SIRIA. DIPLOMAZIA E GUERRA

SIRIA. DIPLOMAZIA E GUERRA

Le armi viaggiano indisturbate o quasi nel Mar Rosso dove strani pescatori …non di perle… ma di missili e armi, si aggirano. La diplomazia, normalmente ben pagata, cerca di fare più o meno onestamente il proprio lavoro e la guerra si alimenta continuamente. Non cambia molto da conflitti del passato. E il commercio internazionale di un certo tipo ne beneficia.

Il Direttore Scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

imagesLa crisi siriana si svolge su due livelli, diplomatico e militare, e in almeno due Paesi, Siria e Libano.

Dal punto di vista diplomatico, la Siria si è dichiarata pronta a eseguire la Risoluzione 2139 del 22 febbraio 2014 votata dal Consiglio di Sicurezza ONU che permette l’ingresso dei convogli umanitari nelle aree più disagiate del Paese.

Il regime siriano ha addebitato la crisi umanitaria al terrorismo sostenuto da forze straniere e alle sanzioni imposte dai paesi arabi e occidentali.

Lo stesso fallimento della Conferenza Ginevra 2 anche sul problema umanitario è per Damasco dovuto alla posizione di USA e Arabia Saudita su due punti:

–   esclusione dell’Iran con ricaduta negativa sullo scontro che ha subito registrato un’ ulteriore escalation nel Paese;

–  riproposizione della proposta avanzata nella Conferenza Ginevra 1 per la formazione di un Governo transitorio senza il Presidente Assad e già rifiutata nel 2012.

Sul piano militare la situazione non è meno complessa ma risulta più evidente. Tre eventi contestuali alle iniziative diplomatiche ne delineano la stretta connessione.

Il primo episodio accade la sera del 23 febbraio quando ad Aleppo Sheikh Abu Khalid al Suri, comandante del gruppo salafita  Ahrar al Sham, e altri sei combattenti della sua brigata sono uccisi in un attacco suicida.

Cinque ribelli di ISIS, la formazione jihadista sconfessata dal leader di Al Qaeda Ayman al Zawahiri, sono entrati nel Quartier Generale di Ahrar al Sham e uno di loro si è fatto esplodere causando la morte di al Suri e i sei militanti.Unknown

Sheikh abu Khaled, settantenne di Aleppo, aveva combattuto contro gli USA in Afghanistan e Iraq ed era stato inviato da Zawahiri in Siria per fermare gli scontri fra i jihadisti in seno ai quali era molto influente.

Zawahiri ne conosceva gli ottimi rapporti che aveva soprattutto con ISIS (Islamic State of Iraq and the Levant) e lo riteneva l’unico in grado di fermare la carneficina che dall’inizio dell’anno aveva provocato la morte di circa 3.300 nel conflitto fra ISIS e al Nusra, l’unico fronte riconosciuto da Al Qaeda. La sua uccisione non potrà che portare un innalzamento della lotta interna fra i jihadisti.

In secondo luogo, il 24 febbraio nella Regione di Janta tra il villaggio libanese di Nabi Sheet e le località siriane di Serghaya e Zabadani quattro aerei israeliani hanno colpito due automezzi provenienti dalla Siria che trasportavano missili e rampe di lancio. E’ il primo attacco aereo di Israele in territorio libanese dall’inizio della guerra civile siriana ed Hezb’Allah ha preannunciato un’ adeguata rappresaglia.

Infine la sera del 26 febbraio l’Esercito siriano con l’appoggio dei combattenti di Hezb’Allah libanese intercetta nei pressi di Utayba non lontano da Damasco un gruppo di jihadisti uccidendone oltre 150 e mettendone in fuga più di 100.

Secondo i media filo-governativi i militanti uccisi sono quasi tutti stranieri – sauditi, giordani e ceceni – entrati dalla frontiera giordana per unirsi ai gruppi presenti a Qalamoun. E la battaglia di Utayba prepara proprio quella di Qalamoun dove l’Esercito circonda i ribelli riparati nella cittadina di Yabroud alla strategica frontiera fra Siria, Libano e la città portuale di Latakya.

Hezb’Allah è impegnato nella battaglia di Yabroud perché ritiene che molti kamikaze che hanno eseguito attacchi con autobomba nei quartieri a maggioranza sciita del Sud di Beirut provengano da questa cittadina accanto alla frontiera e siano passati per Arsal, roccaforte sunnita nella Valle della Beqaa.

Intanto la guerra continua a infuriare in Siria: un’autobomba ha colpito un ospedale al confine tra Siria e Turchia causando quattordici vittime; all’aeroporto di Dayr  az-Zor si contano undici morti; combattimenti sono in corso a Damasco e Aleppo tra il Fonte al Nusra e l’Esercito Siriano; bombardamenti si segnalano a Da’ra, nel Sud del Paese, Al Ghuta al Sharqyya vicino la capitale, Homs e al Bastan.

La realtà sul terreno è quella della guerra e non quella della diplomazia. Racconta un’altra storia: gli aiuti umanitari possono avere solo un effetto placebo se non si arresta dall’una e dall’altra parte l’afflusso di armi; la decisione dei potenti attori esterni di riprendere l’invio di armi “non letali” ai ribelli per limitare la superiorità militare del regime potrà solo aumentare la devastazione del Paese e il numero di profughi, sfollati e vittime.

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