IRAQ. LE ELEZIONI POLITICHE DOPO DAESH

Moqtada Al Sadr

Muqtada Al Sadr

Una interessante analisi dei risultati delle elezioni politiche irachene che possono influenzare enormemente la situazione attuale mediorientale, soprattutto con la predominanza degli sciiti.  Ben analizzata la differenza di posizione dei due più potenti imam sciiti, Alì al Sistani, di origini iraniane ma residente a Najaf da lunghissimo tempo, e Khamenei, iraniano.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

1.Le elezioni politiche in Iraq

Le quarte elezioni nel Paese, da quando nel 2003 fu rovesciato Saddam Hussein, si sono svolte il 12 maggio scorso dopo la sconfitta dello Stato Islamico.

Ci sono state cinque liste sciite, tra le quali quella del premier Haider al-Abadi, il suo predecessore Nuri al-Maliki  e l’ex ministro dei trasporti, Hadi al-Hameri, che ha stretti legami con i Guardiani della Rivoluzione iraniana.

Sono stati molto ridimensionati curdi, per le misure di ritorsione adottate dal governo centrale dopo il referendum sull’indipendenza del settembre scorso.

Altra novità è la più alta autorità religiosa sciita Al Sistani, che ha esortato gli elettori a rimuovere i corrotti e gli incapaci in un paese classificato tra i più corrotti dal mondo.

Il parlamento iracheno a 329 seggi, 88 dei quali sono destinati alle donne, il 27% e altri 9 alle minoranze religiose.

Uno degli aspetti che ha condizionato di più la politica irachena negli ultimi 15 anni è l’influenza dell’Iran in Iraq, perché con la rimozione e esecuzione di Saddam Hussein, gli Stati Uniti cominciarono a appoggiare in Iraq governi guidati da sciiti, come la maggioranza della popolazione irachena.

Di fatto le milizie sciite sono state decisive per sconfiggere lo Stato islamico e ora puntano a diventare la coalizione più votata del Paese.

Quella che rappresenta le milizie sciite si chiama Fatah e è guidata da Hadji al Amiri, leader della potente milizia Badr, con stretti legami con le Guardie rivoluzionarie, potente corpo militare iraniano, molto vicino agli ultraconservatori. Le altre due coalizioni sono Nasr, guidata dall’attuale primo ministro Haidar al Abadi, e Dawlat al Qanum, guidata dall’ex primo ministro iracheno Nuri al Maliki, ritenuto responsabile di politiche settarie nei confronti della minoranza sunnita irachena, una delle cause della diffusione di Daesh. Infine, i cosiddetti “ sadristi”, i sostenitori del religioso sciita iracheno Muqtada Al Sadr, ora unito con il partito comunista iracheno, storica forza politica laica.

  1. Quali sciiti vinceranno?

Se a prevalere dovesse essere il partito di Hadi Al Amiri, cioè quello dei “puri” legati a Teheran, Trump e Netanyahu potrebbero cominciare a avere seri problemi. I servizi segreti israeliani e quelli americani già sanno che una delle prime mosse di Al Amiri, se diventasse primo ministro degli iracheni, sarebbe quella di dare il benservito alle truppe americane. Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti, i sauditi e gli agenti di Gerusalemme hanno distribuito dollari a destra e a sinistra per comprare i voti con l’obiettivo di confermare al potere il premier uscente, Al Abadi, sciita di ferro. Il terzo incomodo è l’ex capo del governo Maliki.

Il Dipartimento di Stato di Washington è arrivato al punto di preferire anche una possibile affermazione dell’imam Muqtada Al Sadr, che guida un’alleanza sciita “multicolore”.

In Libano, gli sciiti del “Partito di Dio”, cioè Hezbollah, hanno vinto le elezioni, mettendo americani e israeliani sulla graticola. E se proprio il Libano, il Golan e la Galilea sono le nuove frontiere dell’immane conflitto tra iraniani e israeliani, la Siria rischia di diventare il campo neutro, dove si stanno facendo le prove generali di una guerra che potrebbe avere conseguenze devastanti per tutti, a cominciare dal mercato dell’energia, che subirebbe contraccolpi pesanti da una possibile chiusura dello stretto di Hormuz e del Golfo Persico.

  1. I primi risultati

A sorpresa, il giorno 14 maggio, la strana alleanza sadristi-comunisti ha vinto le elezioni parlamentari. La coalizione “Sairoun” (In cammino insieme), guidata dal  leader religioso Muktada Al Sadr è il primo partito, seguita dalla coalizione Fatah  (conquista), raggruppamento delle unità di mobilitazione popolare, ovvero le milizie sciite filo iraniane. Solo il terzo favorito, il premier uscente Al Abadi, ora si dice pronto a collaborare con il vincitore per formare un governo stabile.

Il popolo iracheno è stanco, spossato: solo il 44,5% degli iracheni andato a votare.

Al Sadr, accantonato da anni l’esercito del Madhi, protagonista della resistenza sciita all’occupazione degli Stati Uniti, ha vestito i rassicuranti abiti del leader nazionale, anti settario, attento alle condizioni sempre peggiori della classe operaia e delle fasce più povere della popolazione, da cui l’alleanza con una forza centenaria, laica e marxista, il Partito Comunista iracheno.

La commissione elettorale, intanto, rende noti i risultati parziali del voto: con 54 seggi su 329, Sairoun  è in testa, seguito da Fatah, con 47, e la lista Nasr (vittoria) di Al Abadi con 42. Al quarto posto il suo predecessore, Nuri al Maliki, considerato il principale fautore delle divisioni interne e della marginalizzazione della comunità sunnita. I “sadristi” si sono presi Baghdad, dove il premier è solo quinto. Le milizie fasciste prevalgono invece nel sud del paese, nelle città sciite di Bassora e Kerbala.

