13 APRILE 2016: NEGOZIATI A GINEVRA ED ELEZIONI POLITICHE IN SIRIA

Bashar al-Assad

Bashar al-Assad

Oggi le elezioni politiche in Siria. Un quadro della situazione.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il 13 aprile, in coincidenza con la ripresa del secondo round negoziale a Ginevra sulla crisi siriana, sono previste in Siria le elezioni presidenziali annunciate dal presidente Bashar Assad nello scorso mese di marzo.

La situazione in Svizzera a Ginevra e in Siria rimane ad alto rischio di fallimento.

Mentre l’inviato ONU, Staffan de Mistura, svolge incontri a Teheran e Damasco, le opposizioni riunite nell’Alto Comitato per i Negoziati (HNC) hanno già comunicato la loro presenza ma la delegazione governativa damascena prevede di raggiungere Ginevra il giorno successivo, dopo le votazioni.

L’unica certezza è che i Paesi occidentali del Consiglio di Sicurezza ONU, su richiesta di Turchia e USA, hanno posto il veto sulla proposta russa di includere i kurdi siriani di Rojava nei colloqui che sarebbero dovuti essere inclusivi.

Al tavolo negoziale l’ONU include invece gruppi islamisti legati al Fronte Al- Nusra, come Jaysh al-Islam e Ahrar al-Sham, in sostanza terroristi.

Sul fronte armato, la ripresa di Palmira da parte dell’esercito governativo supportato dall’aviazione russa non suscita alcuna eco in seno a quella comunità internazionale che ne ha pianto la precedente conquista e la devastazione ad opera di Daesh.

Sempre alla vigilia dei programmati eventi in Svizzera e Siria, Daesh vendica la caduta di Palmira riprendendo la città di al-Rai, lungo il confine turco-siriano, area usata per rifornirsi di armamento e inviare rinforzi ai militanti impegnati ad Aleppo.

Inoltre, non lontano da Palmira la chiesa siriana ortodossa comunica che ventuno siriani cristiani sono stati decapitati da jihadisti di Daesh ad al-Qaryatain.

Rimangono attive comunque le truppe governative e l’aviazione russa che preparano una massiccia campagna militare con due obiettivi :

  • liberare Aleppo e attaccare tutti i gruppi armati che non hanno rispettato la tregua, a cominciare da Daesh e al-Nusra e senza risparmiare la c.d. “opposizione moderata” che occupa una parte di Aleppo e durante le settimane di tregua ha continuato ad attaccare l’esercito governativo;
  • riprendere al-Qaryatain, centro strategico per l’avanzata verso Est, Deir Zor e il confine con l’Iraq.

Instancabili sono anche le forze armate della Turchia che, membro NATO e parte della Coalizione anti-Daesh a guida USA, privilegia la guerra ai curdi e attacca, dopo Cizre, Sur, Nusaybin, Silvan e Hakkari, anche Silopi, vicina ai confini siriano e iracheno.

Altri fronti sono: nel resto del Kurdistan turco, da Diyarbakir a Nusaybin; nel Nord iracheno, sulle montagne di Qandil, nel Nord della Siria, contro Rojava; nel Sud Est della Turchia, con l’utilizzo del coprifuoco e dell’artiglieria pesante, causa la morte di oltre 300 civili e distrugge città costringendo oltre 350 mila persone a fuggire, secondo i dati della Turkish Human Rights Foundation.

L’obiettivo dichiarato dallo stesso presidente Erdogan, è la continuazione di “una campagna militare indiscriminata” e “ritiro della cittadinanza ai curdi”.

Il governo turco trova appoggio anche nel partito nazionalista MHP, il cui leader richiede la sospensione dell’immunità parlamentare per i deputati considerati vicini al PKK (in altri termini, si riferisce al partito di sinistra pro-curdo HDP) e “la distruzione del distretto meridionale di Nusaybin”.

Cosa sta accadendo?

In realtà i Paesi coinvolti nella crisi siriana hanno agende diverse e confliggenti.

Mentre la Russia dà priorità all’eliminazione della minaccia terroristica, gli statunitensi non accetteranno mai di eliminare Daesh senza liberarsi anche di Assad.

