LA CINA E IL VIRUS….SE….

LA CINA E IL VIRUS….SE….

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Una interessante riflessione economica sulla Cina e il Covid-19 che stiamo attraversando fisicamente e economicamente, scritto da Paolo Callari, esperto in mappatura di gruppi economici per il calcolo del rating. Un testo comprensibile anche ai non addetti ai lavori!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Ovvero…del come e perché la Cina ha voluto mettere in ginocchio le economie concorrenti attraverso l’utilizzo della pandemia di coronavirus.

  • Iniziamo da questo contributo da “Le Scienze”.

Il virus che provoca la SARS – la sindrome respiratoria acuta grave che fra il 2002 e il 2003 provocò un’epidemia con centinaia di morti in decine di paesi – ha avuto origine dalla ricombinazione genetica fra diversi ceppi di coronavirus ospitati da pipistrelli a ferro di cavallo cinesi (Rhinolophus sinicus). Fra le vittime vi fu, ricordiamo, anche il medico e microbiologo italiano Carlo Urbani, il primo a identificare la SARS.
La scoperta è di un gruppo di ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze a Wuhan, in Cina, che hanno trascorso cinque anni studiando i virus individuati in diverse specie di pipistrelli a ferro di cavallo che vivono in una grotta nella provincia dello Yunnan. Lo studio è illustrato su   “PLoS Pathogens.

Il sospetto che all’origine della SARS vi fosse un virus che aveva fatto il salto di specie dai pipistrelli agli esseri umani emerse poco dopo lo sviluppo della pandemia, dato che molti di questi animali ospitano facilmente i coronavirus, il gruppo di virus a RNA a cui appartiene quello che provoca la malattia. Tuttavia, nessuno dei campionamenti eseguiti su pipistrelli aveva identificato un ceppo di coronavirus affine a quello che aveva provocato la malattia.
L’analisi del genoma dei virus di diverse specie di pipistrelli a ferro di cavallo che vivono nella grotta dello Yunnan ha ora permesso a Ben Hu e colleghi di identificare 11 nuovi ceppi di coronavirus e di tracciarne le relazioni evolutive. I ricercatori hanno così scoperto che diversi ceppi contenevano tutti gli elementi essenziali per la “costruzione” genetica del coronavirus umano all’origine della SARS. I ricercatori ipotizzano quindi che in qualche cellula infettata da più virus sia avvenuta una ricombinazione genetica, ossia lo scambio di porzioni di RNA. Da questo virus devono poi essersi evoluti diversi ceppi di coronavirus, compreso quello che provoca la SARS.

La scoperta suggerisce che in quella particolare grotta dello Yunnan vi siano, con i pipistrelli, ceppi virali che potrebbero passare direttamente agli esseri umani. Per questo i ricercatori hanno proposto di istituire un monitoraggio continuo della grotta studiata, così come di altri siti che possono presentare rischi simili

  • Analizziamo la Borsa Cinese e i picchi che dimostrano la difficoltà interna.

 

BorsaShangai

Picchi bassi sono in data:

30/09/2019

29/11/2019

03/02/2020

23/03/2020

  • Analizziamo cosa succede prima della pandemia.

Negli ultimi 70 anni l’economia cinese si è sviluppata a una velocità senza precedenti. La Cina ha compiuto un vero e proprio miracolo economico, entrando a far parte delle forze egemoni a livello globale.

La Cina è stata in grado di compiere quello che, agli occhi increduli dei Paesi occidentali, sembrerebbe un vero e proprio miracolo economico. La crescita esponenziale dell’egemonia politico-economica cinese sul suolo internazionale è il prodigioso risultato del sincronico connubio tra innovazione ed eredità culturale. In 70 anni l’economia della Cina si è trasformata: nel 1949 era primaria e per lo più agricola, oggi è trainata dall’industria manifatturiera, che è la prima al mondo, e dai servizi. Lo afferma un rapporto dell’Ufficio Nazionale di Statistica.Nel 1952, il valore aggiunto del settore primario (materie prime), secondario (manifattura) e terziario (servizi) era rispettivamente pari al 50,5%, il 20,8% e il 28,7% del prodotto interno lordo del Paese. Nel 2018, le quote sono scese al 7,2% e 40,7% per il settore primario e secondario, mentre il settore terziario è aumentato al 52,2%.La Cina ha fatto grandi passi in avanti nello sviluppo del suo settore agricolo, in cui la produzione è aumentata dai 113,18 milioni di tonnellate del 1949 ai 657,89 milioni di tonnellate nel 2018, e la sicurezza alimentare è oggi garantita in tutto il Paese.

Il settore industriale negli anni ’50 era omogeneo, comprendeva solo le industrie minerarie, tessili e operava su processi semplici. All’epoca la Cina faceva affidamento sulle importazioni per soddisfare il fabbisogno di una grande quantità di produzioni industriali.

