EFFETTO DOMINO DELLA GUERRA IN SIRIA 1.

EFFETTO DOMINO DELLA GUERRA IN SIRIA 1.

Il Presidente della Corea del Nord.

Il Presidente della Corea del Nord.

Una incalzante analisi dei fatti degli ultimi giorni dalla bomba MOAB a…la Flotta Statunitense che non viene avvertita che deve andare verso la Corea del Nord e non verso l’Australia…non ci rimane che…essere preoccupati!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini               

1. I cinquantanove missili Tomahawk contro la base aerea siriana di Shayrat la sera del 7 aprile coincidono con la cena che il presidente americano Donald Trump consuma con il suo omologo cinese Xi Jinping, alleato della Siria e per la prima volta ospite del neo presidente.

Il presidente statunitense, inoltre, chiede al suo ospite di convincere la Corea del Nord, guidata Kim Jing-un, a evitare il periodico lancio di missili nel Mar del Giappone, perché “esercitazioni congiunte” sono in corso da mesi in territorio sudcoreano, dove stazionano migliaia di soldati e mezzi pesanti statunitensi e sudcoreani.

In una successiva intervista a “Fox Bussines Network”, il presidente Trump comunica che “Verso la Corea del Nord stiamo inviando … una flotta molto potente… guidata dalla portaerei USS Carl Vinson, che comprende anche tre navi lancia-missili e oltre sessanta fra caccia ed elicotteri da guerra. Abbiamo anche sommergibili, molto potenti, più forti della portaerei… La nostra “Armada” è pronta. Kim Jing-un sta facendo la cosa sbagliata”, precisa Trump.

Alle minacce USA, la Corea del Nord risponde dichiarandosi pronta alla guerra e a continuare i testi nucleari. La settimana successiva, Kim Jing-un, dopo una parata dell’esercito, con carri armati e armamento pesante, lancia un nuovo missile per il test nucleare, che però esplode dopo cinque secondi dal decollo.

Dall’altro canto, al presidente fa eco un portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, il quale a proposito del raid siriano ad Idlib dichiara testualmente : “Noi non abbiamo usato armi chimiche durante la Seconda Guerra Mondiale. Neanche una persona spregevole come Hitler è caduto al livello di usare armi chimiche”, aggiunge Spicer.

In realtà, a insaputa del portavoce, i nazisti contro gli incolpevoli ebrei usavano – fra l’altro – anche lo ZikloB nei campi di sterminio per la “soluzione finale”.

Per quanto riguarda gli USA, il portavoce dimentica: le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki; i raid aerei in Vietnam con il Napalm e l’Agente Orange su milioni di contadini che ancora muoiono per gli effetti di quel gas; il materiale chimico consegnato all’Iraq di Saddam Hussein sin dal 1980 per portare nella neonata Repubblica Islamica la prima guerra del Golfo che sarebbe cessata solo 8 anni dopo; il fosforo bianco su Falluja e altri siti in Iraq dall’invasione del 2003 e oltre il 2005.

Il 22 aprile, sul Rodong Sinmun, quotidiano ufficiale del Partito dei Lavoratori, Pyongyang afferma che Washington vuole “infliggere sulla nazione coreana un orribile disastro senza precedenti”.

Il leader Kim Jing-un sostiene che le forze americane in Corea del Sud hanno portato nel porto di Busan “attrezzature per cercare di portare avanti lo “Jupiter Plan”, che prevede una guerra biochimica contro il Nord” e conclude minacciando che “La Corea del Nord concluderà lo stallo con gli USA, l’impero dei mali, cancellandoli dalla faccia delle terra”.

Le minacce di Pyongyang arrivano alla vigilia dell’85esimo anniversario della fondazione dell’esercito nordcoreano, il cui leader aggiunge “Possiamo distruggere la Carl Vinson con un solo attacco”.

Per quanto riguarda l’utilizzo di armi chimiche, attribuito unilateralmente e senza prove alla Siria, l’ampia documentazione del professore esperto di diritto internazionale, Michel Chossudovsky, nel sito GlobalResearch, dimostra che è stato invece il Pentagono, sin dal 2012, a fornire, tramite contractor, armi chimiche e addestramento a gruppi terroristi attivi in Siria.

