Perché a Ramadi c’è stata sconfitta per l’esercito iracheno? Un ritorno sulla scena: Muqtada Al Sadr e l’Esercito del Mahdi…La strategia della Coalizione sarà rivista il prossimo 2 giugno a Parigi?
Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini
I terroristi dell’IS conquistano in Iraq la regione di Ramadi il 19 maggio e in Siria Palmira (21 maggio), patrimonio mondiale protetto dall’UNESCO e centro geo-strategico situato lungo l’autostrada da Homs a Deyr az Zor che taglia il Paese sulla direttrice Ovest-Est sino alle province orientali sotto il controllo di IS e milizie di opposizione al regime.
Obiettivo dei jihadisti è l’allargamento a Ovest per attaccare le roccaforti di Bashar al-Assad:
zona costiera da Aleppo a Latakia, ancora controllata dal Governo, e regione di Qalamoun a Sud-Ovest, da poco riconquistata da libanesi di Hezb’Allah e unità speciali iraniane.
Solo una settimana prima la Coalizione anti-IS a guida USA annunciava l’indebolimento del Califfato per la (presunta) inabilità del leader al-Baghdadi a causa di gravi ferite, le recenti sconfitte subite a Kobane, Tikrit e Qalamoun, e le uccisione di Abu Alaa al-Afri e Abu Sayyaf, indicati come successori del leader.
E’ inarrestabile l’attacco del Califfato? In realtà no.
Dopo le vittorie a guida iraniana a Tikrit e Qalamoun, senza che la Coalizione statunitense fornisca alcun supporto aereo, per la battaglia di Ramadi gli USA impongono all’Iraq l’arretramento delle milizie sciite irachene coordinate da quelle iraniane sempre vittoriose e non solo a Tikrit.
La prima linea è assunta dal debole Esercito governativo e dai volontari sunniti che con armamento insufficiente e poco numerosi abbandonano armi e campo consentendo a IS di conquistare Ramadi e le vicine città di Baghdadi e Karmah, essenziali per il transito dell’armamento ai soldati iracheni.
Per quanto riguarda Palmira, la presa di Ramadi e il mancato coordinamento della Coalizione con la Siria depotenziano l’impegno militare di Damasco e a nulla valgono i 18 raid aerei delle ultime 24 ore.
La singolare strategia della Coalizione sarà oggetto del Vertice del 2 giugno a Parigi, dove sarà presente anche il Primo Ministro iracheno Haidar al Abadi.
Gli ultimi eventi.
Mentre gli statunitensi promettono di inviare armi ai militari iracheni, gli sciiti hanno già inviato sessantamila combattenti a Ramadi e riappare sul campo Muqtada al-Sadr e il suo (mai sciolto) Esercito del Mahdi in difesa del centro sciita di Karbala, ove sorge la moschea dedicata al massacro di Hussein, figlio del Profeta Maometto, e i suoi 300 uomini nel 680 D.C… La furia anti-sciita di IS non si ferma neppure davanti all’Arabia Saudita, dove rivendica l’attentato (21 maggio) a una moschea sciita che causa 20 morti e oltre 100 feriti.
In attesa del Vertice d Parigi, la Coalizione anti – IS rimane attiva su altri fronti di guerra con ricadute negative sull’intera regione.
Per quanto riguarda la Siria, ritorna la priorità della caduta del regime che, dopo 4 anni di guerra pilotata da interessati attori, il Segretario di Stato USA John Kerry aveva dichiarato a fine aprile “parte della soluzione”.
A sei settimane dall’inizio della guerra nello Yemen, l’Arabia Saudita, supportata dall’Intelligence USA e dalla Coalizione anti-Houthi (sciiti), continua a bombardare installazioni, infrastrutture, aeroporti, Istituzioni statali, basi dell’Esercito degli Houthi oltre a imporre un assedio per terra, mare e cielo.
Non c’è alcuna reale aspettativa di accordo politico, come dimostrano il fallimento del Vertice del 17 maggio, convocato paradossalmente a Riyadh dove gli Houthi non si sono presentati, e il disinteresse per l’iniziativa di pacificazione proposta sin dall’inizio dell’attacco dall’Iran.
Il Libano entra nel secondo anno senza riuscire a nominare il nuovo Presidente a causa di una pervasiva presenza di gruppi riferentisi ad Al-Nusra e a IS mentre riprende vigore la campagna anti-Hezb’Allahh condotta dall’ex Premier Saad Hariri, rientrato dall’Arabia Saudita.
E nel Governo d’Israele circolano notizie su iniziative armate contro la Striscia di Gaza ed in Libano contro Hezb’Allah per impedirvi il flusso di armi.
Dall’Iraq, il Presidente della Provincia del Kurdistan Barzani vola a Washington per ottenere l’indipendenza e prova a trovare sostegno nel Congresso che non appare insensibile all’ipotesi di fornire armi direttamente a curdi e sunniti iracheni senza passare dal Governo di Baghdad.
In questo panorama gli USA vendono a Tel Aviv 8 mila bombe “intelligenti”, 14.500 sistemi di guida, 50 bombe bunker busters e 3 mila missili Hellfire per gli elicotteri Apache, oltre a bombardieri Stealth F -35 per garantire la sicurezza di Israele.
IS intanto arriva a Husaiba, non lontano da Baghdad, e utilizza il giornalista britannico John Cantlie, tenuto in ostaggio, come portavoce sulla rivista “Dabiq” per predire un futuro attacco di dimensioni catastrofiche negli Stati Uniti con un ordigno nucleare di provenienza pakistana o con “qualche tonnellata di esplosivo”.
L’ipotesi più probabile è la ripartizione di Siria e Iraq in piccole regioni divise su basi etniche, tribali e religioni, come accade in Libia, e lo stretto controllo di Libano e Yemen da parte dell’Arabia Saudita.
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