Brevi riflessioni sull’intelligence Jihadista: i suoi metodi di reclutamento.1.

Brevi riflessioni sull’intelligence Jihadista: i suoi metodi di reclutamento.1.

Il fenomeno dei foreign fighters diventa sempre più pressante e pericoloso. Ma come vengono arruolati. Perché? Un tentativo di analisi.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini 

Nell’ambito delle operazioni condotte dalle Forze della Coalizione, contro le cellule terroristiche dell’ISIS e di Al-Qaeda, non sembra siano stati raggiunti obbiettivi significativi né sul piano militare né tanto meno sul livello intelligence. E’ ormai chiaro che la sola opera di repressione tramite le strategie convenzionali di lotta a fenomeni di insurgency non sono più efficaci. La logistica delle forze jihadiste è sostanzialmente diversa da quella degli eserciti moderni. Pur organizzati come un esercito regolare, le formazioni islamiche riescono ad operare con una flessibilità che la macchina bellica tradizionale occidentale non riesce ad arginare. Questo avviene perché l’esercito Jihadista ha un centro di gravità diverso da quello degli eserciti convenzionali.

La polizia inglese avrebbe individuato il nome di Jihadi John

La polizia inglese avrebbe individuato il ‘vero’ nome di Jihadi John

Dispone, infatti, di un COG (Centro di Gravità) in grado di garantire una flessibilità tale da ovviare a tutti quegli elementi che porrebbero in uno stato di crisi le strutture logistiche di un esercito tradizionale. Le forze di Al Baghdadi sono sostanzialmente diverse da quelle affrontate in teatri come Afghanistan e Iraq. Il soldato Jihadista non è solamente pervaso dall’ideologia Islamica radicale ma probabilmente è a buon diritto (almeno per ciò che riguarda i quadri degli “ufficiali”) un vero professionista della guerra e dell’intelligence. Possiede capacità di combattimento avanzato e soprattutto di occultamento a livello informativo; pertanto a buon diritto possiamo considerarlo un avversario davvero temibile e completo.

Per comprenderne a pieno la determinazione, si pensi che i soggetti reclutati prima di poter combattere sulla linea del fronte, compiono un intenso addestramento non solo fisico ma anche psicologico che è volto a disgregare i principi di autoconservazione fisica e qualsiasi tipo di barriera morale, per poter ricostruire la coscienza e plasmarla secondo quelle che sono le esigenze operative.

Questi processi di ricondizionamento mentale, non sono diversi da quelli utilizzati per estorcere informazioni a soggetti imprigionati. Manuali sugli interrogatori della CIA (Central Intelligence Agency) scritti a cavallo tra gli anni sessanta e ottanta, descrivono come “tecniche coercitive”, quelle usate per ottenere informazioni dai soggetti attraverso un percorso di disgregazione della coscienza del soggetto.

I due manuali della CIA alla quale si fa riferimento sono Human Resource Exploitation Training Manual” del 1983 e il famoso Kubark Counterintelligence Interrogation del luglio 1963. Il Kubark comprende una sezione dettagliata su quello che viene chiamato: “The coercive counterintelligence interrogation of resistant sources”. Le sottosezioni di questo capitolo individuano quelli che sono gli elementi in grado di condizionare un soggetto per abbatterne le barriere morali e renderlo collaborativo. Queste tecniche impiegano elementi quali: le minacce fisiche, la paura, il dolore, e la denutrizione.

cia-document-human-manipulation-kubark-counterintelligence-interrogation-manual-central-intelligence-agency-paperback

cia-document-human-manipulation-kubark-counterintelligence-interrogation-manual-central-intelligence-agency-paperback

Questi principi sono stati studiati alla luce dell’esperienza contro-insurrezionale che la CIA mise in atto durante la campagna Vietnam. Una delle raccomandazioni che viene più volte rimarcata, è la capacità dell’interrogatore di manipolare l’ambiente del soggetto per creare situazioni spiacevoli o intollerabili, interrompendo i modelli di tempo, spazio, e la percezione sensoriale del soggetto. Attraverso un costante utilizzo di questa manipolazione, la coscienza della recluta viene demolita per essere ricondizionata secondo un sistema di valori totalmente inaccettabili rispetto a quelli originali.

