GAZA E LA SUA DISPERATA SITUAZIONE.

GAZA E LA SUA DISPERATA SITUAZIONE.

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Quella di Gaza è una situazione sempre più disperata. Notizie di oggi 18 maggio: sarebbe stato riaperto per il Ramadan il valico di  Kerem Shalom, forse anche per le pressioni internazionali…attendiamo gli eventi …con speranza.

 Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini                   

  1. L’attacco ai Gazawi.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, mentre con gli ospiti americani e diplomatici di quattro Paesi dell’Unione Europea inaugura la sua nuova ambasciata ad Arnona, nella periferia meridionale di Gerusalemme, a 50 chilometri dalla Striscia di Gaza,  elogia i suoi soldati che nella Striscia uccidono una sessantina di palestinesi, quasi tutti ragazzini,  e ciò che non hanno fatto loro l’hanno completato droni, aerei e mezzi corazzati.

In particolare, un drone israeliano ha sganciato 8 ordigni lacrimogeni sopra la tenda, posta nel quartiere di Zeitun, a Gaza city.

Gli uccisi non vengono indicati in uomini, donne e bambini ma come “terroristi”, a qualsiasi età, dai 14 ai 30 anni. E non importa che i palestinesi uccisi e i 2271 feriti fossero disarmati, ad accezione di tre che, secondo il portavoce militare, cercavano di piazzare un ordigno sotto le barriere fra Israele e Gaza.

La narrazione israeliana parla di accampamenti di tende eretti per la “Grande “Marcia del Ritorno” iniziata il 30 marzo nella fascia orientale di Gaza non sarebbero altro che ”basi di lancio” di attacchi alle barriere  e di preparazione di attentati, che in realtà non si sono visti.

Si tratta invece di punti di riunioni per migliaia di civili, per le famiglie, situate a parecchie centinaia di metri dalle recinzioni.

  1. La narrazione israeliana.

Quello che non dice Israele è che l’esercito israeliano ha a disposizione nuovi “mezzi di dispersione” delle manifestazioni, come i cannoncini che sparano, in pochi secondi, decine di candelotti a grande distanza e droni che dall’alto sganciano i lacrimogeni sui manifestanti che si avvicinano alle barriere  e anche su quelli che stanno molto indietro.

Questo anche se lo stesso esercito israeliano dice che non ci sono state violazioni alle frontiere durante le manifestazioni e in ogni caso non hanno esitato a sparare “secondo le regole d’ingaggio” contro chi si avvicinava nel pieno rispetto.

In merito, il leader israeliano proclama che “Hamas vuole distruggere Israele” e a nulla vale il fatto che circa 2 milioni di palestinesi vivano praticamente il loro ergastolo a Gaza in meno di 370 chilometri quadri, assediati da 11 anni da cielo, mare e terra, senza risorse di acqua, elettricità, lavoro, speranze.

Negli ospedali c’è il caos, anche se, con materiali sanitari esauriti, nel piccolo ospedale di Al Awda, nel Nord di Gaza, sono state soccorse circa 150 persone, tra cui molti in gravi condizioni, essendo stati colpiti all’addome o al torace o al collo. Tutto il sistema sanitario è al collasso.

In tale contesto, Jared Kushner, genero di Trump e inviato speciale per il Medio Oriente per il dossier israelo-palestinese, afferma che “le manifestazioni di Gaza sono parte del problema e non della soluzione”.

Lo stesso Kushner, interviene con un suo discorso alla cerimonia di 81 minuti con cui gli USA inaugurano la loro ambasciata a Gerusalemme tra le proteste palestinesi. Il presidente americano invia invece un suo videomessaggio di 2 minuti e mezzo:” Gerusalemme è la capitale di Israele, che è uno Stato sovrano e ha diritto di stabilire la capitale dove vuole” ignorando che, sin dal 1948, Gerusalemme ha una posizione internazionale, da rispettare per le tre religioni monoteistiche. Infine, ribadisce la volontà americana di “facilitare un accordo per una pace duratura e di sostenere lo status quo dei luoghi santi di Gerusalemme”.

Patetico, a tarda sera, il brevissimo commento del presidente palestinese Abu Mazen che definisce l’inaugurazione dell’ambasciata a Gerusalemme “l’apertura di un insediamento coloniale americano” e dopo qualche altro giorno richiama dagli USA il suo inviato.

Dall’altro canto, il portavoce dell’esercito israeliano annuncia la sua “verità”:   alcuni giovani palestinesi prigionieri dell’esercito hanno “confessato” che Hamas riceve denaro dall’Iran per fomentare i pericolosi disordini  e una “minaccia alla sovranità israeliana”.

Inoltre, già nei giorni scorsi, nel discutibile “giorno di Gerusalemme”, alla tradizionale Marcia hanno partecipato numerosi militanti dell’estrema destra religiosa: sono risuonati i soliti slogan tipo “morte agli arabi” di chi festeggia l’inesistente “unità” di Gerusalemme. Il frenetico nazionalismo fondamentalista, la retorica ipocrita rispetto alla sede diplomatica, non debbono distrarre dal punto di vista più problematico: i signori della guerra vogliono trascinare i Paesi areali – e non solo – in un nuovo conflitto.

