PALESTINA. I FATTI E LA TESTA

PALESTINA. I FATTI E LA TESTA

Marwan Barghouti

Marwan Barghouti

Il problema israelo-palestinese diventa sempre più complesso e la sua soluzione si allontana. Leggendo questa analisi di un esperto ci si chiede con amarezza se ci potrà mai essere una soluzione! Sperare sì…ma…

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

A metà aprile di questo anno, Marwan Barghouti, parlamentare e segretario di Fatah in Cisgiordania, dal carcere israeliano dove è detenuto dal 2002 ha lanciato un appello ai leader politici affinché oltrepassino le divisioni e curino per gli interessi della popolazione.

L’appello è stato accolto come di consueto da tutti i palestinesi, da Gaza Streep alla West Bank. Ma non dai politici.

Cosa è successo e che sta avvenendo in seno all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), Fatah, il Partito del Presidente Mahmoud Abbas, e il movimento islamico Hamas?

I fatti presentati nel 2015 con i dati del 2014.

Il Rapporto annuale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) comunica a fine marzo 2014 che a Gaza le Forze di Sicurezza israeliane uccidono 2.312 palestinesi, di cui 2.256 gazawi durante i bombardamenti del luglio/agosto e 56 residenti in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Altri due sono uccisi da civili israeliani.

I feriti sono: 17.125, di cui oltre 11 mila a Gaza e 6.028 in Cisgiordania e Gerusalemme Est.

Le aggressioni e i danneggiamenti alle proprietà causate dai coloni sono 101.

Israele imprigiona 5.258 palestinesi, compresi 327 in detenzione amministrativa, che non prevede accuse, né processo né diritto di difesa, né durata detentiva, e 185 minorenni.

I Palestinesi uccidono 85 israeliani: 66 durante la guerra a Gaza; 4 civili, compreso un minore, in Israele; 15, in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Sono ben 87 le aggressioni subite dagli israeliani da parte dei palestinesi.

A causa della guerra a Gaza, il numero degli sfollati è di 100 mila persone, che vivono nei ricoveri delle Nazioni Unite, in tenda o in roulotte. Sono distrutte completamente 9.465 case, altre 9.644 sono gravemente danneggiate e 98.421 lo sono lievemente. Gaza necessita della costruzione di 100 mila unità abitative.

L’Area C della Cisgiordania sarebbe dovuta tornare sotto controllo dell’ANP secondo gli Accordi di Oslo del 13 settembre 1993 ma è rimasta sotto controllo di Tel Aviv che in questa area ha demolito 1.215 case e a Gerusalemme Est 98.

Nella stessa Area, IDF (Israel Defence Forces) e Amministrazione Civile, che gestisce i territori occupati nell’Area, demoliscono 118 strutture realizzate da Paesi europei e confiscano 25 strutture di tipo umanitario (cisterne d’acqua, articoli d’igiene, forniture sanitarie) donate dalle Organizzazioni Internazionali.

Il Rapporto chiede a Israele di cambiare politica e azione e ai Paesi finanziatori delle attività delle N.U. di impegnarsi perché “Gli Stati terzi condividono la responsabilità di garantire il rispetto del diritto umanitario internazionale nei territori occupati palestinesi..”

Nel mese di Aprile 2015 al Rapporto fanno eco l’UNESCO e il Comitato dei Detenuti Palestinesi.

a) L’UNESCO non ha Rappresentanza ufficiale a Gerusalemme Est nonostante la richiesta sia stata inoltrata più volte, a causa dell’opposizione dei delegati pro-Israele, USA e Germania.

L’UNESCO decide di presentare all’Assemblea Generale ONU una Risoluzione contro Israele perché ne sono ancora pendenti due inerenti alla Palestina: una su Gerusalemme Est e una sulla distruzione delle istituzioni educative a Gaza, Betlemme, Hebron.

Risoluzioni nelle quali si criticano: irruzioni dei soldati israeliani nel complesso della Moschea Al-Aqsa del 30 ottobre 2014; devastazione del Portali nella Moschea di Qibli; chiusura e divieto di restauro opposto da Israele per il Portale di Rahma, una delle entrate della Moschea Al-Aqsa; costruzione del Credem Center, centro di accoglienza da costruire vicino alla facciata meridionale di Al-Aqsa; progetto “Liba House” a Gerusalemme; costruzione di nuovi insediamenti, che contravvengono il diritto internazionale.

