L’immigrazione in Italia. Brevi considerazioni.

L’immigrazione in Italia. Brevi considerazioni.

La mappa dei flussi migratori

La mappa dei flussi migratori (Limes)

Sul problema dell’immigrazione in Italia, occorre dire che l’ISTAT studia a fondo il problema e ne traccia un quadro chiaro. Allarmismo? No: è una interessante esposizione delle cifre con analisi realistiche sul futuro della società italiana.

Si segnalano alcuni dati ISTAT scelti e riportati come segnalati per fare sintetiche valutazioni:  al 1° gennaio 2015 vi erano  3.929.916 cittadini non comunitari presenti. Quasi la stessa cifra nel 2016 (3.391.133).

Tra il 2011 e il 2012 il 56,4% dei cittadini stranieri residenti in Italia si è dichiarato cristiano.

Nel 2015 56,6% dei cittadini stranieri residenti a Roma ha difficoltà con la lingua italiana rispetto al 60,8% della media nazionale. E’ migliorata però la loro integrazione scolastica nel 2016 anche grazie alla presenza di una seconda generazione iscritta a scuola.

Nel 2013 le immigrazioni dall’estero sono state 307.000, 43.000 in meno rispetto al 2012 (-12,3%).

Nel 2014 il 29,9% degli stranieri ha svolto un lavoro poco qualificato rispetto al titolo di studio e competenze.

Per quanto riguarda il biennio attuale, al 1° gennaio 2018 i residenti in Italia sono 60 milioni 494mila, quasi 10 milioni in meno in un anno, rispetto al 2017.

Nel 2015 sono state presentate in Italia 83.245 richieste di asilo politico (7% del totale UE). Però è più del doppio dell’anno precedente.

Analizza ISTAT: In Italia il peso relativo dei nuovi permessi rilasciati ogni anno per asilo e protezione umanitaria è cresciuto notevolmente: si è passati dal 3,7% nel 2007 al 28,2% nel 2015. Contemporaneamente si è fortemente ridotto il peso dei permessi rilasciati per motivi di lavoro, passati nello stesso periodo dal 56,1% al 9,1%.

Per l’anno 2017, scrive l’ISTAT: al 1° gennaio 2017 la popolazione straniera residente è pari a 5.047.028 unità, l’8,3 per cento del totale dei residenti, con un incremento, rispetto all’anno precedente, dello 0,4 per cento (20.875 unità), il doppio di quello registrato nel 2016.

Il 57,8% del totale degli stranieri risiede al Nord, e il 33,8% nel solo Nord-ovest che si conferma ancora come la ripartizione col maggior numero di residenti stranieri.

Se si fa riferimento all’incidenza sul totale della popolazione residente, la situazione è pressoché invariata rispetto al 2016: al Nord circa 11 individui su 100 sono cittadini stranieri, quasi il triplo rispetto al Mezzogiorno, in cui la proporzione scende a meno di 4 stranieri ogni 100 individui.

Ancora alcuni numeri: negli ultimi due anni i flussi per asilo e motivi umanitari in Italia hanno assunto, anche in termini assoluti, dimensioni mai raggiunte negli ultimi nove anni, passando da 9.971 nel 2007 a 67.271.

Sulla base di dati ancora provvisori, tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2016, sono stati rilasciati a migranti maggiorenni 64.162 nuovi permessi per asilo e altre forme di protezione (dati provvisori), un numero già ad ottobre prossimo a quello registrato per l’intero 2015 (64.515). All’inizio del 2016 erano presenti nel nostro Paese 155.177 persone con un permesso per motivi ricollegabili all’asilo politico o alla protezione umanitaria, con un’incidenza del 4% sul totale dei permessi di soggiorno. Se si considerano i soli permessi con scadenza quelli concessi per asilo e protezione umanitaria sfiorano il 10%.

In molti casi la presenza di persone in cerca di protezione in Italia è solo temporanea. All’inizio del 2016 ha ancora un permesso di soggiorno valido il 32,3% delle persone arrivate nel 2011 e il 49,3% degli ingressi del 2012.

Tra gli entrati per motivi umanitari nel 2011 ancora presenti in Italia, la quota di residenti al 1° gennaio 2016 è molto più contenuta rispetto agli entrati per altre motivazioni come lavoro e famiglia.

Per quanto riguarda gli sbarchi, è indubbio che vi sia stata una notevole riduzione degli stessi già dal 2017: se nel 2016 sono stati 181.436, nel 2017 ne abbiamo avuti 118.914 (dato del Viminale).

Questo effetto sembra sia dovuto agli accordi fatti con al Sarraj, premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale; l’ulteriore calo dell’anno in corso è dovuto anche all’allontanamento delle navi delle ONG dal Mediterraneo con una stretta di controllo non solo italiana ma anche da parte di Malta e della Francia.

Ma al Sarraj non è l’uomo forte della Libia: controlla a malapena una parte non rilevante del territorio (Cirenaica), mentre il generale Haftar è decisamente più forte e forse ascoltato anche da milizie e gruppi armati che sembrano essere i veri padroni del territorio.

