STATI UNITI, IRAN E IL TRATTATO SUL NUCLEARE E TRUMP

STATI UNITI, IRAN E IL TRATTATO SUL NUCLEARE E TRUMP

 

L'ayatollah Ahmad Khatami

L’ayatollah Ahmad Khatami

E’ indubbio che l’elezione di Donald Trump porterà qualche ‘cambiamento’ nella politica americana ma è bene attendere e vedere quel che realmente succederà. Le nomine effettuate dal Presidente eletto USA fanno però riflettere.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Esponenti dell’Unione Europea e degli Stati Uniti d’America sono in allerta sul futuro della storica impresa che il 14 luglio 2015 consentì al Gruppo “5 + 1” (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU più la Germania) e l’Iran di firmare l’accordo sul nucleare di Teheran per uso civile. E non a caso.

L’ 8 novembre il risultato delle elezioni presidenziali negli USA è a favore del repubblicano Donald Trump ed è dichiarato presidente eletto.

Gli europei spiegano che l’accordo, frutto del lavoro di molti anni, favorisce non solo le parti ma tutti perché è stata finalmente trovata una soluzione politica ed evitato un’altra potenziale guerra. Contestualmente, ammettono che l’accordo è un ordine esecutivo e che, come tale, può essere revocato dall’eventuale ordine esecutivo di segno opposto.

I dirigenti statunitensi confermano le dichiarazioni degli europei e che, in effetti, il presidente eletto può rifiutarsi di implementare l’accordo. Aggiungono che Trump potrebbe anche rallentare i tempi per porre fine alle sanzioni economiche iniziate nel 2006 e parzialmente tolte a gennaio 2016.

Spiegano gli americani che già a metà del mese prossimo il Congresso potrebbe votare la proposta di legge del repubblicano Bill Huizenga mirante a impedire la vendita, autorizzata a settembre dall’ Amministrazione Obama per la vendita di 80 aerei Boeing all’ Iran-Air.

Chiaramente, un’eventuale rinegoziazione dell’accordo scatenerebbe il caos politico in Iran e rafforzerebbe le componenti più radicali che non hanno mai creduto alla lealtà di americani ed europei.

Peraltro, se Trump dovesse adottare una posizione di rottura sin dall’inizio del mandato provocherebbe un vero e proprio terremoto alle elezioni presidenziali iraniane previste fra otto mesi. La scossa politica non si fermerebbe solo all’Iran ma avrebbe un effetto domino sconvolgente per l’intera regione.

Sul punto, va rammentato che sin dal giugno scorso, l’ayatollah Ahmed Khatami, delegato dalla Guida Suprema Khamenei a svolgere la preghiera del venerdì, immediatamente reagisce alle sgradite dichiarazione di Trump sull’Iran.

Nel corso della preghiera, Khatami dichiara che ”Trump dovrebbe chiedere rispettosamente scusa al popolo iraniano… per averlo definito terrorista nella sua campagna elettorale” aggiungendo e, non a caso, che “non dovrebbe giocare con la coda del leone”.

Nella stessa sera, gli fa eco il ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif. Il ministro conferma il pieno impegno al rispetto dell’accordo, ma “se qualcuna delle altre parti non lo rispetterà ci sono altre opzioni a disposizione della Repubblica Iraniana”.

Ad attendere gli sviluppi dell’iniziale erosione dell’accordo sono anche interessati l’Arabia Saudita e Israele, ormai alleati di ferro, e soprattutto nemici acerrimi dell’Iran:

  • il Re saudita Salman perché ne teme l’egemonia nella regione a danno dei sunniti e il consolidamento di quella “mezzaluna sciita” a guida iraniana attraversante la regione con Iraq, Siria, Libano di Hezb’ Allah, Yemen, i movimenti sciiti nei territori palestinesi e anche nel Consiglio di Cooperazione del Golfo. Il timore è tale che intanto è in contatto con il Pakistan per predisporre un adeguato deterrente atomico;
  • il premier israeliano Netanyahu vorrebbe subito l’azzeramento dell’accordo per mantenere l’egemonia dell’atomica in Medio Oriente e ha più volte e chiaramente sostenuto da oltre un decennio che l’Iran è vicino alla realizzazione dell’atomica per distruggere Israele.

Quale è la situazione intanto a Washington ? Le prime nomine e/o candidature suscitano non pochi interrogativi sul futuro prossimo a livello mondiale. Il presidente eletto sta formando il suo governo e scegliendo le persone di sua fiducia.

Alla CIA, Trump chiama come prossimo direttore Mike Romeo, che in un articolo al settimanale neo-conservatore “The Weekly Standard” dichiara: “Non vedo l’ora di smantellare questo accordo disastroso” con il più grande Stato sponsor del terrorismo del mondo”.

E’ probabile anche la nomina del generale dei marines James “Mat Dog” Mattis (Mat Dog = cane pazzo) alla guida del Pentagono.

Il generale ha lasciato in anticipo il servizio nel 2013 da comandante del Central Command per disaccordi con l’Amministrazione Obama proprio riguardo all’accordo con l’Iran.

Dal suo canto, l’Iran non sta a guardare.

In attesa della svolta americana e del possibile smantellamento dell’accordo accelera l’acquisto di armamenti e tecnologie a Mosca e Pechino.

Con la Russia è vicino a concludere un contratto di 10 miliardi di dollari per la fornitura di caccia Sukoi 30, carri armati T- 90, artiglieria, elicotteri e velivoli d’attacco Mi-35 o i più moderni Ka-52 oppure Mi-28, già collaudati dalla Russia in Iraq e Siria.

Secondo “Analisi Difesa”, Mosca avrebbe consegnato nei mesi scorsi i sistemi di difesa aerea a lungo raggio S-300 ordinati dall’Iran nel 2007, in base a un contratto da 800 milioni di dollari, ovviamente all’epoca bloccati dagli USA che aveva in corso le sanzioni economiche in danno dell’Iran.

Occorre sottolineare che, secondo l’accodo del 2015, l’Iran è soggetta fino al 2020 all’autorizzazione ONU anche per l’acquisto di armamenti convenzionali. Gli anni dell’embargo internazionale però hanno imposto all’Iran di sviluppare la sua industria militare per aggiornare i mezzi a disposizione e oggi è in grado di produrre missili balistici con raggio fino a 3 mila chilometri. Sul punto non mancano le preoccupazioni di USA ed EU.

Gli USA sono “preoccupati” anche se il contratto Mosca-Teheran rappresenta meno di un decimo delle forniture di armi statunitensi acquistate dalle monarchie arabe del Golfo, e non solo rivali dell’Iran ma impegnati da quasi due anni nella devastazione dello Yemen e della popolazione nel silenzio complice della comunità internazionale e restano impuniti nonostante i continui allarmi delle istituzioni preposte alla tutela dei diritti umani e al soccorso nei teatri di guerra.

In questo contesto, non può mancare l’EU che – anche essa – si dice “preoccupata” per i continui test balistici iraniani, mentre l’Iran sottolinea che “i test balistici rientrano nel programma difensivo dell’Iran, che non è alcun modo negoziabile”.

Intanto l’Iran il 21 novembre firma un nuovo accordo di cooperazione militare con la Cina per addestramenti congiunti “per combattere congiuntamente la minaccia terroristica”.

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