CONOSCERE L’SLAM. Qualche nota di base…

CONOSCERE L’SLAM. Qualche nota di base…

(Fonte: BBC)

(Fonte: BBC)

Non è semplice conoscere l’Islam..nemmeno per gli stessi musulmani. L’IS avanza..ha preso Palmyra…avanzata inarrestabile? Scontro di civiltà?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini                   

Numerose organizzazioni islamiste combattenti dall’Africa al Medioriente e all’Asia si richiamano alla dottrina wahabita molto spesso impropriamente.

Il wahabismo fondato da Ibn Mohamed Abdel Wahab nel XVIII secolo si basa sulla dottrina hanbalita, la più radicale delle quattro Madhàhib (scuole dell’Islam sunnita).

Nasce in Arabia Saudita, dove si trovano i due luoghi santi: la Mecca, città natale del Profeta Maometto e sede della Ka’ba, la pietra nera cubica ritenuta l’unico residuo, dopo il diluvio universale, del primo tempio dedicato al monoteismo; Medina, dove Maometto di stabilì e morì nel 632 e dove è sepolto.

Sin dalle origini il Wahabismo indica l’Islam come sfera religiosa distinta dall’ideologia politica e separata dalle Istituzioni statuali, che rispetta purché non interferiscano con gli aspetti religiosi.

Wahabita è quindi un fedele, un “islamico”, un “musulmano” (significa: sottomesso) e “Islam” indica anche luogo di culto, rito e qualsiasi ambito inerente solo alla religione.

La precisazione non è puramente semantica perché indica la prima e fondamentale distinzione con i termini ”islamismo” e “islamista”, che si riferiscono invece alla dimensione politica dell’Islam.

Non a caso, inizialmente il wahabismo, subito alleatosi con la dinastia regnante, non è riuscito a diffondersi oltre la Penisola araba.

Qualcosa cambia nel 1947, alla fine dell’Impero delle Indie con la ripartizione fra India e Pakistan, che confina a Nord con l’Afghanistan dove le locali scuole religiose (Madàris) sono attive sin dal 1867.

Nascono nella città Deoband, a 140 km Nord Est di Dehli, nello Stato di Uttar Pradesh, per ospitare studenti musulmani dopo la vittoria inglese per assicurare una lettura letterale del Corano, da studiare a memoria, e la sharia più ortodossa.

Una panoramica della città di Deoband

Una panoramica della città di Deoband

Gli studenti “deoband” sono ostili al mondo esterno, che ritengono dominato dai “Kafir” (dissimulatori o infedeli) ma rispettano l’Autorità costituita e osservano un sostanziale disimpegno politico.

Il sodalizio con la realtà britannica entra in crisi dopo la Prima Guerra Mondiale, con la separazione India/Pakistan e l’indipendenza di questo ultimo, che diventa teatro dei nuovi orientamenti deoband.

Gli studenti si dividono in un’ala ortodossa che rimane fedele alle Istituzioni e un’ala politica di rigida opposizione alla nuova leadership ritenuta filo-occidentale.

Questa seconda formazione trova il suo punto di riferimento nel radicalismo internazionalista di Abu al-Mawdudi, fondatore nel 1941 della Jama’at at-i Islami.

Il Pakistan diviene l’esempio palmare della rapida wahabizzazione dell’ala radicale deoband con la proliferazione esponenziale delle madàris durante la dittatura di Mohammed Zia—ul- Haq, che rovescia il Presidente Zulfikar Alì Bhutto, fondatore dell’omonima dinastia politica e padre di Benazir.

Il Presidente Zia istituzionalizza la sharia nelle sue forme più rigide e l’Arabia Saudita coglie l’occasione per espandere il wahabismo finanziando le ‘madàris’ (scuole coraniche) nell’intero Paese e oltre.

Con la prima guerra afghana (dicembre 1979/febbraio 1989) e con l’ ”Operazione Ciclone” iniziata di Jimmy Carter e Zbigniew Brzezinski avviene un profondo coinvolgimento delle ‘madàris’ taliban (studenti) nella zona tribale fra Pakistan e Afghanistan. I Taliban vengono mobilitati e armati per contrastare i sovietici in Afghanistan, come avviene per i mujahideen.

All’epoca Osama Bin Laden è incaricato dall’intelligence saudita guidata dal principe Turki al-Feisal di organizzare i combattenti con armamento e addestramento a cura della CIA in Pakistan.

La “guerra dei 10 anni” è seguita dalla seconda guerra afghana fra il Governo comunista di Najbullah e i Taleban che lo sconfiggono e lo uccidono nel 1996.

