MEDIO ORIENTE E LAND GRABBING (accaparramento forzoso della terra)

MEDIO ORIENTE E LAND GRABBING (accaparramento forzoso della terra)

 

Il futuro dell'Africa.....? La corsa alla terra...

Il futuro dell’Africa…..? La corsa alla terra…

Si ripropone…l’accaparramento forzoso della terra….la storia ha i suoi ricorsi…le costanti della geopolitica…in Etiopia e altrove!

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

All’inizio di agosto, in Etiopia nelle regioni di Oromiya e Amhara le proteste antigovernative di migliaia di manifestanti sono state muscolarmente contrastate dalle forze di sicurezza etiope che hanno ucciso quasi cento persone e tratto in arresto varie centinaia.

Le proteste attuali costituiscono il seguito di quelle del precedente novembre in occasione della decisione del governo di dare inizio all’Integrated Master Plan, contemplante l’espansione urbana della capitale per creare una zona industriale nella regione di Oromiya con conseguente esproprio dei pochi terreni agricoli dell’area interessata.

In realtà da almeno dieci anni, anche l’ufficio per Africa centrale, Corno d’Africa e regione dei Gradi Laghi di Amnesty International lancia allarmi sul sistematico ed eccessivo uso della forza da parte delle forze di sicurezza contro ogni forma di dissenso sulle politiche di Addis Abeba.

Già nel 2007, uno scrittore, giornalista e grande conoscitore dell’Africa, Stefano Liberti racconta con dovizia di particolari visti e vissuti il sistema del land-grabbbing (nel libro A Sud di Lampedusa).

La stragrande maggioranza della popolazione etiope vive ancora di un’agricoltura di sussistenza su piccole parti di terreni che è costretta ad abbandonare a causa delle politiche di land-grabbing (accaparramento forzoso della terra).

Nello specifico, multinazionali, governi stranieri e anche privati acquistano ingenti ettari di terreni a prezzi bassissimi destinandoli a monoculture intensive a completo danno delle popolazioni indigene che scontano la distruzione della biodiversità, deforestazione, usurpazione di aree di pascolo e dei pochi terreni destinati all’agricoltura di sussistenza.

E oltre alla perdita del lavoro devono abbandonare le zone d’origine per raggiungere città dove non troveranno né servizi né le strutture promesse.

La policy del land-grabbing è diffusa non solo in Etiopia e nei Paesi contermini in molte aree del Medio Oriente (dalla regione dei Grandi Laghi fino al Corno d’Africa, all’Arabia Saudita).

Come accade? E perché?

Una sintetica analisi può orientarne le ragioni sottese.

La patria araba da Nord a Sud e da est a Ovest si è, di fatto, piegata alle basi militari di USA, Russia, Israele, Germania, Francia alle basi militari. Ma accanto alle basi militari esiste prima di tutto un controllo economico più forte di quello militare, quello del dollaro.

E’ il dollaro che controlla l’economia globale e soprattutto i Paesi a reddito basso perché depauperati prima dalla colonizzazione, che ne ha sfruttato risorse energetiche, oro, diamanti e i “metalli rari” (utilizzati prevalentemente per informatica e satelliti per le ricerche extra-terrestri) e successivamente attraverso i “Piani di Ristrutturazione” del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, imponendo sui prestiti accordati altissimi tassi di interesse.

I Paesi ricchi di risorse, come quelli del “Consiglio di Cooperazione del Golfo” (CCG: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) non sempre appaiono migliori se si prende in considerazione lo standard di vita del popolo e non solo quello della famiglia regnante e dei loro beneficiati.

Eccelle il Kuwait la cui famiglia regnante si è dimostrata più lungimirante tra quelle del CCG e ha creato un fondo per fronteggiare le circostanze impreviste che potrebbero arrestare il flusso del petrolio e farne scendere il prezzo, come è accaduto recentemente.

Al contrario l’Arabia Saudita ha annunciato una “rivoluzionaria riforma” che potrebbe richiedere il pagamento delle tasse, il corretto rapporto fra lavoro e produzione e ri-nazionalizzazione delle grandi imprese.

La riforma potrebbe indebolire il rapporto fra Stato, cioè la famiglia reale e i cittadini.

Le disastrose guerre portare dall’Occidente dopo l’11 settembre 2001, in Afghanistan, Iraq, Costa d’Avorio, Libia, Siria e Mali, tutte tuttora in corso ci dicono che il mondo arabo intero vive una serie di crisi economiche nate da crisi politiche senza fine.

Ed è una realtà che attraversa tutti i Paesi, da quelli che hanno un sistema monarchico e redditi altissimi a quelli con sistemi repubblicani come Egitto, Iraq e Siria.

In sintesi, il dominio della finanziarizzazione mondiale introdotta nel nuovo millennio dagli USA e trasferito dalla Gran Bretagna in Europa e Medio Oriente attraverso le guerre ha realizzato una polarizzazione fra i nuovi ricchi, che sono l’1% della popolazione globale e ne controllano le finanze, e il restante 99%, che è destinata a una crescente pauperizzazione attraverso misure di austerità che smantellano i diritti di lavoro, sanità e istruzione costringendoli a una precarietà assoluta.

Precarietà, come sta emergendo in questi ultimi dieci anni, che arriva alla conclamata policy del land-grabbing, che, specie nei Paesi connotatati da continui periodi di siccità, di fatto arriva alla deportazione dei suoi cittadini.

E non solo in Africa.

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