Il risultato di questi studi sulla capacità di influenzare il soggetto deriva da un programma dell’agenzia americana durante gli anni sessanta. Inizialmente conosciuto come Project Bluebird (Merlo blu) o Project Artichoke (Carciofo) è stato rinominato come MKUltra (Le due lettere MK costituiscono il criptonimo della divisione tecnica dell’agenzia, mentre la parola Ultra è la sigla che indicava il livello più classificato per l’intelligence durante la seconda guerra mondiale e fu usato perché il progetto derivava da studi nazisti venuti in possesso dell’Ufficio del Servizio Strategico in seguito all’operazione Paperclip).

Il perno attorno al quale ruotava il progetto della CIA era il controllo del comportamento di determinati soggetti attraverso un ricondizionamento mentale che avveniva tramite coercizione fisica e farmacologica. Lo studio era destinato in origine alla creazione di operativi ombra, che sarebbero stati attivati in maniera silente per mezzo d’induzione di stimoli subliminali. I soggetti in seguito all’attivazione avrebbero eseguito un programma che era stato preconfezionato durante il periodo di ricondizionamento. Durante l’adempimento l’io cosciente e la scala dei valori del soggetto sarebbero state momentaneamente in stasi, fino alla fine del compito assegnato. Facile comprendere quale fosse il fine ultimo del progetto durante l’epoca della guerra fredda, cioè la creazione di un sistema d’arma per operazioni di kill targeting.

3837726682_dbb1eb6807Durante la guerra dei Mujaheddin contro i sovietici in Afghanistan le SAD (Special Activites Division) della CIA che hanno formato molti dei quadri ufficiali di Al Qaeda, poi passati con l’ISIS, a seguito della guerra fratricida fra i due gruppi. Questo ha fatto si che i reclutatori jihadisti mettessero in opera sul terreno quanto imparato dai loro istruttori su: interrogatori, propaganda e il ricondizionamento dei combattenti.

Il compito del reclutatore è tra più pericolosi che un combattente sia in grado di eseguire. L’affiliato alla cellula jihadista che si occupa del reclutamento, infatti, più di tutti gli altri membri della falange terrorista, corre i rischi maggiori nell’essere ucciso o imprigionato. A tal fine è bene comprendere che il reclutatore possiede una formazione analitica particolare e non è uno jihadista come gli altri: è in grado di utilizzare quelle che sono le deficienze del sistema per nascondersi al suo interno e sfruttarle come catalizzatore nei confronti dei soggetti individuati. Egli è in grado di comprendere e utilizzare a suo favore quelli che sono gli indicatori sociali che potrebbero invogliare una persona a prendere parte alla jihad.

I marker dei soggetti suscettibili alla radicalizzazione e al ricondizionamento possono essere davvero innumerevoli e variegati. Alcuni di questi possono essere costituiti da indicatori di vulnerabilità quali: necessità di dominare gli altri, avidità, bisogno di difendersi contro le minacce, voglia di avventura e frequentemente patologie psichiche. A questi elementi spesso si aggiunge un orientamento anticonformista, seguito da un livello d’istruzione medio basso. Quest’ultimo aspetto sembrerebbe essere coadiuvato da alcuni case study i quali evidenziano la tendenza al reclutamento nei quadri della truppa di soggetti con un livello d’istruzione basso. I primi soggetti dei test di MKUltra, infatti, erano costituiti da persone dal basso livello culturale. Un soggetto con un background culturale elevato oppone maggior resistenza poiché il suo sistema di valori è ancorato a una solidità scientifica. E’ l’instillazione del dubbio non coadiuvato da una saldezza culturale adeguata a incrinare e far breccia nel sistema di valori di un individuo.

Un altro indicatore di vulnerabilità molto importante è costituito dall’insoddisfazione personale verso un mondo nel quale non si riesce a trovare uno sbocco professionale o si ha una scarsa convinzione in se stessi.

L’agente Jihadista che voglia, con le sue capacità, ottenere la collaborazione di un soggetto per poi reclutarlo segue un modus operandi particolare che non sempre è ripetitivo, ma varia da soggetto a soggetto e dalle capacità empatiche del reclutatore.

(continua)

Bibliografia sintetica per un approfondimento, rintracciabile sul web:

Central Intelligence Agency, Kubark counterintelligence interrogation, Luglio 1963.

Central Intelligence Agency, Human Resource Exploitation Training Manual, Luglio 1983.

United States Joint Force Command, Commander’s Handbook for Joint Support to Distributed Forces Joint Warfighting Center and Joint Concept Development and Experimentation Directorate, 15 Aprile 2011.

Abu Ammar Talut e Al Miqdad Ibn Amr, The compilation of security and intelligence principles, Hizb Tawheed Wal-Qitaal.

©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

Comments are closed.