Adesso invece, la Cina è presente in tutte le categorie industriali della classificazione delle attività economiche delle Nazioni Unite. È al primo posto al mondo in oltre 200 prodotti industriali e il valore aggiunto del settore manifatturiero si è anche collocato in prima posizione a livello internazionale dal 2010. Il settore dei servizi negli ultimi sette decenni ha visto una forte espansione.

Alla fine del 2018, il valore aggiunto del settore terziario ha raggiunto i 46.980 miliardi di yuan (circa 6.900 miliardi di dollari), rispetto ai 19,5 miliardi di Yuan del 1952. Secondo il rapporto, il settore terziario della Cina è diventato un’importante forza per garantire l’occupazione e stabilizzare l’economia.

Il PIL

L’economia cinese ha accelerato il proprio sviluppo negli ultimi 70 anni, con un prodotto interno lordo in crescita ad un tasso medio annuo dell‘8,1%. Secondo un rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica cinese, il Pil del Paese ha raggiunto i 90.030 miliardi di yuan (circa 13.140 miliardi di dollari) nel 2018, pari al 16% del totale mondiale.

Nell’ormai lontano 1952, il suo prodotto interno lordo ammontava a soli 67,9 miliardi di yuan. Dal 1979 al 2018, l’economia cinese è cresciuta a una media del 9,4% all’anno, segnando un tasso di sviluppo molto superiore rispetto a una media mondiale del 2,9%.

In questo periodo, la crescita economica cinese ha contribuito per circa il 18% allo sviluppo economico globale, un dato secondo solo al contributo offerto dagli Stati Uniti. Lo scorso anno, il reddito nazionale lordo pro capite ha raggiunto in Cina i 9.732 dollari, superiore al livello rilevato nei Paesi a reddito medio. Il rapporto mostra anche un notevole miglioramento della solidità fiscale della Cina, le cui riserve valutarie risultano aumentate negli ultimi sette decenni.

L’anno scorso, le entrate fiscali hanno raggiunto in Cina i 18.340 miliardi di yuan, a fronte dei 6,2 miliardi di yuan del 1950 e dei 113,2 miliardi di yuan del 1978.

Alla fine del 2018, le riserve valutarie cinesi avevano raggiunto i 3.070 miliardi di dollari, segnando per il tredicesimo anno consecutivo il più alto valore al mondo. Alla fine del 1952, le riserve valutarie cinesi ammontavano invece a soli 108 milioni di dollari.

  • Analizziamo il movente della pandemia.

L’economia cinese aumenta del 6% all’anno, ma a Pechino non c’è nulla da festeggiare. Per l’Italia sarebbe il miglior dato dal 1979, per i cinesi è il peggior risultato degli ultimi 27 anni. Le esportazioni sono diminuite del 3,2% su base annua, c’è un calo degli investimenti dall’estero, nel mercato automotive e nel settore delle costruzioni. E i prezzi per i beni intermedi usati nella manifattura sono scesi in un anno dell’1,2%, mai così male dall’estate 2017. Che succede? Secondo alcuni economisti è l’inizio di un declino inesorabile, altri esperti pensano sia solo dovuto alla congiuntura internazionale. Tutti però concordano su un fatto: la seconda economia del mondo non poteva continuare questo ritmo a lungo e per ora dovrà rimandare il sorpasso agli Stati Uniti. Non è l’apocalisse, la Cina ha un 12.660 miliardi di dollari di prodotto interno lordo e continuando a questo ritmo ogni anno raggiunge l’intera ricchezza della Turchia, in tre anni quella dell’Italia. Ma il terzo trimestre del 2019 non verrà salvato nei calendari del partito comunista cinese e secondo molti analisti, l’ufficio nazionale di statistiche di Pechino potrebbe aver nascosto un calo maggiore.

«Il calo della crescita cinese è dovuto a tre fattori. Primo, stanno cercando di contenere l’aumento dell’indebitamento, secondo c’è l’epidemia di peste suina (cento milioni di maiali morti o abbattuti in pochi mesi, ndr) che inciderà sulla crescita del Pil quasi per l’1% e i dazi provenienti dagli Stati Uniti», spiega Alberto Forchielli, imprenditore e fondatore di Mandarin Capital Partners. «Da Pechino vogliono dare l’impressione che il rallentamento sia lento, graduale e voluto, ma in realtà il calo è probabilmente più marcato di quanto sostengono i dati ufficiali». Il Fondo Monetario Internazionale l’aveva predetto durante la presentazione del suo World economic outlook, il 15 ottobre: la crescita del PIL mondiale sarà ai minimi dalla crisi finanziaria del 2008 e minore dello 0,3% rispetto alle previsioni fatte sei mesi fa. Era normale che Pechino soffrisse questo calo visto che il suo PIL è trainato dalle esportazioni e contribuisce per oltre il 23% all’economia mondiale. «L’economia cinese è alimentata da una forte esposizione bancaria. Ma il credito interno non può essere stimolato più di così o crollano le banche. Devono cambiare il modello di sviluppo finora troppo drogato», chiarisce Forchielli.

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