LIBANO. ELEZIONI PRESIDENZIALI…situazione oggi 7 gennaio

Nabih Berri, Presidente dl Parlamento libanese.

Nabih Berri, Presidente dl Parlamento libanese.

Oggi 7 gennaio, ci si avvia verso nuove elezioni presidenziali in un Libano sempre più politicamente instabile in una regione dove la stabilità è divenuta una chimera. L’attuale situazione politica e i concorrenti in campo: una sintesi.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini                       

Dopo che il 13 dicembre per la 33° volta è mancato il quorum richiesto per eleggere il nuovo presidente che il sistema istituzionale riserva a un cristiano maronita il presidente dell’Assemblea parlamentare libanese, Nabih Berri, ha convocato una nuova sessione elettiva il 7 gennaio 2016.

La carica vacante dal 25 maggio 2014 costituisce un grave fattore di instabilità in un Paese piegato da crisi siriana, flusso di quasi 2 milioni di immigrati, pervasiva presenza di combattenti jihadisti del Fronte al-Nusra autori di numerose stragi, l’ultima delle quali il 12 dicembre, pesante caduta economico-sociale.

La ragione per cui i 18 mesi di stallo sulla nomina del futuro presidente rischiano di proseguire è la candidatura di Suleiman Frangiyeh, leader del movimento “Marata”, fecente parte del blocco “8 marzo” guidato da Hezb’Allah e dal “Movimento Patriottico Libero” (MPL) del generale Michel Aoun, filo siriani, la cui assenza ha fatto mancare il quorum alla sessione parlamentare del 13 dicembre.

Il rischio che lo stallo prosegua deriva da molteplici fattori.

In primo luogo, Frangiyeh è nipote dello stesso Suleiman eletto presidente nel 1970 e che, nel 1976, poco dopo l’inizio della guerra civile, invitò Hafez al-Assad a pacificare il Libano e proteggere i cristiani.

Anche l’attuale candidato alla presidenza è filo-siriano tanto che alla metà di dicembre si è recato a Damasco per lunghi colloqui con Bashar al-Assad.

In secondo luogo, il candidato è proposto dal Partito sunnita “Futuro”, anti-siriano e guidato da Saad Hariri, ex premier e figlio di Rafiq, assassinato il 14 febbraio 2004 sul lungomare di Beirut a mezzo di un’autobomba che anche uccise altre 22 persone.

Già premier in Libano, Rafiq era anche il referente privilegiato di Arabia Saudita, Francia e USA, da tempo in contrasto con Siria e Iran, sciiti e referenti del partito di Hezb’Allah, sciita e presenti in Libano.

Lo scenario è complesso anche per il vissuto di Saad Hariri, che aggiunge un terzo fattore.

Saad inizia l’attività politica in seno alla coalizione “14 Marzo”, sunnita e anti-siriana, subito dopo l’uccisione del padre e la caratterizza con la lotta all’ingerenza siriana anche dopo il ritiro di Damasco nell’aprile 2005.

In parallelo, la rivalità con Hezb’Hallah, vicino a Siria e Iran, peggiora i rapporti fra le comunità sciite e sunnite, con punte da guerra civile esplose sin dal 2008 con gli scontri a Tripoli, nel Nord libanese, tra la maggioranza sunno-salafita vicina ad Arabia Saudita e Hariri e la minoranza sciita composta da 24 mila persone.

Le frizioni fra le due coalizioni portano al crollo del governo Hariri nel 2011 per il ritiro del blocco dell’ “8 Marzo” a causa delle accuse a politici vicino a Hezb’Allah di complicità nella strage del 14 febbraio, accuse sempre contestate da Hezb’Allah ma rivolte nel 2011 direttamente a 5 militanti del movimento islamico e ancora in corso di definizione.

Subito dopo la caduta del governo, Saad Hariri si trasferisce prima in Arabia Saudita e dopo a Parigi, perde tutto il patrimonio a causa di avventurose speculazioni finanziarie, mentre il suo partito va alla deriva.

Lo scenario vede ancora oggi il fronte “8 Marzo” solido e la coalizione “14 Marzo”, sunnita e riferimento di Hariri e Arabia Saudita, in caduta libera per le divisioni fra le componenti cristiane e l’uscita dei drusi di Walid Jumblatt, che si posizione in un’area attendista centrista.

Il contesto lascia ipotizzare che le iniziative di Hariri siano un’operazioni pilotata per indebolire il fronte dell’”8 Marzo”.

Di fatto, sino a ora, l’”8 Marzo” ha candidato il generale Michel Aoun, noto per essere stato uno dei protagonisti della guerra civile e oppositore della presenza siriana in Libano negli ultimi 30 anni sino al ritiro del 2005.

Il gruppo del “14 Marzo” ha finora sempre candidato Samir Geagea, leader delle Forze Libanesi, criminale di guerra scarcerato durante l’amnistia del 2000.

Candidati che erano e sono inaccettabili per i due opposti blocchi politici.

Cosa accadrà il 7 gennaio dipenderà dagli agenti esogeni, dallo schieramento delle componenti cristiane, presenti in entrambe le coalizioni, e da esponenti che contano minori ma sicure presenze parlamentari.

In merito ai primi, i media libanesi all’unanimità diffondono notizie sul supporto da parte di Arabia Saudita, Francia e USA a Frangiyeh.

Sul secondo punto va considerato che nel 1978, il padre di Suleiman, Tony, venne ucciso con la moglie e la piccola figlia nei pressi di Zgharte, vero e proprio feudo della famiglia Frangiyeh, e delle strage è sospettato Samir Geagea.

Sul terzo punto, si sottolinea anche Elie Hobeika, autore del massacro dei palestinesi del campo profughi di Sabra e Shatila nel 1982, e Bashir Gemayel, leader delle Falangi Armate, divenuto presidente nel 1982 con l’appoggio di Israele, e poco dopo assassinato.

E ora, Geagea, Hobeika e il fratello di Bashir, Amin, siedono in Parlamento e i voti che possono attrarre in vantaggio dei contendenti sarà importante sia per l’elezione del presidente, se ci sarà, e il futuro governo.

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Michel Aoun e Nasrallah, capo di Hezb-Allah (Foto Mohammad Azakir x Daily Star).

Michel Aoun e Nasrallah, capo di Hezb-Allah (Foto Mohammad Azakir x Daily Star).

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