I gruppi usano quelle armi, come prova nel 2013 la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite guidata da Carla Del Ponte.

In realtà, il presidente Trump non si discosta dai suoi predecessori: dal suo insediamento, si sono moltiplicati nell’amministrazione petrolieri, ex generali, islamofobi, e gli interventi militari – e non solo in Medio Oriente – avviando una politica militare che aumenta il bilancio a 54 miliardi di dollari (+10%) per l’esercito.

L’Agenzia Ansa, il 16 aprile, riporta che il generale Yahya Rasool, portavoce del Comando unificato di coordinazione delle operazioni irachene contro Daesh a Mosul, dichiara che i jihadisti di Daesh hanno ancora una volta usato armi chimiche durante i combattimenti a Mosul Ovest, come già fatto negli ultimi giorni.

2.Una settimana dopo, avieri statunitensi sganciano un ordigno di 11 tonnellate di esplosivo nel distretto di Achin, nella provincia orientale del Nangharhar, al confine con il Pakistan, considerato la base di Daesh nel Paese.

La bomba GB8-43, nota come “Moab” (Massive ordinance air blast bombs) e in gergo mother off all bombs, è la più grande bomba non nucleare mai sganciata e testata solo nel 2001 e 2003 in Iraq.

Questo accade proprio il giorno successivo agli ultimi preparativi della Russia per una conferenza sull’Afghanistan, in agenda da mesi, con la presenza di afghani, delegati di Cina, India, Pakistan, Iraq e Repubbliche centro-asiatiche, con invito agli USA che hanno opposto un diniego. Ma il giorno seguente il presidente USA annuncia l’invio imminente a Kabul del suo National Security Adviser, il generale McMaster, il funzionario di Stato più alto in grado, per visitare il Paese. Di fatto diventano due i protagonisti, USA e Russia per gestire l’Afghanistan, porta tra Asia Centrale, il Medio Oriente e il subcontinente indiano.

La bomba intenderebbe affermare la supremazia degli USA nei confronti della Russia.

Ancora non si conoscono gli effetti della bomba e se secondo il governo di Kabul non vi sarebbero vittime, dalla stampa locale e fra i giornalisti di ToloNews, un’emittente privata a larga diffusione, emerge che se a oggi la versione ufficiale attesta un successo di 96 cadaveri tra cui parte della leadership di Daesh.

Inoltre, il giornalista Karim Amini pubblica una foto della frontiera attorno al “cratere” lasciato dalla bomba e sostiene che Daesh non solo è vivo nella zona ma spara bordate dalla sua emittente radio e razzi sull’esercito afghano.

Il raid, aggiunge, puntava a una serie di tunnel costruiti dai mujaheddin con soldi della CIA durante gli anni dell’invasione sovietica e poi diventati alloggio dei jihadisti di Daesh.

Peraltro, per quanto riguarda la versione ufficiale secondo cui vi sono solo militanti jihadisti tra i cadaveri rinvenuti con la lista di nomi, cognomi e nazionalità, resta da capire come si sia arrivati al riconoscimento visto che la GBU-43/B è in grado di uccidere un uomo con il solo spostamento d’aria e perforare cemento armato fino a 100 metri di profondità. La versione ufficiale sostiene che nell’area bombardata viveva una sola famiglia, evacuata prima del raid.

Le reazioni afghane all’operazione avvenuta alla vigilia della conferenza sull’Afghanistan voluta da Mosca, sono di tipo diverso.

Il governo a “due teste”, imposto dagli USA che affiancano ad Asharaf Ghani, presidente eletto dal popolo, Abdullah Abdullah, per la carica di primo ministro – mai precedentemente esistente nel Paese – è soddisfatto e aspetta che gli americani aumentino il contingente militare, ora con 8.500 soldati USA, e 5.000 militari NATO di cui 1.000 italiani, che porterebbe altro denaro vantaggioso per un’economia asfittica.

L’opposizione più violenta arriva dal precedente presidente Hamid Karzai, il quale sostiene che per gli americani l’Afghanistan è solo un territorio dove testare nuove armi e accusa il governo sostenendo che la bomba è stata sganciata sotto la supervisione del governo.

