristiani cercarono protezione tra i maroniti, che riuscirono a farsi riconoscere nel 740 dal Califfo Marwan IIcome una comunità separata e con una certa autonomia.

I monasteri di Qadishatornarono a essere centrali nella storia dei maroniti tra il 1571 e il 1634, come luoghi di protezione della popolazione durante la persecuzione ottomana e nel 1860 nel conflitto con i drusi (dal nome del fondatore egizianoal Darazi), una setta religiosa d’origine musulmana nata in Egitto nell’undicesimo secolo e in seguito radicatasi nel Libano meridionale e in Siria (a quei tempi territorio unico).

Secondo molti studiosi i maroniti non si sono mai separati dalla Chiesa di Roma, pur non avendo avuto dei contatti per lunghi secoli. I vescovi maroniti partecipavano ai sinodi ed ai concili, ma rimanevano, per regioni geografiche, ai margini.

La fondazione nel 1584 del Collegio Maroniano a Roma segna l’avvio di un’effettiva integrazione della Chiesa maronita con Roma.

Il Collegio, nato per volontà di Gregorio XIII allo scopo d’incoraggiare i rapporti tra la Santa Sede e la Chiesa maronita, continua tutt’oggi la sua attività anche se si è trasformato in un centro di dialogo tra le diverse culture e religioni.

I Maroniti non rappresentano un ordine religioso, bensì una vera e propria Chiesa sui juris, con una strutturata gerarchia e con i fedeli raggruppati nelle parrocchie dirette dalleeparchie, l’equivalente delle diocesi.

L’organizzazione interna è molto simile a quella della Chiesa di Roma con il Patriarca che è il capo della Chiesa maronita, titolo che non è simbolico come quello della Chiesa latina di Gerusalemme o di Venezia.

La Chiesa maronita officia secondo il rito siro-antiocheno, che non si discosta molto da quello cattolico, se non per un’atmosfera più simile a quella ortodossa e per l’uso delle preghiere che si rifanno ai padri delle chiese orientali, tra cui i santi Efrem, Giacomo di Sarough, Giovanni Crisostomoecc…

La diversità tra la Chiesa maronita e quella cattolica più evidente, però, risiede nel fatto che il clero maronita non osserva la regola del celibato, anche se ai preti sposati è preclusa la possibilità di divenire vescovo o vicario generale.

In anni recenti, in particolare dopo il 1975, la situazione all’interno del Libano è degradata a causa delle tensioni tra palestinesi e libanesi, in altre parole tra i palestinesi e i cristiano maroniti.

La presenza dei palestinesi, che pian piano erano arrivati con i loro campi profughi sino a Beirut, ha innescato degli scontri e una vera e propria guerra di tutti contro tutti, anche tra i cristiani stessi.

Ad oggi in Libano si contano circa 600 mila profughi palestinesi e 1 milione e 800 mila siriani, che costituiscono quasi la metà della popolazione del Paese dei cedri.

All’origine di tutto, quindi, la guerra tra Israele e la Palestina che s’è mutata in uno scontro arabo-israeliano e che in Libano si è cristallizzata nella lotta tra Israele e gli Hezbollah.

In sintesi: il potere crescente degli Hezbollah, le continue violazioni territoriali di Israele e il pericolo dell’infiltrazione terroristica che l’esercito libanese da solo non è in grado d’arginare, rappresentano le attuali minacce alla stabilità del Libano e alla presenza dei cristiani maroniti.

Cristiani tout court (maroniti, latini, copti, malichiti, siro-cattolici), che vogliono rimanere in Libano e in Medio Oriente, sperando siano curate le cause principali dello jihadismo: povertà e sottosviluppo.

Si calcola che, su 410 milioni di arabi, 57 milioni sono analfabeti (più di 13 milioni di bambini non sono mai andati a scuola) e, a livello mondiale, il 45% degli atti terroristici è di matrice araba, mentre il 70% delle vittime e il 75% dei profughi sono arabi.

Una situazione peggiore di quella precedente lo scoppio delle Primavere arabe, in cui dominavano dei sistemi autoritari monolitici, fatta eccezione per la Tunisia.

A complicare il quadro situazionale ha contribuito anche la recente apertura dell’ambasciata americana a Gerusalemme, “….uno schiaffo dell’Amministrazione Trump alla causa palestinese ed alla Comunità internazionale…”, così definito dal Cardinale Béchara Boutros Rai, Patriarca di Antiochia dei Maroniti del Libano e di tutto l’Oriente, aggiungendo che “….ciò vuol dire ebraizzare Gerusalemme a dispetto della posizione della Chiesa che già dal 1920 la considera Città internazionale…”, (così come hanno fatto le Nazioni Unite nel 1948 e in seguito  Israele stesso), “ … un corpus separatum, aperto a tutti, e quindi nessuna delle religioni può mettervi mano, tantomeno uno Stato…”.

Una chiesa maronita che comunque è ben presente, anche in Siria, e che rimarca la propria presenza nella convinzione che, senza i cristiani, il fondamentalismo è destinato a prevalere.

Un Libano unito è però difficile poterlo immaginare poiché persiste una mentalità feudale  del divide et impera, ed un Libano diviso fa il gioco di tutti coloro, siano essi musulmani o cristiani, che vogliono utilizzarlo per raggiungere degli obiettivi politici di parte.

E’ altresì difficile pensare a un Paese unito (e ciò vale per molte altre realtà del mondo arabo) fintanto che gli elementi più deboli economicamente e militarmente della società continuano a essere etichettate come minoranza e non come cittadini con pari dignità e diritti.

Ed è un vero peccato perché il Libano, prendendo a prestito le parole di Papa Giovanni Paolo II “….è più di un Paese, è un messaggio di pluralismo per l’Oriente e l’Occidente…”.

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