L’AFGHANISTAN SUL BARATRO

L’AFGHANISTAN SUL BARATRO

 

La Moschea di Mazar-e-sharif

La Moschea di Mazar-e-sharif

Non si scrive di Afghanistan se non quando vi siano gravi attentati….ma quale è la situazione attuale di questo territorio da sempre ‘buffer state’ tra gli appetiti espansionistici occidentali e russi? Non è brillante: la pacificazione è molto lontana.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Il 22 novembre Daesh ha rivendicato attraverso il suo organo di propaganda l’attentato contro la moschea sciita di Baqer-Ul-Uloom a Kabul provocando 27 morti.

Pur se vi sono dubbi, va rimarcato che Daesh ha eseguito numerosi attentati e non solo contro gli sciiti. Il più eclatante è stato quello dello scorso luglio in cui sono rimasti uccisi almeno 85 persone, per la gran parte della comunità azara, e altre 400 sono rimaste ferite.

Per quanto riguarda la credibilità di Daesh nell’attentato di novembre, la componente statunitense ancora presente – e non solo per l’addestramento e la sicurezza locale – ritiene che il movimento jihadista di Abu Bakr Ibrahim Baghdadi sarebbe operante principalmente nella provincia di Nangarhar, al confine con il Pakistan.

Al di là degli attentati sono d’interesse segnali indicatori della realtà sul terreno per immaginare il futuro prossimo del Paese.

  1. Proprio quattro giorni prima dall’ennesima strage, la Germania comunica al governo di Kabul che rimanderà circa 12 mila migranti afghani perché “ampie zone del Paese sono considerate sicure”.

Pertanto, secondo un documento di Berlino, il 5% dei 247 mila afghani (12.539 persone) che avevano raggiunto la Germania entro la fine di settembre, saranno rinviati.

La Germania si basa sull’accordo stipulato dall’Afghanistan con l’Unione Europea per aumentare i rimpatri dei profughi cui è stato negato il diritto di asilo, in cambio di aiuti per 5 miliardi di euro all’anno sino al 2020.

  1. Sempre a novembre, il “Report on Preliminary Examination Activities” della Procura internazionale del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja individua – fra gli altri Paesi – gli USA nei cui confronti esistono “ragionevoli basi” per procedere contro soldati e agenti americani che nell’Hindukush avrebbero commesso “torture” e altri “crimini di guerra”.

Fra i protagonisti di questi reati vi sono i talebani della rete Haqqani, la polizia e l’agenzia d’intelligence di Kabul (National Directorate for Security) e gli americani.

L’indagine riguarda casi di “tortura, e relativi maltrattamenti” da parte delle forze militari degli USA presenti in Afghanistan e in centri di detenzione segreti gestiti dalla Central Intelligence Agency, nel periodo 2002 – 2004, che in alcuni casi sono stati protratti sino al 2014, cioè sino al passaggio di consegne agli afghani dei prigionieri detenuti nella base USA di Bagram.

Anche gli USA non aderiscono alla Carta di Roma costitutiva della Corte (anzi, dopo averla firmata si sono ritirati come Sudan, e Russia, mentre l’Afghanistan, che prima si era rifiutato di firmarla, ha ratificato la Carta nel 2003; Israele non l’ha mai firmata).

Il procuratore generale del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja sostiene che “durante gli interrogatori segreti, personale militare e agenti della CIA avrebbero fatto ricorso a tecniche ascrivibili a crimini di guerra: tortura, trattamenti crudeli, mortificazione della dignità personale, stupro” e non solo in Afghanistan ma anche in altri Paesi come Polonia, Romania e Lituania fra dicembre 2002 e marzo 2008.

Il procuratore aggiunge che “questi presunti crimini …sembrano stati commessi nell’ambito di tecniche d’interrogatorio approvate, nel tentativo di estrarre informazioni dai detenuti…”

Quanto a Polizia e intelligence afghana, la tortura sarebbe un fatto sistematico e, al momento, si stima che tra il 35% e il 50% dei detenuti vi siano stati sottoposti.

  1. Nella tarda sera del 10 novembre, il Mazar Hotel, divenuto la sede del Consolato della Germania in Afghanistan, protetta da alte mura di cemento, torrette di avvistamento, sacchi di sabbia e filo spinato è stato ridotto a un cumulo di macerie.

Mazar-e–Sherif, capoluogo della provincia settentrionale di Balkh, vicino al confine con l’Uzbekistan, è stata scossa da un boato: i talebani hanno attaccato il Consolato con un veicolo carico di esplosivo e i militanti hanno ingaggiato un conflitto a fuoco con le forze speciali afghane e gli uomini della sezione “risposta veloce” della missione NATO “Resolute Support”, che stazionano nella vicina base di Camp Marmal, dove risiedono i circa mille uomini dell’esercito tedesco da molti anni con la responsabilità della zona settentrionale dell’Afghanistan. I dati diffusi dalla missione ONU comunicano 4 morti e 128 civili feriti , fra i quali 19 donne e 38 bambini.

I talebani hanno rivendicato l’attentato come ritorsione all’attacco aereo americano del 3 novembre, quando 32 civili sono stati uccisi nei pressi della città di Kunduz, su richiesta dalle forze speciali afghane, finite sotto attacco talebano insieme ai “consulenti” americani.

L’episodio resta ancora indefinito.

Gli americani dichiarano che “molto probabilmente” la responsabilità è loro, ma che occorrono ancora ulteriori indagini e verifiche, mentre le Nazioni Unite hanno avviato un’inchiesta. Per i talebani non c’è dubbio: è colpa degli stranieri. Vale la pena di precisare che tra le vittime vi erano anche cittadini tedeschi, il che spiega l’immediatezza della rivendicazione.

Quindici anni dopo l’inizio della guerra in Afghanistan (ottobre 2001), gli USA sono – per i talebani – coloro che hanno:

  • rovesciato l’Emirato Islamico;
  • appoggiato il governo da loro imposto con la nomina – prima interinale e poi definitiva – del pashtun Hamid Karzai;
  • prolungato l’occupazione militare;
  • distrutto il Paese.

Inoltre, nelle elezioni di settembre 2014, a fronte della vittoria del pashtun Ashraf Ghani, hanno “inventato e imposto” il ruolo di primo ministro, non previsto in Afghanistan, collocandovi il tajico Abdullah Abdullah, da sempre acerrimo nemico di Ghani.

In altri termini, il contenzioso tra presidente e premier continua a danno dell’intera società.

E i talebani hanno abbandonato l’ipotesi di una possibile tregua per arrivare a una pacificazione, mentre devono combattere ormai da due anni contro le infiltrazioni di Daesh, che loro considerano pilotate da USA, Turchia e Paesi del Golfo.

Ci sarà pace per gli afghani?

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Posizione geopolitica dell'Afghanistan

Posizione geopolitica dell’Afghanistan

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