Al Sadr, seppur sciita, non è filo iraniano E lo stesso dicasi per Al Abadi. Allo stesso tempo però è stata premiata la compagine filo iraniana guidata da Al Ameri, quelle milizie cui il popolo riconosce un fondamentale ruolo nella liberazione da Daesh, legate a filo doppio alla Repubblica islamica: armate addestrate dalle unità di élite delle Guardie rivoluzionarie, sono state direttamente gestite dal potente generale Suleimani.

Di certo ci vorrà del tempo per mettere insieme i 165 seggi necessari a formare una maggioranza. Senza dimenticare il Kurdistan iracheno: secondo i dati parziali, primo partito è il KDP di Barzani con 25 seggi, secondo il PUK di Talabani con 15, e terzo, con 6, l’opposizione di Gorran che già denuncia irregolarità nei distretti curdi.

Muqtada al Sadr promette di liberare l’Iraq dalle ingerenze straniere, Iran incluso, mentre la coalizione Fatah, pur legata alla brigata sciita Badr,  è molto vicina a Teheran.

Muqtada al Sadr non concorre però per la carica di Primo Ministro e da questa intricata situazione politica è improbabile la nomina del premier in tempi brevi.

Non può mancare la citazione di Suhad al Khateeb, una insegnante e attivista per i diritti delle donne e dei poveri, comunista che vive a Najaf. Più di Al Sadr è lei lo specchio dei risultati delle parlamentari irachene del 12 maggio. Da donna, comunista e femminista, ha vinto un seggio in una città insospettabile, quella santa dello sciismo, cuore della teologia e del potere politico degli sciiti, sede della moschea di Alì, quarto Califfo e capostipite della corrente.

  1. Shahid (martiri) a Bagdad.

Un martire ha colpito la sera del 23 maggio, dopo la rottura del digiuno del settimo giorno del Ramadan, quando le famiglie riescono a godersi la città. Si è fatto esplodere un mercoledì notte nel quartiere sciita di al Shula  di Baghdad, all’ingresso dell’affollato parco Saqlawiyah: 15 morti e 19 feriti, fra i quali bambini.

Il giorno dopo rivendica la strage Daesh, già responsabile il 16 maggio di un altro attacco a Tarmiyah, con un attentatore che si era fatto esplodere a un funerale, uccidendo sette civili.

Nel frattempo, da giorni Al Sadr incontra i leader di tutte le liste rappresentate in Parlamento, sciite, sunnite, arabe e curdi (eccezione fatta per l’ex premier Al Maliki), facendo immaginare una coalizione ampia, tecnica, ma di ricostruzione nazionale con l’attuale primo ministro. Contestualmente, Al Sadr ha tenuto a precisare di non aver avuto contatti segreti con l’Arabia Saudita e di non aver sentito rappresentanti degli Stati Uniti; un punto forte della lista Sairoun, formata da “sadristi” e Partito Comunista, in aperto rigetto delle interferenze straniere. Si profila dunque un esecutivo largo, che usando le parole del religioso “non sia sunnita, sciita, arabo o curdo ma un autentico governo iracheno con un’opposizione costruttiva in un pacifico processo politico”.

Il 24 maggio, come riporta l’Agenzia Nova, la seduta parlamentare, che avrebbe dovuto certificare i risultati elettorali, è stata annullata per il mancato raggiungimento del numero legale.

  1. Al Sadr nel conflitto tra Al Sistani e Khamenei.

Al Sadr, malgrado non abbia mai raggiunto il più alto livello dell’istruzione nelle” ulum diniyya”(le scienze religiose), è figlio di Mohammed Sadek Al Sadr, una delle personalità più rispettabili tra gli sciiti, assassinato a Najaf, nel 1999 e cugino del celebre imam Mussa Al Sadr, il fondatore in Libano  della ‘”Lega dei diseredati”, scomparso nel nulla durante un viaggio in Libia, che avrebbe dato origine  il movimento Amal, organizzazione militante della riscossa sciita nel Paese dei Cedri.

Al Sadr, nella sua azione politica, fa riferimento alle differenze  tra lo sciismo iracheno e quello iraniano E più di tutto, alla differenza fra il pensiero dell’ayatollah Alì Al Sistani di origine iraniana ma da decenni a Najaf, la città santa sciita in Iran, e la Guida Suprema e ayatollah iraniano Alì Khamenei.

Alì al Sistani,  di 88 anni, e Alì Khamenei, di 79, sono i successori, rispettivamente, di Mohsin Hakim e Khomeini, e, nonostante il dialogo che esiste fra i due, essi sono portatori di filosofie diverse. Khamenei, sulla base del velayat-e-faki,che lo accredita dell’interpretazione autentica e corretta della sharia, sovrintende a ogni azione del Parlamento, comanda le forze armate e il suo parere è definitivo sulle questioni centrali in politica estera e interna dell’Iran. Al contrario, Alì Al Sistani si tiene lontano da qualsiasi ruolo politico diretto in Iraq, anche se le sue opinioni sono tenute in grande considerazione. Muqtada al Sadr, aldilà dei suoi calcoli politici, fonda il suo nuovo approccio nazionalista almeno in parte sulla convinzione che la scuola ideologica irachena, rappresentata da Alì Al Sistani, è più seguita e considerata dagli sciiti nel mondo rispetto a quella iraniana. Tuttavia Al Sistani è molto anziano e la sua morte potrebbe creare un vuoto. I possibili successori sono indicati negli ayatollah Muhammed  Ishaq al-Fayad e a Basir Hussein al-Najafi, tutti residenti nella città santa di Najaf.

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Ayatollah Alì al Sistani

Ayatollah Alì al Sistani

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