LA TREGUA. REAZIONI DAL MONDO

LA TREGUA. REAZIONI DAL MONDO

Spesso le reazioni verbali non corrispondono a coerenti comportamenti. La politica internazionale richiede dichiarazioni, allineamenti corrispondenti a interessi nazionali o regionali non sempre dichiarabili. Continuo a ripetere: in questa situazione la ragione esclusiva non è da nessuna delle due parti ….e i torti molto forti da ambo le parti anche per storici errori di una gravità incommensurabile quale quella del mondo arabo, ad esempio, di non voler riconoscere lo stato d’Israele quando fu creato nel 1948 sulla base della famosa e mai implementata Risoluzione 181, che approvava il piano di spartizione della Palestina….                                                                                                                                              

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

La tregua di 72 ore iniziata alle ore 08,00 dell’8 agosto ha consentito a parte dei 400 mila sfollati e rifugiati palestinesi della Striscia di Gaza di rientrare nelle città e villaggi bombardati per oltre un mese da cielo, mare e terra da Israele con un bilancio di 1.886 morti e 9.467 feriti destinato a crescere dopo il recupero dei corpi rimasti sotto le macerie insieme a carcasse di animali.

Più di 400 docenti, di cui oltre 80 italiani, giuristi ed esperti di diritti umani condannano le gravi violazioni dei principi del diritto internazionale e dei diritti fondamentali dell’intera popolazione palestinese. La denuncia chiama Nazioni Unite, Lega Araba, Unione Europea e Stati Uniti ad adottare efficaci meccanismi di accertamento delle responsabilità per i gravi illeciti commessi per gli attacchi indiscriminati contro ospedali, cliniche, centri di riabilitazione per disabili, scuole dell’Agenzia ONU per i rifugiati, civili che costituiscono il 75% delle vittime.

In conclusione, la dichiarazione invita la Palestina ad adire alla Corte Penale Internazionale (CPI) per “investigare i gravi crimini internazionali commessi sul territorio palestinese da tutte le parti in conflitto”. Invito raccolto dal Ministro degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese, Riyad al-Maliki, che incontra rappresentanti della CPI dell’Aja per firmare lo Statuto di Roma con l’obiettivo di avviare la procedura per condannare Israele per crimini contro l’umanità.

Israele non è membro della CPI e non ne riconosce l’autorità ma il Consiglio di Sicurezza dell’ONU può aprire un’inchiesta per verificare se siano stati commessi crimini contro l’umanità.

la Baronessa Sayyeda Warsi (ph. Jan Jones)

la Baronessa Sayyeda Warsi (ph. Jan Jones)

Le iniziative internazionali intanto si moltiplicano. Sayyeda Warsi, prima donna islamica a far parte del Governo britannico, in qualità di sottosegretario agli esteri, si dimette dal suo incarico ritenendo “l’approccio .. dell’Esecutivo durante questa ultima crisi di Gaza .. moralmente indifendibile”.

Dall’Australia le fa eco la Ministra degli Esteri July Bishop che cita le tre scuole dell’UNWRA bombardate da Tel Aviv descrivendo i tre episodi come “indifendibili” e chiedendo un’inchiesta per accertarne le cause.

Il professore Zygmunt Bauman, sociologo polacco di famiglia ebraica e sfuggito all’olocausto riparando in URSS, parla per il caso del confitto israelo-palestinese di utilizzo della “pratica dell’apartheid” nei termini di separazione territoriale e rifiuto del dialogo, sostituito con le armi: due i territori e le strade, quelli per gli israeliani e quelli per i palestinesi; due i sistemi giudiziari, uno per i coloni israeliani illegali e un altro per i palestinesi fuorilegge. Nel caso della caccia ai responsabili del sequestro e omicidio dei tre adolescenti israeliani, l’Esercito ha messo a ferro e a fuoco le abitazioni dei genitori dei sospettati, arrestato 560 persone, eseguiti perquisizioni e sequestri in centri sociali, Università, ONG. Per i sospettati del sequestro del ragazzino palestinese bruciato vivo nulla di questo è successo. Quanto al silenzio di parte della Comunità Internazionale, il professore chiarisce che non esiste “la Comunità Internazionale” di cui parlano americani ed europei. In gioco ci sono soltanto coalizioni temporanee dettate da interessi particolari”. Non dissimile sarebbe la posizione dell’intellettuale Noam Chomsky.

La Spagna ha deciso per ora di congelare l’autorizzazione alla vendita di armi verso il Governo di Israele. Vendita che peraltro rappresenta l’1 per mille dell’export totale delle armi: nel 2013, Madrid ha venduto a Tel Aviv armi per meno di 5 milioni di euro su un totale di circa 4 miliardi di euro di esportazioni belliche, mentre i Paesi del Golfo hanno potuto acquistare armamenti per 2,4 miliardi di euro. La notizia sta nel fatto che per la prima volta la Spagna applica il Trattato Internazionale sul Commercio di armi che prevede la sospensione della vendita a un Paese che non rispetta i diritti umani in maniera unilaterale, senza aspettare il consenso degli altri Paesi dell’UE.

In America latina, il Presidente uruguayano José Mujica chiede “l’immediato ritiro delle truppe israeliane e un cessate il fuoco senza condizioni”.

Il boliviano Evo Morales va oltre e include Israele in una sua lista degli “Stati canaglia” e annulla un Accordo per l’esenzione dei visti con Tel Aviv.

Il Presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, parla per primo di “genocidio” e di “guerra di sterminio che dura da oltre un secolo”.