Nella valutazione politica fatta sulla situazione libica da più parti è stata assai sottostimata la presenza non solo delle milizie e dei gruppi armati ma anche e  soprattutto nel Fezzan di tribù armate e potenti, spesso poco inclini al pacta sunt servanda (fin da tempi assai lontani…), nonostante i pretesi accordi fatti con il ministro dell’Interno Minniti per impedire ai trafficanti di far transitare i migranti dalle aree subsahariane. Non considerando che i trafficanti trovano sempre una nuova rotta di transito se la precedente si rivela ostruita o…troppo cara…e quindi altre tribù più inclini a chiudere due occhi contro pesanti ‘valigette’.

I numeri del futuro per la popolazione residente sul territorio italiano? Sempre l’ISTAT ha valutato come segue: nel 2065 la  popolazione italiana sarà di 61,3 milioni di abitanti. Morti: 40 milioni; nascite: 30 milioni. Il saldo negativo è soprattutto autoctono.

La migrazione positiva sarà di 17,9 milioni, con un ingresso di circa 300.000 unità ogni anno; ingressi  che dopo il 2065 si ridurranno a 175.00 x anno.

Il Centro Studi Machiavelli, su dati ISTAT e Eurostat, stima che nel 2065 la popolazione residente di origine straniera dovrebbe superare del 40% quella autoctona.

Da qui discende la necessità di immigrazione per compensare calo demografico…dando origine a una Italia multietnica e multiculturale di qui a 50 anni. Lo sarà anche l’Europa.

I temi sull’immigrazione sono centrali nel dibattito politico e anche nella comunicazione che ha una grande rilevanza sulla percezione del fenomeno epocale migratorio che stiamo attraversando. The Economist sostiene che a confini aperti il mondo sarebbe molto più ricco e quantifica questo miglioramento finanziario in 78 trilioni di dollari! E’ una delle basi ai princìpi guida del Global Compact for Migration che analizzeremo dopo la firma dello stesso a Marrakech l’11 e 12 dicembre prossimi.

Dal punto di vista della sostenibilità della finanza dello Stato italiano assume grande rilievo anche il tema delle pensioni in un Paese con un alto tasso di anziani percettori: gli immigrati pagano o pagheranno le nostre pensioni o…pagheranno solo le loro? Ma la gran parte degli immigrati ha, attualmente almeno, una qualificazione bassa se non inesistente e quindi, pur se integrata, salvo rare eccezioni, non contribuisce in modo sostanzioso…comparare i contributi di immigrati lavoratori con i contributi di italiani non è semplice. Spesso poi gli immigrati che lavorano in teoria dovrebbero ‘consumare’ ma inviano all’estero  una gran parte del loro pur basso salario, diventando un aiuto sostanzioso alla finanza del luogo d’origine.

I problemi sono molti e non sono i soli, considerato che la situazione sociale italiana ha visto o vede stagnazione economica, disoccupazione, economia sommersa che drena ingenti risorse alla fiscalità generale, troppe. Queste criticità, non solo italiane peraltro, hanno causato in Europa un consenso transnazionale fra tutti gli elettori europei che si riflette sui singoli stati…

Inoltre è molto chiaro che la governance della migrazione non attuata o attuata negli ultimi anni con grande ritardo non solo in Italia ma anche in altri stati europei, con metodi diversi non ha dato frutti accettabili. E’ fallita in tutta Europa, anche lì dove da anni si attua una forte politica d’integrazione, vedi la Francia o la Germania: basta andare a Parigi nel sobborgo di Saint Denis per comprendere quanto sia fallita.

E’ necessario però preservare un nucleo di valori condivisi: personalmente ne vedo per ora l’impossibilità nonostante alcune pronunce della Corte di Cassazione…su un inserimento condiviso anche da parte dei migranti integrati in un contesto sociale e lavorativo (vedi il caso del pugnale sikh, che viene portato come elemento costitutivo dell’abbigliamento maschile). Ovvero: arrivando sulle coste europee abbiano rispetto per i valori della cultura occidentale nella quale hanno deciso di vivere. Così come noi rispetteremo la loro quando non collide con i principi fondamentali della nostra, che si richiamano semplicemente ai Diritti dell’Uomo riconosciuti internazionalmente.

La società italiana, già multietnica, lo sarà sempre di più e per non seguire l’esempio e ottenere i risultati fallimentari di Francia, Germania o degli Stati Uniti al riguardo, i governanti di qualunque colore dovrebbero attivarsi intelligentemente in merito. Forse è ormai troppo tardi. Anche in Europa.

Sarà molto interessante vedere quali stati firmeranno il Global Compact for migration a Marrakesh i prossimi giorni di dicembre. Forse l’Austria si asterrà se non ci sarà un cambio di orientamento su pressioni internazionali.

Si consiglia la lettura dell’interessante report ISTA sul futuro demografico del Paese. 

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