L’attacco di Hamas del 7 ottobre e le soldatesse ‘osservatore’

L’attacco di Hamas del 7 ottobre e le soldatesse ‘osservatore’

Pochi giorni fa il giornale israeliano Haaretz ha pubblicato un articolo di grande interesse (devo ringraziare un amico che me lo ha segnalato), con un racconto che pochi conoscono e che può, anche solo in parte spiegare, quello che successe, anche se lo Shin Bet o altri Servizi informativi avessero avuto un allarme significativo su quel che Hamas intendeva preparare. 

Sembra che anche i servizi informativi egiziani avessero informato in qualche modo i colleghi israeliani. Ovviamente queste sono notizie giornalistiche non altrimenti verificabili.

Quello che pochi sanno in Italia, salvo strettamente gli addetti ai lavori e i ‘nemici’, che al confine con Gaza le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno molte donne militari ‘osservatori’ che monitorizzano giorno e notte, attraverso tecnologie altamente sofisticate, i movimenti di confine.

Tre giorni dopo il massacro del 7 ottobre, una delle soldato ‘osservatore’ che è sopravvissuta al violento massacro di Hamas nella sua base militare, situata vicino al confine, fu invitata a riprendere immediatamente il servizio, così come accadde alle sue colleghe ‘osservatori’ con le quali era riuscita a salvarsi, mentre i terroristi di Hamas giravano attorno, sparando e uccidendo.

Le sopravvissute si erano nascoste per ore fra i corpi delle colleghe uccise.  Sette delle osservatori furono rapite: una è stata liberata dalle mani di Hamas ma una, Noa Marciano, è rimasta uccisa in prigionia.

Le donne osservatori furono invitate con una certa ‘rudezza’ a riprendere il servizio, nonostante il dramma che avevano vissuto e questo probabilmente le ha spinte a rilasciare al giornale israeliano

interviste nelle quali spiegavano il loro lavoro e quello che era successo il 7 ottobre…e la assoluta mancanza nei loro riguardi di ordini di allerta, anche se loro stesse avevano dato degli elementi fondamentali ai loro superiori.  

Cosa facevano queste giovani donne soldato, sottufficiali di grado inferiore? Il loro lavoro era quello di stare allo schermo di un computer per ore, studiando le telecamere di sorveglianza su attività provenienti da oltre confine, telecamere la cui posizione i militanti di Hamas conoscevano benissimo, tra l’altro… Solo donne soldato hanno questo compito.

Nel parlare con nome di copertura con i giornalisti di Haaretz alcune superstiti hanno dichiarato che durante tutti i loro anni di servizio militare si erano abituate allo strano fatto che ‘non contavano’; tanto non hanno contato che, nonostante i ripetuti allarmi che avevano dato prima che Hamas iniziasse la sua crudele partita quel Sabato Nero, le superiori autorità non ritennero opportuno di ascoltarle, secondo la loro opinione. Eppure avevano inviato rapporti che riguardavano le preparazioni di Hamas vicino alla alta barriera della frontiera; l’attività dei droni, i loro sforzi di distruggere le telecamere; un traffico intenso di camioncini e motociclette e le ’osservatori’ avevano anche individuato le prove che Hamas stava facendo per bombardare i carri armati.  Hanno commentato che Hamas non tentava nemmeno di nascondersi e tutte le azioni di prova erano fatte all’aperto, ma apparentemente gli ufficiali della Difesa Israeliana e del Comando meridionale non diedero molto peso ai loro allarmi.

Sembra che nelle ore prima della fatale mattina del 7 ottobre, una delle soldatesse, che operava nell’unità intelligence di Kissufim, avesse notato di fronte a uno dei cancelli della barriera lungo il confine della Striscia di Gaza un uomo che ispirava dei sospetti. La donna ne informò l’ufficiale superiore la quale, alle 3 a.m. del mattino, andò nella postazione e dopo aver visto la persona indicata, fede sparare una bomba lacrimogena… l’uomo arretrò, raggiunse i 300 m di distanza dalla barriera, limite di avvicinamento alla frontiera per i palestinesi. La soldatessa osservò che molte altre persone erano nella stessa posizione e le sembrò che si stesse tenendo in quel posto una riunione o un briefing. Tutto questo sembrava a chi monitorava minuto per minuto molto strano e allarmante; riportata ancora una volta la situazione quale era sui monitor all’ufficiale superiore, questa diede ordine di restare ‘vigilanti’ per evitare sorprese. Ma le sorprese arrivarono, nonostante la vigilanza di quelle ‘osservatori’.

Nel frattempo ufficiali superiori della Difesa Israeliane e dello Shin Bet avevano già avuto delle discussioni riguardo a un allarme relativo una possibile infiltrazione di terroristi sul territorio israeliano. Un allarme molto serio se quegli ufficiali decisero, la notte del venerdì, di aumentare la presenza di forze speciali nel sud, mandando un team di specialisti che sapevano essere addestrato per confrontare le squadre di terroristi. Come ricorda una delle sopravvissute anche un’altra squadra delle unità operative dello Shin Bet fu messa in allerta. E un’altra squadra di élite della Difesa Israeliana fu mandata nell’area…ma nessuno, a quanto ricordano le giovani donne che servivano come ‘osservatori’ a Kissufim e a Nahal Oz, si occupò di metterle in avviso. Alle 4 a.m. del 7 ottobre fu deciso di mettere in allerta le comunità che vivevano al confine con Gaza per possibili infiltrazioni. Una delle soldatesse sostiene che se avessero saputo di quella allerta l’intero ‘disastro’ sarebbe stato diverso ma nessuno disse loro che vi era un alto livello di allerta: con amarezza sostengono che anche solamente due ore sarebbero servite a quelle giovani donne per prepararsi alla difesa. Le ragazze su questi avamposti furono uccise senza l’opportunità di difendersi. 

L’ultimo messaggio che queste giovani riuscirono a inviare fu alle 7:17 a.m. del 7 ottobre: dite a tutti che li amiamo ringraziamo per ogni cosa. Stavano per essere tutte uccise o rapite.

Una storia difficile, drammatica. Dimenticate perché erano solo donne sottufficiali?  Consta che nel’IDF vi siano team di élite di ufficiali donne con speciale preparazione antiterrorismo.

Indubbiamente queste ragazze sono molto amareggiate ma alcune di loro sono tornate al lavoro non per obbedire alla rudezza del comando ma per senso del dovere verso la loro patria. Così hanno con durezza dichiarato. Si attende con ansia la liberazione di quelle ancora ostaggio.

Questo ricordo è anche un omaggio a Noa Marciano, soldatessa ’osservatore’,  e alle sue colleghe trucidate affinché si sappia del loro lavoro e del loro sacrificio.

©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata

Comments are closed.