TREGUA. FATTI E PAROLE

TREGUA. FATTI E PAROLE

Ripercorriamo quasi giorno per giorno i fatti e le parole. Non si tratta di essere pro o contro uno dei due contendenti…quel che è certo è che ambedue hanno commesso crimini contro popolazioni civili…piaccia o no…e che bisogna spingere affinché l’impegno internazionale (in particolare del ‘mondo arabo’) arrivi a far controllare cellule sciolte che arrecano grave danno alla comunità locale, da una parte e dall’altra! Una solida politica estera…europea e italiana…c’è?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Era l’8 agosto 2014. Scadeva quella mattina alle 08,00 la tregua umanitaria di 72 ore dichiarata da Tel Aviv con la mediazione del Cairo.

Il Valico di Rafah

Il Valico di Rafah

Rimanevano comunque molto distanti le posizioni degli interlocutori. Israele pretendeva il disarmo di Hamas e delle altre formazioni combattenti palestinesi e manteneva le truppe dispiegate lungo il confine con Gaza pronte all’intervento. I palestinesi chiedevano la fine dell’embargo di Gaza iniziato per cielo, mare e terra dal 2006, il ripristino della zona marittima di pescaggio a 12 miglia dalla costa secondo gli Accordi di Oslo, l’apertura dei valichi di Rafah verso l’Egitto e di Eretz verso Israele; la liberazione dei militanti arrestati dopo la vicenda dei tre minorenni ebrei sequestrati e uccisi nel giugno 2014 a Hebron.

Rimanevano su poli opposti anche le rispettive narrative che i contendenti affidano ai media su origine e natura di questa guerra.

Gli egiziani fungono da mediatori fra le parti, che non svolgono colloqui diretti.

Israele potrebbe accettare il controllo del valico di Rafah affidato all’Egitto e all’Autorità Nazionale Palestinese con il compito di impedire il riarmo delle formazioni combattenti.

Nessun cedimento sull’apertura delle frontiere israeliane né sul rilascio dei detenuti e il ripristino del pescaggio a 12 miglia contro le 3 imposte sin dal 2006, l’anno della vittoria di Hamas nella competizione elettorale.

Di fronte alle critiche sempre più pressanti di ONU, Agenzie ONU per i diritti umani ed esponenti di spicco della società civile nel mondo, la campagna mediatica di risposta era iniziata con il Capo di Stato Maggiore Benny Gantz e il Primo Ministro Benjamin Netanyahu.

Secondo il primo, la devastazione dell’intera area è attribuibile ad Hamas che ha esploso oltre 3 mila razzi contro villaggi e città di Israele e 900 dei palestinesi uccisi sono terroristi.

I fatti: aerei, carri armati e artiglieria da cielo, terra e mare hanno raso al suolo 10.750 abitazioni, reso inabitabili altre 5.435 e distrutto il 50% delle infrastrutture, procurando 520 mila sfollati e privando di acqua ed elettricità circa 1 milione di persone. I combattenti uccisi sarebbero 368 e non 900.

Dalle foto satellitari dall’Istituto di Ricerca dell’ONU appare che i bombardamenti hanno colpito indiscriminatamente la popolazione civile, polverizzato Khuzaa, gran parte della vicina città di Beit Hanun, Shujayea, Tuffah, Jalabyah, Rafah e distrutto ospedali, case di cura per disabili, moschee, scuole, siti dell’Agenzia ONU per i rifugiati.

Il Rapporto di Human Rights Watch accusa i militari israeliani di avere sparato sui civili in fuga a Khuzaa.

Per quanto riguarda le vittime, il Premier ne rende responsabile Hamas che ha sparato oltre 3.000 razzi da aree densamente popolate contro Israele.

Nonostante le assicurazioni di Netanyahu nuove condanne sono venute dall’Assemblea Generale dell’ONU dove l’Alto Commissario per i Diritti Umani, Navi Pillary, il Capo dell’Unwra, Pierre Krahenbuhel, e l’Inviato ONU per il Medio Oriente, Robet Serry, sottolineano che il 75% delle vittime sono civili e che fra loro ci sono oltre 400 bambini.

Nello stesso tempo, in un articolo del Foreign Policy, l’ex Presidente e Nobel per la Pace 2002 Jimmy Carter e l’ex Presidente della Repubblica d’Irlanda, Mary Robinson, scrivono che Hamas non può essere eliminata ma se ne deve riconoscere la legittimità come parte ineludibile della popolazione palestinese.

L’articolo, pur condannando la violenza di entrambe le parti, sottolinea che in questa guerra a Gaza “ se tre civili israeliani sono stati uccisi da razzi palestinesi, la grandissima maggioranza dei 1.600 palestinesi erano civile e fra di loro 330 erano bambini” (dati dell’inizio di agosto).

Karter e Robinson scrivono che” non c’è nessuna giustificazione umana né giuridica ..per questa guerra ….Il nuovo Governo palestinese si era impegnato ad adottare tre principi fondamentali: non-violenza, riconoscimento dello Stato di Israele e rispetto degli Accordi già conclusi”.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU svolgerà un’inchiesta sulle dichiarazioni rese all’Assemblea Generale dell’ONU.

(chiuso il 12 agosto)

©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

 Unknown-1

Lascia un commento