UNESCO raccomanda alla 197° Assemblea Generale ONU di usare l’espressione “Palestina Occupata” per riferirsi allo Stato Palestinese riconosciuto dall’ONU. La decisione UNESCO è accolta dalla Giordania.

b) Nella ricorrenza della “Giornata del Prigioniero” dichiarata il 17 aprile 1974 dal PLO, il 17 aprile del 2015 il C.D.P. diffonde i numeri del tema, escludendo il periodo 1948 -1967: 850 mila detenuti dal 1967 al 15 aprile 2015, di cui 15 mila donne e decine di migliaia di minori, con picchi negli ultimi 4 anni in cui si registrano 3.755 minori arrestati.

Arresti e procedure violano il diritto umanitario: i detenuti sono torturati fisicamente e psicologicamente; dal 1967, 206 detenuti sono morti in carcere: 71 per le torture subite, 54 per mancanza di cure mediche e 81 uccisi dai soldati.

Attualmente, sono rinchiusi 6.600 detenuti di cui 480 condannati all’ergastolo, 30 in carcere da prima degli Accordi di Oslo (13 settembre 1993), 500 in detenzione amministrativa, 24 donne, 14 parlamentari, tra cui Marwan Barghouti, 200 minori.

La situazione attuale

In Cisgiordania, dall’inizio di aprile le IDF arrestano a Nablus, Qalqilya e Jenin 49 persone, presunti militanti del movimento islamico Hamas.

L’obiettivo è l’annientamento del movimento islamico in Cisgiordania dopo aver devastato Gaza per oltre 50 giorni per interrompere il processo di riconciliazione tra l’Autorità Nazionale Palestinese e Hamas iniziato nell’aprile 2014 con la formazione di un Governo di unità nazionale. Riconciliazione in realtà mai avvenuta.

Il movimento è isolato a Gaza, con il solo supporto finanziario del Qatar sin dal 2012, dopo l’allontanamento dalla “mezza luna sciita” con la rottura dei rapporti con Siria e Iran per puntare sulla Fratellanza Musulmana, che poi sarà sconfitta con le elezioni in Marocco e Tunisia e deposta in Egitto con il colpo di Stato del luglio 2013.

A Gaza Hamas sta perdendo il controllo del territorio dove si sviluppano gruppi islamici radicali di matrice salafita e vicini all’Islamic State of Iraq and Sham (ISIS).

Le tensioni tra Hamas e ISIS, secondo il sito arabo al-Monitor, cominciano a febbraio 2015 e sono evidenti ad aprile quando Hamas arresta 7 militanti di ISIS per l’uccisione di un leader della milizia Akfan Beit-al-Maqdis, legata ad Hamas, nel campo profughi di Yarmouk, a 8 km da Damasco.

E’ possibile l’unità palestinese? Le colpe di ANP, Fatah e Hamas.

Sulle responsabilità di ANP, Fatah e Hamas si concorda con l’analisi del saggista Abdalhadi Alijla secondo il quale si tratta di uno scontro di potere e non di divergenze ideologiche.

(A) Hamas, vincitore delle elezioni politiche del 2006,crea un Governo di unità nazionale ma non riesce a governare per gli ostacoli posti:

  • dall’intera Comunità Internazionale e dal “Quartetto” per il Medio Oriente (Russia, Stati Uniti, Unione Europea e Nazioni Unite), che, tranne la Russia, definiscono il movimento “un’organizzazione terroristica” e chiedono il riconoscimento di Israele e il disarmo della componente armata;
  • la stessa ANP che con il suo movimento Fatah reprime in Gaza e Cisgiordania il movimento.

L’anno successivo, i Servizi di Sicurezza Interna, guidati da Mohammed Dahlan, esponente di Fatah e vicino a Mahmoud Abbas, Presidente dell’ANP, fa uccidere membri delle più influenti famiglie di Gaza e decine di militanti salafiti e del Jihad Islamico Palestinese.

(B) Alla notizia che Dahlan sta richiamando centinaia di uomini addestrati dagli USA in Giordania ed Egitto, Hamas prende di forza il controllo del territorio, distrugge il Palazzo Presidenziale e Istituzioni dell’ANP e uccide decine di militanti di Fatah.

Inizia in questo modo la cesura fra Gaza, guidata da un Governo islamico non riconosciuto, e Cisgiordania il cui il Presidente dell’ANP forma un Governo d’emergenza durato illegittimamente dal 2005 sino alla riappacificazione dell’aprile 2014. La crisi inter-palestinese causa quasi 178 morti.

Lega Araba, Giordania, Egitto e Arabia Saudita tentano di mediare fra i contendenti che si riuniscono più volte al Cairo e alla Mecca senza raggiungere un accordo.

