ISRAELE, LIBANO ED HEZB’ALLAH

ISRAELE, LIBANO ED HEZB’ALLAH

Uzi Moscovic (Fonte: Wikimedia Commons)

Uzi Moscovic (Fonte: Wikimedia Commons)

Si continua a monitorare la situazione in Israele mentre….la guerra infuria decisamente in Siria.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

In Israele c’è stato senza dubbio un potenziamento della guerra mediatica sulla necessità di una prossima guerra in Libano focalizzata sulla minaccia proveniente da Hezb’Allah, movimento e partito sciita indicato come un vero e proprio esercito, dotato di armamento pesante di ultima generazione e un apparato di sicurezza ormai impenetrabile.

Esponenti militari israeliani sottolineano a stampa e televisioni come il leader del movimento Hassan Nasrallah esalti le misure di contrasto in grado di dispiegare nell’ipotesi di un’invasione israeliana.

Misure confermate anche dai coloni nelle Alture del Golan che riferiscono la presenza pervasiva dei combattenti sciiti in aree e villaggi che renderebbero difficoltosa l’eliminazione del nemico anche utilizzando truppe di terra supportate da raid aerei.

Lo stesso capo di Stato Maggiore del’ “ Israeli Defence Force” (IDF), Uzi Moscovic, in una rara intervista concessa al quotidiano “Haaretz” dichiara che “mancano informazioni sulla dislocazione delle piattaforme mobili atteso che il movimento sciita ha costruito un sistema di attacco su una rete di 170 villaggi eludendo la nostra capacità di spionaggio”.

Nell’intervista comunque il generale Moscovic non parla del quotidiano movimento dei droni-spia su Libano, Golan e Siria. Il capo di Stato Maggiore non manca però di rassicurare l’opinione pubblica israeliana escludendo un intervento militare in tempi brevi per tre motivi: il perdurare del conflitto in Siria; il mancato appoggio politico da parte degli USA; le informazioni sulle nuove batterie di missili; il nuovo sistema radar in possesso del movimento sciita di probabile provenienza russa e iraniana.

Gli ha fatto eco dal “Channel 2” il colonnello Eliav Helbaz, che opera al confine con il Libano, il quale precisa come la presenza sul confine degli osservatori sciiti sia considerevolmente aumentata “nonostante l’impegno in Siria… per controllare l’attività dei soldati israeliani”.

Ecco il motivo della costruzione di mura lungo la fascia confinaria per evitarne le incursioni, le esercitazioni per lo sgombero delle colonie Meskafaam e Mokelleh a ridosso del confine, lo spostamento di attività chimiche, considerate a rischio nella zona di Haifa, di cui aveva parlato il leader sciita Nasrallah minacciandone il bombardamento.

Non sorprende la recente analisi USA su Libano, Iraq e Territori Occupati Palestinesi (in attesa di includervi la Siria) indicati come “Stati falliti”. Infatti, la valutazione, ripresa dai dati dell’organizzazione “Transparency International”, coincide temporalmente con la campagna mediatica israeliana perché riguarda soprattutto il Libano.

Del Paese, si pone in evidenza: la corruzione, che sarebbe superiore a quella presente in Egitto, Sudan, Marocco, Algeria, Autorità Nazionale Palestinese, Giordania e Tunisia, la perdita di forza regionale e internazionale; l’invasione crescente di profughi siriani; i problemi di sicurezza al confine con Israele.

Il Libano è presentato già come uno Stato disgregato, al punto che gli ambasciatori stranieri si muovono senza neppure il permesso del locale ministero degli esteri mentre il Governo si limita a mantenere solo la sua base di sostegno abbandonando gli altri cittadini al di fuori della propria setta o fazione.

Sono sempre meno i club, le associazioni e le Istituzioni politiche con cittadini di diverse affiliazioni settarie, mentre crescono le sottoculture religiose, settarie, regionali a scapito di una cultura comune che fece dei libanesi i pionieri della modernizzazione fi dall’inizio del XX secolo.

L’analisiamericana fa anche un parallelo della recente storia libanese tra la situazione nel 1948 e nel 2013.

Nel primo caso, il fondatore del Partito falangista, Pierre Gemayel, partecipava all’operazione di accoglienza dei profughi palestinesi e dopo 27 anni, scoppiata la guerra libanese, le due principali fazioni opposte erano le organizzazioni armate palestinesi e i falangisti libanesi. L’esodo dei siriani del 2003 potrebbe ripetere la storia, soprattutto se gli sfollati siriani hanno perso la speranza di ritornare alle proprie case.

Ora il Libano non è in grado di intervenire sui problemi di corruzione e divisione settaria di fronte all’ondata di circa un milione di sfollati siriani, ma forse agirà senza aspettare 27 anni come nel caso palestinese.

La guerra civile del 1975 – 1991 si concluse dopo aver provocato l’esodo di oltre un milione di libanesi. Se il Libano si dirigesse verso un’altra guerra civile, i candidati alla fuga sarebbero molti, sempre che venga loro permesso di fuggire perché gli Stati hanno cominciato a chiudere le frontiere.

In realtà la “guerra promessa” contro Hezb’Allah e il Libano trae linfa vitale dalla nuova intesa quadri-laterale di Israele con Arabia Saudita, Egitto e Giordania che hanno portato all’ufficializzazione la nuova convergenza di interessi nella regione. Lo scarto temporale è dovuto all’attesa della nomina del nuovo presidente USA, che, in ogni caso è un conclamato partner di Tel Aviv.

Il candidato repubblicano Donald Trump ha già dichiarato che il governo israeliano deve non solo continuare ma aumentare la colonizzazione delle residuali terre palestinesi in Cisgiordania, ribadendo l’incondizionato supporto a Israele.

Il candidato democratico, Hillary Clinton ha sempre manifestato la sua favorevole posizione nei confronti di Israele e alla sua politica di attacco nei confronti dei “terroristi palestinesi”, anche in due occasioni particolari: sul fallito accordo israelo-palestinese del luglio 2000, in qualità di first lady dell’allora presidente Clinton, addossò la colpa al presidente Arafat; in merito all’elevato numero di vittime civili dopo l’intervento distruttivo nella Striscia di Gaza (luglio – agosto 2014), con oltre 2 mila morti, ne addossò la colpa ai palestinesi.

In ogni caso, in attesa del Libano, Israele non perde tempo in Siria.

Oltre al quotidiano sorvolo con aerei e droni nello spazio aereo siriano, non manca di eseguire raid in territorio siriano in varie occasioni: si tratti di sospetto sito nucleare, di carovane sospettate di portare armamento a Hezb’Allah, di campi profughi palestinesi (in particolare Yarmuk) e, soprattutto recentemente, di uccidere comandanti e soldati delle forze speciali iraniane e libanesi di Hezb’Allah (fra cui due generali, uno libanese e uno iraniano) presenti nella parte siriana delle Alture del Golan per combattere i jihadisti di Daesh, o di esecuzioni mirate, l’ultima delle quali quella di Samir Kuntar, libanese druso, esponente militare palestinese e di Hezb’ Allah (dicembre 2015).

Intanto, il premier israeliano ha dichiarato ufficialmente che non cederà mai le Alture del Golan (1.200 kq) occupato durante la guerra del giugno 1967, già unilateralmente annesso con legge del 1981.

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