La debolezza dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP)

La debolezza dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP)

Un’analisi lucida dell’inadeguatezza di una leadership, quella dell’Autorità Nazionale Palestinese                                                                                                                                                                        

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il 16 gennaio, la Corte Penale Internazionale dell’Aja (CPI) ha iniziato l’indagine preliminare sui crimini di guerra commessi nei Territori palestinesi da Israele. La decisione della CPI è avvenuta su domanda di adesione del Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas. La Palestina vi entrerà come membro dal 1° aprile 2015, 90 giorni dopo la consegna della relativa documentazione.

Il Presidente dell'Autorità palestinese

Il Presidente dell’Autorità palestinese

I responsabili palestinesi insieme a consulenti internazionali intendono chiedere che Israele sia incriminato per la colonizzazione di Cisgiordania e Gerusalemme Est, la demolizione di case palestinesi e le devastanti conseguenze sui civili dell’operazione militare che dal giugno 2014 ha condotto contro la Striscia di Gaza e in Cisgiordania. I magistrati dell’Aja faranno un’analisi per verificare se esistono gli elementi per avviare un’indagine su crimini di guerra.

Durante la fase preliminare la CPI esaminerà quanto accaduto in Gaza, le attività di insediamento di Israele, che sono considerate crimini di guerra dalle Convenzioni e risoluzioni internazionali, la demolizione di case palestinesi e gli altri eventi.

Valutatene la consistenza, decideranno se aprire un’indagine o archiviare.

A questo punto, la CPI agirà solo se ne farà richiesta una delle parti. Il Presidente Abbas assicura che chiederà il procedimento contro Israele. Anche il Governo di Tel Aviv potrà chiedere che sia accusata di crimini di guerra l’ANP per aver formato un Governo con il movimento islamico Hamas, responsabile del lancio di razzi contro Israele.

Perché l’iniziativa palestinese, più volte annunziata, viene assunta solo ora?

Nel mese di dicembre 2014, il Presidente Mazen decide di rivolgersi al Consiglio di Sicurezza ONU per il riconoscimento dello Stato di Palestina.

Con la Giordania, viene preparato un documento per il riconoscimento dello Stato palestinese entro il 2016 nei termini indicati dalle numerose Risoluzione di Assemblea Generale e C.d.S. ONU a far data dal 1948. Interviene anche la Francia con una bozza simile a quella giordana con qualche emendamento.

L’ANP rielabora i documenti e decide di presentarne uno che non affronta il diritto al ritorno dei rifugiati e rimane vago su sicurezza e cessazione del blocco di Gaza.

Il 30 dicembre, l’ANP presenta la richiesta, che però non riesce a ottenere i 9 voti necessari dei membri a rotazione del C.d.S. in modo da obbligare gli USA a esporsi opponendo il veto.

Perché Mahmoud Abbas presenta la richiesta pur sapendo che almeno due dei Paesi africani, Nigeria e Ruanda, avrebbero potuto far mancare il nono voto decisivo?

E, infatti, fra i cinque membri permanenti la Gran Bretagna si astiene, gli USA votano contro e fra i restanti è stata la Nigeria a far mancare il decisivo nono voto, precedentemente promesso.

Perché non aspettare due giorni, fino al 1° gennaio, per l’ingresso di Paesi come Angola, Malaysia, Spagna e Venezuela, aperti sostenitori dell’indipendenza palestinese?

Sommerso dalle critiche della popolazione e dalle rimostranze politiche, Abbas assicura che l’ANP ripresenterà una nuova richiesta al C.d.S. e decide di aderire alla CPI.

Questa volta sono Israele e USA a insorgere.

Tel Aviv mette in atto la consueta ritorsione congelando illegittimamente il trasferimento dei 127 milioni di dollari incassati in nome e per contro dell’ANP per tasse e dazi doganali.

Gli USA annunciano la riconsiderazione dell’invio degli annuali 400 milioni di dollari di aiuti.

Negli stessi giorni, Abbas raggiunge i dieci anni di Presidenza, anche se gli ultimi cinque vanno oltre il suo mandato per l’impossibilità dello svolgimento elettorale. Impossibilità che probabilmente sussisterà ancora per il riesplodere della crisi tra Fatah e Hamas

Majid Farraj,

Majid Farraj

Nell’improbabile ipotesi che comunque l’ANP riesca a organizzare la tornata elettorale a Gaza e in Cisgiordania, Abbas ha già dichiarato che non si ricandiderà. E ha da tempo trovato il suo delfino, quello che lo sostituirà. Si tratta di Majid Farraj, militante di Fatah sin da giovane e più volte arrestato per la partecipazione alla 1° Intifada (1987 – 1993).

L’anno dopo gli Accordi di Oslo del settembre 1993, Farraj entra nell’ANP che lo destina alla neonata Intelligence della Cisgiordania di cui diventa Capo nel 2009 per guidare il coordinamento con la sicurezza israeliana e collaborare nell’intera regione mediorientale con la CIA.

L’Agenzia americana gli è riconoscente per il supporto ricevuto in occasione della cattura nell’ottobre 2013 in Libia del leader jihadista di Ansar al Sharia, Abu Anas al-Libi, ricercato dagli USA per gli assalti alle Ambasciate statunitensi di Kenya e Tanzania nell’agosto 1998 (224 morti, migliaia i feriti).

Abu Anas al-Libi

Abu Anas al-Libi

Al-Libi, trasferito dagli stessi statunitensi in America, è deceduto in carcere per cancro il 3 gennaio 2015.

La frequentazione di Farraj con gli USA e Israele aumenta dall’autunno del 2014, quando Abbas gli conferisce l’incarico di negoziatore dell’ANP per i nuovi contatti con Tel Aviv.

Le elezioni nei Territori Palestinesi dovrebbero svolgersi ad aprile, ma più volte rimandate saranno rinviate ulteriormente per l’inadeguatezza dell’ANP a fronteggiare una situazione interna ai limiti del collasso e un contesto internazionale immerso in altre crisi persino peggiori.

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