Gli fa eco dal Pakistan l’inviato speciale Umar Zakehlwal.

Altri ritengono che la bomba in realtà sia diretta a Mosca, di cui l’America ricorda l’invasione del Paese nel 1979.

Sembra una nuova guerra fredda, con gli USA preoccupati del ritorno sulla scena mondiale della Russia e quest’ultima allarmata dall’accerchiamento sul suo lato sud che gli americani, dopo aver preso il controllo dell’Afghanistan, hanno allargato stringendo contatti con le repubbliche dell’Asia centrale, tradizionali alleati di Mosca.

Finalmente, come rivela il giornalista Emanuele Giordana (Il Manifesto), il 21 aprile l’esercito afghano è potuto entrare nell’area dove è stata sganciata la bomba e i video girati dopo che gli americani hanno tolto i sigilli dell’area mostrano le prime distruzioni dell’ordigno.

Questo avviene mentre i talebani a 500 km di distanza attaccano un obiettivo militare nazionale causando tra i 130 e i 140 morti e una settantina di feriti.

Sul luogo della bomba, i video mostrano cadaveri con segni evidenti di ustioni, case distrutte e un terreno violentato dal calore e da uno spostamento d’aria che può uccidere anche a grande distanza.

E’ il momento in cui gli americani sentono il bisogno di un’ “excusatio” anticipata nel caso di “possibili vittime civili”, come racconta Luca Lo Presto, presidente della Onlus Pangea, una delle poche organizzazioni italiane, con Emergency, rimasta in Afghanistan e che a Kabul ha progetti di micro-credito e protezione di bambini e donne.

Viene allora da chiedersi come mai nessuno abbia chiesto una commissione d’indagine indipendente in quello che appare un crimine contro l’umanità.

3.Anche il presidente americano ha un problema e proprio con la sua Invincibile Armada.

Accade che a 10 giorni dall’annuncio dell’invio dell’ Armada lungo le coste nordcoreane, non vi è alcuna traccia.

E’ successo che la flotta ha continuato a navigare per una settimana nella direzione opposta alla Corea e questo perché i soli a non aver ricevuto il messaggio del presidente sono gli ammiragli dell’US Navy e tutti gli equipaggi della flotta, che per una settimana continuano a navigare verso la destinazione naturale, i mari dell’Australia, dove sono attesi per un’esercitazione militare (come scritto dal giornalista Rampini, operante negli USA).

Solo il 22 aprile il vice presidente USA, Mike Pence, da Sydney, assicura che la flotta americana guidata dalla portaerei Carl Vinson arriverà nel Mar del Giappone “a giorni” ed è destinata a rafforzare il dispositivo militare per la penisola coreana.

Secondo la ricostruzione dei media americani, sarebbe stata la stessa U.S. Navy a far cadere in errore il presidente, avendo messo sul proprio sito ufficiale le foto della portaerei Carl Vinson mentre attraversava lo stretto che separa le isole indonesiane di Giava e Sumatra, ben lontana dalla Corea del Nord.

Gli eventi precipitano. Fonti militari americane riferiscono la mattina del 23 aprile alla Cnn che l’aeronautica militare della Cina avrebbe messo i caccia in stato di “massima allerta”. In particolare, le forze armate di Pechino avrebbero intensificato le operazioni di manutenzioni, con un eccezionale numero di aerei pronti a decollare.

Secondo fonti USA, i cinesi starebbero intensificando gli sforzi per “ridurre i tempi di reazione” nel caso la situazione a Pyongyang dovesse precipitare all’improvviso.

Non solo la Cina. Secondo media locali anche la Russia starebbe spostando diversi equipaggiamenti militari pesanti lungo la breve striscia di confine – appena 17 chilometri –che la separa dalla Corea del Nord.

Un video mostra un treno con sistemi missilistici Tor che attraversa la città, presumibilmente diretto verso Vladivostok, a 160 chilometri dal confine.

In altri termini, sono in atto inquietanti segnali di mobilitazione delle due grandi potenze che avevano assunto la posizione di possibili mediatori.

(continua)

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