Tuttora tra le organizzazioni combattenti pakistane la maggioranza si dichiara di matrice wahabita.

E’ scontro di civiltà?

Un libro scritto 10 anni fa da Reza Aslan, saggista iraniano trasferitosi in America (Perché non capiamo l’Islam, ed.Rizzoli) fornisce un fondamentale contributo di analisi.

Eza Aslan

Reza Aslan

Il saggio fornisce una lettura più spirituale della figura del Profeta che, anche a Medina dove realizza una “Costituzione”, ha l’obiettivo di costituire una comunità (Umma) retta secondo criteri di uguaglianza e giustizia e non quello di creare un forte potere temporale.

In atri termini, più una “riforma sociale” che una nuova religione, tanto è vero che solo dopo tre anni di predicazione manifesta un rigoroso monoteismo che riassume nella frase “Non c’è Dio all’infuori di Dio”.

I successori di Maometto, nel caotico periodo per l’inattesa morte, assumono la guida della ampliata comunità e lasciano agli “Ulema” (i dotti)l’elaborazione delle leggi religiose.

Mentre all’inizio le indicazioni degli Ulema si adattavano alle circostanze in mutazione, dopo alcuni secoli irrigidiscono l’interpretazione e realizzano un corpus di leggi dichiarato sacro e immutabile.

In realtà, secondo il saggista Aslan, il messaggio originale dell’Islam era un ideale di giustizia e uguaglianza. In particolare, come le norme che discriminano le donne risalirebbero alla misoginia del Califfo Umar e degli altri Ulema, il concetto del jihad come guerra non solo difensiva sarebbe stato elaborato ai tempi delle crociate e riproposta all’epoca della lotta anticoloniale.   In altri termini, la lettura del Corano e degli Hadit del Profeta sbandierata dai jihadisti di asserita matrice wahabita sarebbe in larga parte frutto di interpretazioni dei dotti e quindi senza il crisma della sacralità.

La posizione del saggista iraniano si iscrive nella vasta tendenza dell’ “interpretazione evolutiva” della sharia, che è in corso da tempo senza che le diverse scuole coraniche abbiano trovato una lettura condivisa.

Di certo, la presuntuosa dichiarazione di fede da parte di combattenti, per la gran parte privi di una reale conoscenza islamica, è stata a più riprese e da più scuole musulmane dichiarata non pertinente all’Islam e fuori dall’Umma, la comunità dei credenti.

La mondializzazione del pianeta presenta crescenti sintomi di disgregazione e contraddizioni e nessun Paese può tenerne sotto controllo l’ordine, inteso come equilibrato /equilibrabile sviluppo sociale ed economico.

Al contrario degli ottimisti della “globalizzazione” convinti da Istituzioni finanziarie ed economiche sulle “magnifiche sorti e progressive” del libero mercato e capitale che si sarebbero disposte in un assetto di naturale reciproco interesse per la razionalità degli attori, è meglio osservare i fatti.

E i fatti dicono che se i soggetti da integrare sono di natura diversa con difformi dinamiche, motivazioni e impulsi non possono essere prevedibili.

I fatti dicono che le previsioni e i programmi di Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e Finanziarizzazione hanno causato una crisi persino peggiore di quella del 1929, con sensibile caduta socio-economica dagli Stati Uniti all’Europa, dall’Africa all’Asia.

E si tratta di conseguenze di quello che globalmente è stato costruito nel tempo.

Quale è la difesa?

E’ uno scontro di civiltà o le continue emergenze sociali, economiche, finanziarie, migratorie sono la risultante di politiche per la monopolizzazione del potere da parte dei Paesi più ricchi che impongono la guerra?

Quella guerra che moltiplica morte, devastazione di Paesi, collasso di interi sistemi economico-sociali, come evidenziano le guerre degli ultimi decenni dal Vietnam al Medioriente.

Le guerre che fanno risorgere partiti e movimenti ultranazionalisti e xenofobi che inculcano la “paura dell’altro”, la disumanizzazione del “nemico” di turno.

E i fatti dimostrano anche che per quanto riguarda la lotta al terrorismo la guerra funge da moltiplicatore del problema e che una guerra “contro l’Islam” come se vi fosse un unico fronte nemico formato dai musulmani che vivono nei paesi occidentali e che in maggioranza sono integrati.

I fatti dimostrano che nel mondo vi sono 1,3 miliardi di musulmani e che le frange terroristiche non solo sono spesso il risultato di scelte inadeguate di Potenze interessate ma costituiscono una minoranza e causano molti più morti e distruzione contro altri islamici che contro gli occidentali.

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Palmyra...ci dovremo accontentare nel futuro di sole fotografie?

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