In realtà Hamas realizza che USA e UE inviano fondi direttamente all’ANP; addestrano e armano le Forze speciali di Dahlan incaricato di contrastare con ogni mezzo il movimento islamico; favoriscono il blocco della Striscia di Gaza da cielo, mare e terra organizzato da Israele; finanziano il comparto sicurezza della Cisgiordania che coordina con Israele le campagne di arresti.

Gli errori di Hamas.

Il primo è che l’attacco ai siti presidenziali dell’ANP costituisce, di fatto, un colpo di Stato.

Il secondo è che, una volta arrivato al potere, inserisce i suoi militanti nella Polizia e nei servizi pubblici locali e crea nuove Istituzioni governative con organici e strutture elefantiache.

La gestione della Pubblica Amministrazione richiede ingenti risorse finanziarie e Hamas non è in grado di reintegrare i dipendenti di ANP e Fatah, come viene richiesto nel corso degli colloqui di mediazione.

E soprattutto Hamas non accetterà mai un ritorno delle Forze obbedienti all’ANP che operavano prima del 2007 perché l’ANP, sostenuta da arabi e Israele, mira al disarmo del movimento islamico.

La Striscia sopravvive a devastanti operazioni militari di Israele nel dicembre 2008/gennaio 2009 e novembre 2012 che causano migliaia di morti e la distruzione delle infrastrutture dell’area. L’anno successivo Hamas consente a un Ministro dell’ANP di visitare Gaza perché manca di risorse finanziarie non più assicurati dai precedenti canali.

Tre fattori determinano questa situazione.

Innanzitutto, la decisione di abbandonare la Siria nel 2012 accusando il regime di aver commesso atrocità, indispettisce l’Iran che smette di finanziarli.

In secondo luogo, il blocco imposto da Israele, il colpo di Stato in Egitto e la chiusura dei tunnel di Rafah che collegano Gaza all’Egitto e con il contrabbando consentono la sopravvivenza di 1,7 milioni di abitanti della Striscia, impediscono ad Hamas il pagamento degli stipendi ai dipendenti.

Il terzo e più preoccupante fattore è che alla fine di aprile Israele ammette che il comandante militare delle Brigate Ezzedin al Qassam, Mohammed Deif, è sfuggito all’”omicidio mirato” programmato durante il bombardamento di Gaza nell’estate 2014 dall’aviazione che ne aveva ucciso la moglie e una figlia.

Contestualmente, da Tel Aviv filtrano notizie di preparativi per un altro attacco a Gaza.

La difficile situazione di Hamas è evidenziata da:

  • incontri fra esponenti del movimento con il loro più feroce nemico, Mohammed Dahlan, rivale del Presidente Mazen che lo ha espulso da Fatah e dai Territori Palestinesi e accusato di crimini e persino dell’uccisione di Arafat;
  • contatti, dall’agosto 2014, con l’Iran, che potrebbe riprendere i finanziamenti all’ala militare del movimento;
  • richiesta saudita ad Hamas di entrare nella coalizione sunnita in via di formazione con Turchia ed Egitto e già attiva nello Yemen contro gli Houthis e l’Iran.

I Fatti di oggi.

Il Presidente dell’ANP sospende le elezioni previste negli Atenei dopo la vittoria a Bir Zeit, a pochi chilometri da Ramallah, della lista studentesca islamica con 26 seggi contro i 19 di Fatah, 5 del Fronte per la Liberazione della Palestina e 1 ai tre Partiti di sinistra.

La Polizia dell’ANP continua ad arrestare chiunque sia sospettato di essere militante o simpatizzante di Hamas, proseguendo la cooperazione di sicurezza con Israele, di cui il Consiglio Centrale del PLO da mesi chiede l’immediata interruzione.

Hamas ricambia con intimidazioni e arresti dei rivali di Fatah negli Atenei di Gaza e una Corte sospende i risultati delle elezioni del Sindacati degli Avvocati vinte dalla lista di Fatah.

La delegazione governativa con alcuni Ministri recatasi giorni fa a Gaza è stata isolata in un Hotel presidiato da forze di sicurezza senza poter incontrare liberamente rappresentati di altre forze politiche.

Il giorno dopo, da Ramallah il Premier Rami Hamdallah richiama i Ministri.

Questione della contesa è il rifiuto dell’ANP di assorbire e pagare i 40 mila dipendenti del disciolto Governo di Gaza.

La sorte delle 40 mila famiglie non interessa all’ANP, come non interessa il mancato inizio dei lavori per la ricostruzione della Striscia di Gaza. Almeno fino a quando nella Striscia comanderà Hamas.

Di fatto, come più volte scritto, il cammino per la liberazione della Palestina è finito con la morte del Presidente Yasser Arafat e l’unico possibile successore, Marwan Barghouti, è in carcere dal 2002.

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Mohammed Dahlan

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