AFGHANISTAN. ANALISI SUL NEGOZIATO

AFGHANISTAN. ANALISI SUL NEGOZIATO

Islamic State of Khorasan....

Islamic State of Khorasan….(ISK)…mappa approssimativa.

Arriverà mai la pace o un simulacro di pace in Afghanistan?

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini                                                                                                                                                   

A gennaio 2016, il Pakistan forma con Afghanistan, Cina e USA un gruppo con l’obiettivo di realizzare una road map negoziale che con il supporto di un “Organismo internazionale di mediazione di conflitti” (PUGWAS) prepara a Kabul la conferenza del gruppo con i talebani fissata per il primo giorno di febbraio.

Nello stesso giorno, a un posto di polizia nel quartiere di Deh Mazang, un terrorista cerca di entrare nella base e, fermato all’ingresso, si fa esplodere causando oltre 20 morti e il ferimento di numerosi civili.

La strage, rivendicata dai talebani, aumenta il bilancio delle vittime che registrano nel solo anno 2015 oltre 8 mila militari afghani e 3.600 civili uccisi o feriti in oltre 6 mila azioni terroristiche.

La situazione è caotica nel Paese, dove nel 2015 si contano oltre 300 mila sfollati interni mentre i negoziati di pace fra Governo e talebani , più volte tentato, non riesce a decollare.

E allora chi vuole la pace e chi invece lotta contro?

Da una mirata analisi degli eventi emerge una situazione complessa per la presenza di interessati attori esteri.

In primo luogo, sorprende che tutte le azioni vengono rivendicati dai talebani ma in realtà sul sito ufficiale della Shura di Quetta che fa capo al Mullah Mansur, il nuovo leader dei talebani, compare solo quella contro la rete televisiva TOLO.

Un secondo punto riguarda la posizione del leader Mansur, eletto nonostante molte contestazione perché meno radicale del suo predecessore Mullah Omar e sensibile alle richieste pakistane, che nomina come suo vice Siraj Haqqani, noto qaedista e da sempre contrario alla mediazione.

Terzo indicatore è la notizia, ancora non provata, della distruzione nel corso di un raid aereo statunitense della recente emittente di Daesh nel Pese dell’Indukush.

In realtà, l’emittente, distrutta o no, conferma la presenza nello scenario afghano-pakistano di una nuova minaccia: l’ “Islamic State of Khorasan” (ISK), così definita da Daesh l’area che include Afghanistan, India, Iran e Pakistan.

Si tratta della formazione jihadista, di originaria matrice qaedista, nota ai media nel gennaio 2015 dopo il formale giuramento di fedeltà al Califfato di Ibrahim Abu Bakr Baghdadi, che si affretta a riconoscerla come sua Wilayat (provincia).

E’ l’ISK che rivendica l’attentato dell’aprile 2015 che distrugge la banca di Jalalabad, provocando un alto numero di morti e feriti. Ne è leader Hafiz Khrn Saeed, già operante con i talebani pakistani dell’assalto a Mombai nel novembre 2008.

Insieme a un gruppo di talebani afghani a lui fedeli, si allontana da Mullah Omar e raggiunge il ramo dell’ “Islamic State of Iraq and Sham” che si sarebbe distaccato da ISIS per aderire al progetto del Califfato di Baghdadi per dare vita a Daesh.

Le ricerche dell’intelligence di Afghanistan, Pakistan e NATO rilevano che la l’organizzazione di Saeed è ormai in grado di attrarre numerosi talebani afghani e pakistani in contrasto con le posizioni assunte dalle rispettive leadership.

Certamente, la morte del Mullah Omar nel 2013, nascosta per due anni dai talebani, era nota a Daesh che ha trovato in Saeed la chiave per depotenziare i talebani alimentandone le divisioni interne e cavalcando la lotta per la successione al carismatico Mullah deceduto.

La strategia dell’ISK è basata sul consolidamento delle forze combattenti delle regioni vicine, in particolare in Pakistan e India, e nei Paesi europei tra i migranti islamici di seconda, terza generazione mai integrati con la popolazione locale e rimasti ai margini sociali e quindi radicalizzatisi perché privati del loro passato e senza un futuro.

Il reclutamento degli “aspiranti combattenti” nei Paesi vicini e in quelli europei aumenta nel tempo, come indicano i dati inerenti rispettivamente a Islamabad, Kashmir, Uttar Pradesh (sede storica delle madrasse deobandi) e Kabul, e Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna.

Di fatto, le reti terroristiche hanno operato nel tempo passato e recente a Madrid, con gli attentati ai treni nel 1994, a Londra del 2005 e Parigi nel novembre 2015 e gennaio 2016.

E proprio in Germania all’inizio di febbraio sono arrestate tre persone in contatto con esponenti di Daesh e in possesso di armi ed esplosivo per assaltare il check-point Charlie, già nota demarcazione territoriale fra le Germania dell’Est e quella dell’Ovest, e oggi meta di turisti.

Una prima risposta alla domanda su chi abbia interesse a sabotare l’intesa Kabul- Islamabad trova la sua ragione d’essere non solo nelle divisioni dei talebani in più fazioni ma anche allo scontro con l’ISK.

In questo contesto, si inserisce anche un secondo attore.

E’ la formazione qaedista – ostile a Daesh e ISK – che nell’agosto 2015 diffonde un messaggio audio di Hamza bin Laden, figlio 25enne della terza moglie di Osama bin Laden che lo aveva designato come suo erede.

Nel messaggio, Hamza ripropone la teoria qaedista dell’attacco al “nemico lontano” – USA Europa, Israele – per sottolineare la distanza di Daesh e ISK, che privilegiano il “nemico vicino”, cioè i Paesi islamici sciiti e i takfir (traditori) sunniti.

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Un giovanissimo Hamza bin Laden, foto probabilmente del 2001

Un giovanissimo Hamza bin Laden, foto probabilmente del 2001.

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