Non meno duri sono il Capo dell’Equador, Rafael Correa, e il suo omologo del Nicaragua che ha rotto le relazioni con Israele dal 2010, un anno dopo Venezuela e Bolivia.

Cuba, che aveva rotto le relazioni con Tel Aviv nel 1973 dopo la guerra dello Yom Kippur, ha subito preso posizione contro quello che ha definito lo sterminio dei palestinesi.

Argentina, Brasile, Costarica, Perù e Salvador hanno convocato gli Ambasciatori israeliani, mentre manifestazioni si sono ripetute in tutto il continente, mentre si raccolgono aiuti per Gaza e i militanti pubblicano elenchi di marche israeliane da boicottare.

Unico Paese silente resta la Colombia, il cui consulente e alleato dei Governi neo-liberisti è Israele.

Il Presidente iraniano Hassan Rowani e il Ministro degli esteri venezuelano Elias Jaua aprono a Teheran la riunione ministeriale dei Movimenti dei Paesi non Allineati (NAM) sulla Palestina.

L’Iran, presidente di turno, intende attivare le procedure affinché Israele sia perseguito dai Tribunali Internazionali per crimini contro l’umanità e ha invitato i 13 Paesi membri della Commissione NAM per la Palestina a discuterne. Questi chiedono all’ONU di adoperarsi per un immediato cessate il fuoco a Gaza e proteggere i civili.

Il Cancelliere venezuelano Elias Jaua si era spostato al Cairo per negoziare il passaggio degli aiuti umanitari raccolti in Venezuela e coordinare il trasporto dei bambini di Gaza feriti od orfani da ospitare nella casa-rifugio Hugo Chavez, mentre dal Venezuela viene intensificata con toni duri la campagna Bds: Boicottaggio dei prodotti delle Compagnie delle istituzioni culturali e accademiche che traggono profitto dall’occupazione; disinvestimento dai finanziamenti bellici; sanzioni imposte dai Governi contro lo Stato dei coloni e dell’apartheid.

Elias Jaua

Elias Jaua

In Italia vi sono numerose iniziative e posizioni sul conflitto israelo-palestinese.

Un gruppo di “Parlamentari per la Pace”, ritornato il 5 agosto da un viaggio in Israele e Cisgiordania, ritiene “disumane” le condizioni dei palestinesi in Cisgiordania, con check-point che paralizzano le residuali attività economiche e i coloni che molestano gli arabi in tutti i modi. Il Gruppo auspica: embargo delle forniture militari europee a Israele e una Forza di interposizione Internazionale.

Oltre 20 movimenti, associazioni, Onlus e comunità hanno indetto il 5 agosto una manifestazione a Milano chiedendo che: l’Italia smetta di vendere le armi a Israele, ai sensi della legge 185/90 che vieta ogni fornitura militare a Paesi belligeranti; sospensione di Accordi di cooperazione militare; l’Italia, in qualità di Presidente di turno dell’UE, renda l’istituzione promotrice di una politica di pace; la diplomazia internazionale si attivi a tutela di tutte le vittime dei conflitti in corso in Palestina e Israele, Siria, Iraq, Libia, Afghanistan e Ucraina.

La rete “Ebrei Contro l’Occupazione”, associazione indipendente sorta nel 2001, individua gli eventi di Gaza come l’ultimo degli eventi luttuosi degli ultimi 66 anni: l’attacco di uno dei più moderni eserciti del mondo a una popolazione di 1,8 milioni di abitanti di un’area di 364 kmq, fra i quali è presente un numero cospicuo ma non elevato di guerriglieri di Hamas e non solo.

Infine, il Coordinamento Rete Italiana per il Disarmo annota che l’Europa è il secondo fornitore di armamenti e sistemi militari di Israele. Negli ultimi 10 anni Paesi dell’UE hanno concesso licenze per l’esportazione di armi e sistemi militari verso Tel Aviv per un valore di oltre 2 miliardi di euro. L’Italia, inoltre, prevede esercitazioni aeree con Israele nel settembre 2014.

Il tessuto legislativo italiano con la legge 185/90 vieta la vendita delle armi ai Paesi belligeranti.

I razzi lanciati da Gaza hanno fatto relativament pochi danni, finora, anche perché intercettati al 90% dal sistema difensivo “Iron Dome” mentre i bombardamenti nella Striscia hanno causato oltre 1.800 morti e 2.000 feriti, con un alto numero di vittime civili, donne e bambini compresi. Mancano acqua, elettricità, cibo, carburante, medicine in un’area sottoposta dal 2005 a un feroce assedio israeliano.

L’occupazione della Cisgiordania, il 22% della Palestina storica, non è solo militare perché Israele vi ha insediato oltre 600 mila coloni cacciando i palestinesi. Le nuove strade costruite sono accessibili solo ai veicoli con targa israeliana. La terra è sequestrata “per motivi di sicurezza” e l’acqua, razionata ai palestinesi, è data in abbondanza ai coloni.

Questo sembrerebbe essere il proseguimento del piano originale del Sionismo di Theodore Herztl: cacciare la popolazione non ebraica dalla Terra che, secondo la tradizione biblica, Dio stesso promise al Popolo di Israele.

A questa tradizione religiosa si è sovrapposto un altro idolo: il nazionalismo più duro che, nato in Europa, si è diffuso in tutto il mondo e anche in quella terra.

Posizioni, opinioni, valutazioni severe nei confronti di Israele, che si rappresentano senza entrare nel merito ma che certo non meritano il silenzio.

(chiuso il 10 agosto)

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Julie Bishop. Ministro degli esteri dell'Australia

Julie Bishop. Ministro degli esteri dell’Australia

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