SIRIA alle elezioni. OPPOSIZIONE LAICA E JIHADISTI

SIRIA alle elezioni. OPPOSIZIONE LAICA E JIHADISTI

Momento di elezioni in Medio Oriente…dicono i media che Bashir al Assad vincerà….e poi? La Siria rimarrà unita? Se si tocca in confine in quelle zone, saltano tutti i confini stabiliti dopo la Prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

All’inizio di aprile 2014 Stati Uniti, Francia, Arabia Saudita e Turchia in qualità di esponenti del gruppo “Gli amici della Siria” respinsero con forza l’idea diffusa dal regime siriano di organizzare le elezioni presidenziali nel pieno della guerra civile.

E segnalarono la difficoltà degli elettori per recarsi al voto, dei milioni di profughi e sfollati per rientrare nel Paese e dei candidati a sfidare Assad, che comanda da 14 anni Damasco con l’appoggio di Teheran, Baghdad, Mosca e gli sciiti libanesi di Hezb’Allah.

Alle urne anche le donne (foto Al Jazeera)

Alle urne anche le donne (foto Al Jazeera)

Pochi giorni dopo il Ministro per le Informazioni, Omran Zoabi, dichiarò al quotidiano saudita Al-Hayat che le elezioni si sarebbero svolte a giugno 2014, come, in effetti, si stanno svolgendo.

Lo stesso Presidente Assad al Bashar ribadì lo svolgimento delle elezioni all’emittente di Stato russa Itar-Tass per due motivi: il conflitto stava attraversando una fase attiva favorevole all’Esercito governativo; entro la fine del 2014 la guerra dovrebbe aver termine e il Governo, il compito di combattere il terrorismo.

Nel frattempo l’inviato Speciale per la Siria di ONU e Lega Araba Lakhdar Brahimi dopo il fallimento di Ginevra 1 e Ginevra 2 ha rinunciato a convocare la terza Conferenza fra governativi e opposizioni per le perduranti, opposte posizioni.

Da dove trae questa ostentata sicurezza il Presidente siriano? Quale progetto ha per questo Paese con oltre 150 mila vittime, 4 milioni di sfollati interni e 1,5 milioni di profughi all’estero? Quali prospettive sul piano economico con oltre 20 milioni di abitanti sotto la soglia di povertà con meno di 2 dollari al giorno, il 48% di disoccupati e l’84% dell’aumento dei prezzi? Il Presidente Assad crede ancora di avere un sostegno di massa in seno alla popolazione? Qual è stata e qual è la situazione reale e non detta in Siria?

Qualche notizia del passato. Sul piano esterno la guerra mediatica è stata persa dal regime sin dall’inizio delle prime e disarmate manifestazioni che, iniziate a Damasco il 15 marzo 2011, si estesero velocemente a a Dara’a, al confine con la Giordania, Banyas e Tartous lungo le coste del Mediterraneo al Nord del Libano e Homs, affrontate dalla brutale repressione guidata da Maher Assad, fratello del Presidente, e Rami Makhloul, cugino del leader.

Già dai primi giorni, un’emittente e una rete Facebook finanziate da Abdel Karim Khaddam, vice Presidente siriano per 21 anni, in esilio in Francia e in contatto con la Turchia diffusero notizie inesatte e allarmistiche sugli eventi.

Propaganda per Bashir Al Assad (foto Al Jazeera)

Propaganda per Bashir Al Assad (foto Al Jazeera)

Inoltre, mentre focolai di protesta continuavano a estendersi a Oraya, Aleppo, Hama, Qamshli, Ladhiqya e Lakatia, si attivavano le emittenti Al Jazeera del Qatar e Al Arabia dell’Arabia Saudita che presentano bilanci di 150 vittime – 55 secondo Amnesty International – con immediata eco da parte di Rifat, fratello di Hafez Assad, responsabile dell’eccidio di Homa del 1982 con 10 – 20 mila vittime e in esilio dal 1992 in U.K., in contatto con l’emittente Barada TV (un canale siriano basato a Londra). Tra l’estate e l’autunno del 2011 le manifestazioni di protesta disarmata si trasformarono in una rivolta a guida sunnita e armata.

Ad agosto si svolse a Parigi la riunione dell’insorgente opposizione con la partecipazione anche dei Fratelli Musulmani mentre Arabia Saudita, Bahrein e Kuwait ritirarono gli Ambasciatori Damasco. Alla fine dello stesso mese ad Ankara fu formato il Consiglio Nazionale Siriano con 94 membri di cui 42 in Siria, referente dei Fratelli Musulmani.

C’è un’altra opposizione, disarmata, che non chiede il cambio del regime ma diritto a sanità, alloggio, studio, lavoro, libertà con fine delle leggi d’emergenza e liberazione dei prigionieri politici: semplicemente il diritto di essere cittadini e non sudditi.

I manifestanti si dividono in Comitati di Coordinamento Locali, Consiglio Generale della Rivolta Siriana che accorpa quarantasei sigle, Unione dei Siriani Liberi. Una loro Assemblea si riunì a Berlino ed elesse trentadue rappresentanti per l’Europa mantenendo in Siria i restanti quadri del Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico (CNCD) guidato da Haytam Manna, che ne è ancora l’attuale e indiscusso leader.