In altri termini, per gli Usa Ginevra serve solo a formare un’autorità centrale che gestisca quei territori impedendo al regime di Damasco di partecipare al processo decisionale.

Si torna al progetto della divisione del Paese, come accaduto nelle guerre scatenate in Yugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Mali ed è in corso nell’area sahelo-sahariana.

Nel caso della Siria, fin dall’inizio, copiando il modulo utilizzato in Libia, l’obiettivo è quello di creare una regione sunnita e filo-USA, che includa anche i curdi cui andrà conferito uno status che ne preservi la nazionalità.

Gli USA non hanno fretta di raggiungere una soluzione politica fino a quando non verrà eletto il nuovo presidente anche perché in questa fase transizionale, con la prossima scadenza del mandato del presidente Obama, le scelte della diplomazia non sono in linea con quelle dell’intelligence, ma spesso in contraddizione.

Dal suo canto, la Russia e i suoi alleati sono pronti a seguire un percorso diverso rispetto a quelli delineati a Ginevra e Vienna, dando vita a un blocco regionale filo-sciita, fuori dal controllo USA, che ne possa limitare il tentativo di contenere Iran e Russia e diminuire il ruolo della NATO nella regione.

Il vero obiettivo di Mosca è insomma quello di preservare la sua sicurezza, quella che gli USA vorrebbero sottrargli con l’estensione della NATO, le sanzioni e la presenza sempre maggiore nel Pacifico.

Ma chi aiuta Daesh?

Fatti: a marzo 2016, la polizia spagnola sequestra un container nel porto di Algeciras (Cadice) e altri due in quello di Valencia.

Il primo contiene abiti usati, come dichiarato in dogana, negli altri due la polizia trova un’imballatrice, 5 tonnellate di grano in balle e 20 mila uniformi militari nuove di zecca.

L’ultimo container arriva dall’Arabia Saudita, pronto a essere imbarcato per la Turchia per poi raggiungere la Siria.

L’operazione di polizia completa quella del precedente febbraio, quando sette immigrati vengono arrestati con l’accusa di appartenere a una rete di appoggio a Daesh in diverse località della Spagna, tra cui Ceuta e Alicante.

Il capo dell’organizzazione sarebbe Amminar Termanini, siriano di Aleppo, arrivato in Spagna nel 2012 dopo aver vissuto in diversi Paesi europei. In Spagna crea l’azienda “Tigre Negro S.L.”, specializzata nell’import-export di tessuti tessili. Dietro la copertura dell’invio di aiuti umanitari Termanini realizza diverse spedizioni in Siria, dove di reca spesso.

Sul suo profilo Facebook, aveva postato sue foto con armi automatiche in diversi punti della Siria, fra cui Idlib, area sotto il controllo del Fronte al-Nusra. Le intercettazioni telefoniche rivelano che Tarminini era passato da al-Nusra a Daesh.

La parte finanziaria delle operazioni era probabilmente affidata a Mohamed Abu El Rub Karima, nativo giordano che per reperire i fondi si avvaleva dell’Hawala, il tradizionale sistema islamico basato sulla fiducia che permette di movimentare danaro senza lasciare tracce di transizioni bancarie.

La mente del gruppo sarebbe Nourdine Chitar Allal, imprenditore marocchino residente in Spagna e presidente della Moschea di Cocentaina. Grazie ai suoi contatti in Turchia, si occupava di rimuovere eventuali ostacoli.

Tra i presunti complici vi sarebbero anche: lo spagnolo Simòn Richard Lucas, né jihadista né convertito, ma imprenditore senza scrupoli, pronto per ogni tipo di affari.

La rete di Tarminini non solo inviava uniformi a Daesh ma gestiva qualsiasi loro richiesta, come, per esempio, reperire un tipo di fertilizzante non commercializzato in Spagna e che serviva per fabbricare esplosivi.

Secondo gli inquirenti, per contrastare efficacemente Daesh non basta trarne in arresto i militanti ma occorre tagliarne i finanziamenti e bloccare le rotte di approvvigionamento.

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