Dalle “Primavere Arabe” all’espansione jihadista…2

Dalle “Primavere Arabe” all’espansione jihadista…2

La mappa della penetrazione del terrorismo islamico in Africa e Medio Oriente (Inter University Center for Terrorism studies, Potomac Institute for Policy Studies).

La mappa della penetrazione del terrorismo islamico in Africa e Medio Oriente (Inter University Center for Terrorism studies, Potomac Institute for Policy Studies).

La seconda parte dell’analisi omnicomprensiva dei risultati certamente deludenti delle primavere araba che più volte su questo sito nel passato abbiamo definito come …autunni se non inverni arabi…

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Dalle “Primavere Arabe” all’espansione jihadista:Al Qaeda, l’Islamic State e la minaccia del “terrorismo fai da te”

[1] Parte Seconda

(La prima parte di questo saggio è stata pubblicata ieri 22 febbraio 2016)

5 – La funzione mediatica degli attacchi in Occidente ed i reali obiettivi dei gruppi jihadisti

Ora, tornando al nostro discorso, è ovvio che in questa competizione tra AQ e IS la pubblicità sia fondamentale: è una battaglia che i due network del terrore conducono infatti principalmente sul piano mediatico, lanciandosi l’un l’altro accuse per screditare il rivale e diffondendo proclami e messaggi sempre più accattivanti per attrarre nella propria sfera il maggior numero di giovani ed ottenere la leadership della galassia jihadista. Dobbiamo considerare che in questo contesto ogni attacco spettacolare contro quelli che vengono additati come “infedeli”, con il consueto shock dell’opinione pubblica occidentale che fa da cassa di risonanza, procura sicuramente nuove dichiarazioni di fedeltà da parte di gruppi terroristici sparsi per il mondo, provoca defezioni in altri, fa aumentare combattenti e simpatizzanti. Tutto ciò, tra l’altro, nel caso dell’IS procura anche nuove forze che gli consentono di consolidarsi anche sul terreno, acquisendo un più stabile controllo sulle terre dell’autoproclamato Califfato.

Si attacca l’Occidente, dunque, per prevalere sui nemici interni all’Islam, ottenere l’egemonia sulla ummah e, naturalmente, costringere l’Occidente a non ostacolare la ricostituzione di quel Califfato che storicamente manca dalla fine delle Prima Guerra Mondiale, quando le Potenze vincitrici, in sede del Trattato di Sèvres, perseguirono assetti regionali nel Vicino e Medio Oriente che rendessero impossibile il ripetersi di una minaccia agli interessi occidentali simile a quella causata dall’Impero Ottomano nei cinquecento anni precedenti, in modo che non vi fosse, in quella parte del mondo, alcuno Stato forte in grado di diventare una potenza a livello internazionale. L’intera area venne infatti suddivisa in una serie di Stati tra loro di eguale potenza e spesso con la popolazione fortemente divisa tra una comunità sunnita ed una sciita, oltre a numerose altre minoranze religiose, creando un’instabilità di cui ora stiamo pagando le conseguenze, e alimentando una voglia di ricostituire il Califfato che ha visto storicamente alternarsi nell’area numerosi tentativi, promossi sia dal nazionalismo arabo laico che dall’estremismo religioso.

La ricostituzione del Califfato è di fatto il fine ultimo tanto per AQ quanto per IS, organizzazioni che spesso si pensano diametralmente opposte, ma che in realtà hanno molte più cose in comune di quanto si possa immaginare, ad iniziare da finalità e nemici. Entrambe rifiutano i valori occidentali, che vedono come rovina del puro Islam e mirano a cacciare gli infedeli dalle loro terre e ricreare il Califfato. Le differenze principali sono pertanto solo nelle modalità con cui si perseguono i medesimi obiettivi e nelle metodologie utilizzate. Non dimentichiamo, infatti, che sin dal 2005 è noto alla stampa un progetto di AQ diviso in sette fasi che ha come scopo finale la costituzione di quel Califfato che comunemente si pensa proprio solo delle mire di IS. Le fasi che aveva previsto AQ, e che IS sembra rispettare anche dal punto di vista temporale, erano quelle del risveglio, dell’apertura degli occhi, della sollevazione e fierezza, del collasso dei regimi islamici dell’area, della dichiarazione del Califfato, del confronto totale e della vittoria finale. Quanto ai nemici, sia AQ che IS ne hanno tre: gli sciiti, i governi musulmani apostati perché amici degli occidentali e, in terza battuta, ripeto, solo in terza battuta, l’Occidente.