  1. Ma come è Gerusalemme?

La città “eternamente unificata” è in realtà profondamento divisa. Il 40% della sua popolazione è palestinese e abita quartieri che ricordano aree impoverite del Sud del mondo. Centomila palestinesi vivono in un campo di rifugiati nella città; oltre centomila sono obbligati a superare posti di blocco dell’esercito e della polizia per arrivare al lavoro; ottantamila bambini non possono andare a scuola perché tutta l’infrastruttura è fatiscente. Il peggioramento della situazione, giorno per giorno, mira alla fine,  ad allontanare i palestinesi dalla città.

Il fatidico “muro di sicurezza”, che dovrebbe separare Israele dai Territori Occupati, passa anche per la città e l’ ”unità” retorica non può nascondere questo ostacolo alla vita normale dei palestinesi.

Ma qual’è l’effettiva gravità dell’apertura dell’ambasciata a Gerusalemme? In primo luogo, occorre capire che sia Trump sia Netanyahu cercano di portare avanti l’obiettivo della guerra contro l’Iran. In realtà Il leader israeliano non ha alcuna intenzione di arrivare alla pace fra Israele e palestinesi e adesso, con l’appoggio dei regimi arabi più reazionari della regione e con l’alleato americano, può arrivare a una guerra contro l’Iran.

Nel frattempo, dal 30 marzo scorso, data d’inizio della Grande Marcia per il Ritorno, a oggi sono stati uccisi 97 manifestanti, compresi 12 bambi, e ne sono stati feriti 12.271, di cui 6.760 sono stati ricoverati e di questi 3.598 (il 53%) sono stati colpiti con proiettili.

Persino durante la prima notte del mese islamico del Ramadan, l’aviazione israeliana attacca con violenza sei – presunte – postazioni del movimento Hamas in tutta la striscia di Gaza, in particolare nei pressi di Beit Lahiya, nel Nord-Ovest della Striscia. L’onda d’urto è stata talmente forte da far tremare gli edifici sul lungomare di Gaza City, a chilometri di distanza.Numerose ma non ancora conosciute le uccisioni dei raid israeliani.

Le forze armate israeliane  sostengono di avere attaccato “quattro obiettivi in un compound militare, compresi edifici e altre infrastrutture” e altri tre obiettivi in un “impianto di produzione di armi”.

Gli israeliani sostengono che si è trattato della risposta al fuoco aperto da una mitragliatrice palestinese contro velivoli israeliani – con ogni probabilità droni – che però avrebbe colpito un’abitazione nella cittadina israeliana di Sderot, adiacente a Gaza. Nelle ore precedenti, ci sono stati altri attacchi israeliani in reazione, secondo il portavoce militare, a raffiche sparate dai palestinesi.

Nonostante le condanne internazionali e le ripercussioni diplomatiche – come lo scontro duro in atto con la Turchia – per la strage in atto contro i palestinesi dal 30 marzo durante le manifestazioni disarmate e popolari a ridosso delle ulteriori barriere di demarcazione tra Gaza e Israele – che assedia la Striscia di Gaza da 11 anni da cielo, terra e mare – il governo israeliano continua ad accusare Hamas di avere inscenato, in queste ultime settimane, proteste con decine di migliaia di civili palestinesi alla scopo di compiere attentati e atti di violenza, che in realtà non vi sono state.

Inoltre, il blocco di Gaza non sarà mai rimosso da Israele, malgrado le organizzazioni umanitarie continuino a lanciare l’allarme sulla situazione nella Striscia.

In particolare, l’Ong internazionale Oxfamdenuncia in un comunicato che 11 anni di blocco da parte di Israele hanno causato il collasso delle infrastrutture e dei servizi di base per circa due milioni di abitanti intrappolati nella Striscia, in maggioranza profughi, ormai allo stremo. La situazione umanitaria è disperata – avverte l’Ong – e quasi la metà della popolazione non ha cibo a sufficienza, con un tasso di disoccupazione arrivato oltre il 40% e circa 23.550 persone sono ancora senza casa dalla guerra israeliana del 2014.

“Il valico Kerem Shalom, uno dei pochissimi punti di accesso per i beni e gli aiuti in entrata e uscita da Gaza, dopo essere stato danneggiato negli scontri recenti, al momento è chiuso o aperto solo per il passaggio di pochissimi beni essenziali”, ha detto Paolo Pezzati, policy advisordi OxfamItaliaper le emergenze umanitarie. “Andando avanti così – ha aggiunto – la popolazione rimarrà presto senza carburante, vitale per l’irrigazione dei pochi campi rimasti, che possono permettere alla popolazione di non morire di fame, così come per la desalinizzazione dell’acqua marina, da cui dipende l’accesso all’acqua potabile del 90% della popolazione di Gaza”.

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Abu Mazen e Trump....quando dialogavano...

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