Colombe e Serpenti, Forze Speciali e Intelligence un connubio insostituibile.3

Colombe e Serpenti, Forze Speciali e Intelligence un connubio insostituibile.3

Qualche riflessione finale….anche storica…

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

images-2Niccolò Machiavelli era solitoricordare che: “…niente è più necessario ed utile ad un generale del conoscere le intenzioni ed i progetti del nemico. Quanto più è difficile l’acquisizione di questa conoscenza tanto maggiore è il merito di chi riesce a prevederla correttamente”.

Le Forze Speciali e le loro capacità sono funzionali a tale scopo, ma devono essere parte integrante di un organismo informativo che fa della dimensione umana la propria pietra filosofale. E’ proprio questa la maggiore sinergia che deve essere raggiunta con la creazione di una vera e propria unità all’interno delle Forze Speciali, legata alle agenzie di informazione e sicurezza.

Se questa soluzione non potrà essere raggiunta, l’alternativa dovrà essere quella di una maggiore sinergia tra le agenzie e le forze armate che devono fungere in modo continuo da raccordo con gli enti della vita civile, così da poter garantire una penetrazione più profonda sul territorio e un analisi chiara delle varie crisi. La multipolarità del contesto globale richiede infatti sempre di più un maggiore studio coadiuvato da una forte reattività.

Essendo le meccaniche di base del pensiero occidentale ormai fin troppo conosciute, bisogna sviluppare un approccio nuovo, più particolareggiato e in grado di cogliere quelle sfumature capaci di far interagire gli addetti ai lavori con le diverse realtà senza sclerotizzarle. Come i quarantasette Ronin, bisogna mantenere uno stretto equilibrio tra fine e mezzo, comprendendo che la pianificazione è importante quanto l’operatività e che nel momento in cui questa è messa in atto deve essere veloce quanto capace di adattarsi ai contesti circostanti senza alterarne gli equilibri[1]. Questa è una capacità insita nelle Forze Speciali che operano spesso in condizioni di ‘voluta’ clandestinità.

Una raffigurazione giapponese dei 47 Ronin

Una raffigurazione giapponese dei 47 Ronin

Infine gli strumenti informativi devono ruotare intorno all’elemento umano, essendo mezzi categorizzati per la risoluzione di problemi che hanno l’essere umano al centro.

I Romani, attraverso il concetto di virtus, sottolineavano la dimensione umana nella vita civile e militare come la massima espressione dell’iniziativa personale, volta al miglioramento di un sistema che nonostante la compartimentazione dei termini civile e militare era interdipendente. Questo deve far comprendere come questa complicità non possa essere disgiunta, oggi, dalle strutture civili demandate alla tutela della pubblica sicurezza, se non si vuole perdere quel surplus di capacità personale che potenzia entrambi gli ambiti. Solo così potranno essere contrastate le crisi che in questo mondo multipolare possiedono una connotazione polimorfa che impone di essere prudenti come serpenti e semplici come colombe.

[1] I Quarantasette Ronin erano un gruppo di samurai al servizio di Asano Naganori, rimasti senza padrone (divenuti perciò ronin) dopo che il loro daimyo (padrone) era stato costretto a commettere seppuku (il suicidio rituale giapponese) per aver assalito il maestro di protocollo dello Shōgun, Kira Yoshinaka. I Ronin attesero per circa due anni, pianificando l’attacco e infiltrandosi sotto falso nome nella fortezza del maestro di protocollo. Al segnale convenuto, in una sola notte, vendicarono il loro padrone uccidendo il cortigiano e tutti i suoi discendenti maschi.

 

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