Al voto (foto EPA)

Al voto (foto EPA)

L’opposizione laica è debole economicamente, non ha rapporti con l’estero e conta un numero non elevato di militanti. Ne fanno parte la Corrente della Sinistra Siriana presente nei quartieri popolari di Damasco, Homs, Aleppo, Der’a e Dir Ezzour oltre al CNCD di Manna con un piccolo gruppo di militanti molto attivo nei primi mesi della rivolta. Il CNCD di Manna tentò una mediazione a novembre 2011 ma era già troppo tardi.

La Lega Araba allora sospese Damasco e con l’appoggio di Giordania e Consiglio di Cooperazione del Golfo impone pesanti sanzioni alla Siria.

Alla fine dello stesso mese la Francia fu il primo Paese della Comunità Internazionale a riconoscere il Consiglio Nazionale Siriano (CNS) come legittimo interlocutore e inviò un team d’intelligence nel Nord del Libano e in Turchia per contatti con il neocostituito Esercito Libero Siriano che sarebbe stato finanziato da U.K., Turchia e, con il placet di USA e Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), invierebbe infiltrati in Siria da una base della Provincia turca dell’Hatay.

Quattro mesi dopo la riunione di marzo 2012 nel Palazzo delle Nazioni Unite di Tunisi che riunì oltre 70 Paesi con la partecipazione del CNS riconosciuto “legittimo interlocutore”, a Istanbul si riunirono i 74 Paesi del gruppo degli “Amici della Siria” che riconobbero il CNS, finanziarono l’Esercito Libero Siriano (ELS) e fornirono logistica e aiuti umanitari.

Solo il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon riconobbe la presenza di Al Qaeda in Siria, confermata dal Premier iracheno Nouri al Maliki secondo il quale l’Islamic State of Iraq avrebbe mandato jihadisti nel Paese.

I media cominciarono a diffondere la notizia del possibile utilizzo da parte della Siria del suo poderoso arsenale chimico di gas, iprite, Sarin, VX, lanciabili con missili balistici a corto raggio. Si scatenò l’inferno con guerra aperta a Damasco e Aleppo, miriade di attentati, oltre 15 mila jihadisti affluiti da Libia, Arabia Saudita, Egitto, Iraq, Libano, Cecenia con armi acquistate in Libia, trasferite in Turchia e distribuite a formazioni combattenti e jihadiste con il supporto finanziario di Arabia Saudita e Qatar.

A tal fine, un Centro di Comando gestito dagli USA, Turchia, Arabia saudita e Qatar sarebbe stato realizzato ad Adana, città turca a 100 km dal confine con la Siria.

Nessuna eco ed esito negativo si ebbe invece per la Conferenza per la Pace proposta nel settembre 2012 dal Comitato di Aytam Manna, raggruppante settori dell’opposizione disarmata all’estero e in patria.

Da questo gruppo è arrivata la proposta di riunire tutte le forze dell’opposizione, laica e religiosa, con due priorità: no all’intervento straniero né all’uso della violenza per un cambio laico del regime in cui siano incluse e rappresentate tutte le forze mantenendo la centralità della resistenza palestinese contro Israele e la difesa della sovranità siriana da qualunque ingerenza straniera.

I Paesi del Golfo intervenuti nella crisi siriana con l’appoggio di U.K., Francia, USA e Turchia sono stati in grado di annichilire mediaticamente e politicamente la resistenza laica. E con le armi dei media contano pure sulle armi delle formazioni di matrice religiosa.

Opposizione armata anche di materiale chimico che presenta diverse componenti in costante lotta fra di loro con migliaia di vittime e in sensibile calo di credibilità nella popolazione per le atrocità, gli abusi, le devastazioni e i saccheggi di cui si rendono responsabili.

I Salafiti sono nel Fronte Islamico Siriano, il più grande movimento islamico, in Ahrar al Sham che è il più forte nel Nord della Siria, a Idlib, Aleppo e Hama, e nell’ELS che conta il maggior numero di disertori (circa 80 mila a fine 2013, tra i diversi gruppi).

La maggioranza dei ribelli sono sotto il controllo del Consiglio Supremo Militare (Supreme Military Council SMC) formato nel dicembre 2012. All’interno e fuori di quel Consiglio Supremo vi sono altri gruppi ribelli.

La più grande formazione ribelle all’interno è il Fronte di Liberazione Islamico che ha raggruppato altre formazioni sino ad arrivare ad 80 mila combattenti, sostenuto da Riyadh.

Al di fuori dell’SMC vi sono i jihadisti qaedisti del Fronte al Nusra guidato da Abu Mohamed al Juliani che ha giurato fedeltà ad Ayman al Zawahiri leader di Al Qaeda, e lo Stato Islamico dell’Iraq e dello Sham diretto da Abu Bakr al Baghdad recentemente espulso da Zawahiri per inosservanza della strategia qaedista.

Se nel Paese Assad ha perso il controllo di gran parte delle zone settentrionali e orientali in mano a forze ribelli e jihadiste, lungo il confine con il Libano la situazione è diversa perché l’Esercito siriano aiutato da Hezb’Allah ha scacciato gli oppositori dall’area di Damasco e da quelle centrali: che le elezioni si svolgano o no si combatte per la spartizione della Siria…

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Vincerà?

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