Ora ovviamente questa è invece purtroppo l’unica cosa che l’opinione pubblica occidentale vede, ma va tenuto presente che il terrorismo è soprattutto la conseguenza delle tensioni interne, nasce da quanto detto sino ad ora, ed è principalmente la manifestazione di questa lotta per la supremazia all’interno del mondo islamico, oltre che naturalmente la risposta agli attacchi che l’Occidente compie contro le citate organizzazioni terroriste e la vendetta per le gravi violazioni di cui esso si macchierebbe secondo le interpretazioni più radicali di Islam.

6 – Il terrorismo e l’Occidente: le minacce e i rischi reali

Si tratta di un terrorismo che oggi costituisce un rischio reale anche a casa nostra, di noi Occidentali: sia perché, come abbiamo visto, in questa lotta per prevalere sulle altre organizzazioni terroriste ognuna di loro cerca visibilità, sia perché tale visibilità genera quello che definiamo “terrorismo fai da te”[1].

Ma dobbiamo quindi distinguere tra minaccia e rischio: se è vero che organizzazioni come AQ e IS nei loro comunicati minacciano direttamente l’Occidente, il vero rischio è quello che viene dall’imprevedibilità dei “lupi solitari”, siano essi homegrown terrorist radicalizzatisi in Occidente o foreign fighter di ritorno dai teatri di crisi. Sempre più spesso agiscono “in branco”, con gruppi composti da entrambe queste tipologie di soggetti, a volte direttamente manovrati da AQ o IS, mentre in altre si registra la mancanza di un collegamento diretto con una specifica organizzazione centrale, richiamandosi gli attentatori tanto ad AQ quanto all’IS, o come si è visto recentemente sia in Francia che negli Stati Uniti, ispirati da IS ma utilizzando manuali messi in rete da AQ o obiettivi da essa indicati.

E quello che spinge tali giovani all’azione è spesso proprio il sentirsi divisi tra due mondi, quello occidentale e quello musulmano, sentendosi in parte estranei da entrambi, e quindi non più totalmente parte di nessuno. Due mondi che, ricordiamo, sono semplicemente diversi: non esiste un sistema giusto o sbagliato, ogni cultura ha propri valori e principi, che ha sviluppato storicamente con lunghi processi e che non debbono essere imposti. Il lavoro principale da fare (affianco a quello della prevenzione e repressione del fenomeno terrorista) è pertanto nel senso dell’integrazione di questi giovani in Occidente, ove debbono essere accettati e devono a loro volta accettare i nostri valori, così come l’Occidente deve rispettare a casa loro valori che non sono sbagliati, ma semplicemente diversi, senza provare ad imporre quelli che noi abbiamo sviluppato nei secoli. E’ il malessere di migliaia di giovani che dobbiamo comprendere e prevenire per far sì che non venga strumentalizzato dai leader di Al Qaeda o da quelli dell’Islamic State. Inoltre, un rapporto più stretto, nei nostri Paesi, con le Comunità islamiche locali è quindi una necessità assoluta: solo con l’ausilio di queste comunità è possibile evitare il rischio che la radicalizzazione dei giovani diventi un fenomeno di massa.

[1] Si veda QUADARELLA SANFELICE DI MONTEFORTE Laura, Il terrorismo “fai da te”. Inspire e la propaganda online di AQAP per i giovani musulmani in Occidente, Aracne Editrice, Roma, 2013.

Le opinioni espresse sono personali dell’Autrice, e non corrispondono necessariamente alla posizione dell’Amministrazione presso la quale lavora.

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I confini...peraltro in movimento del cosidetto Stato Islamico (IS)

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