Aggiornare l’intelligence al tempo delle pandemie e delle nuove guerre europee

Aggiornare l’intelligence al tempo delle pandemie e delle nuove guerre europee

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Una interessante lezione dell’on Pagani al Master in intelligence dell’Università di Calabria che tratta argomenti di estrema attualità.. Spero di poter presto presentare il mio ultimo studio sulla storia politica della legislazione dell’intelligence in Italia, edito da Rubbettino, in pubblicazione.

Il Direttore scientifico: Maria Gabriella Pasqualini

Alberto Pagani, Deputato e Membro della Commissione Difesa, ha tenuto la lezione “Intelligence economica per l’Italia. Quali riforme” al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

“Nel nostro Paese l’attuale struttura e organizzazione del comparto intelligence assolve oggi ai suoi compiti per la sicurezza nazionale nel migliore dei modi, rispetto ai cambiamenti globali in cui si trova ad operare?”. Con questa domanda Alberto Pagani ha avviato la lezione, ricordando che i compiti fondamentali dell’intelligence sono due. Il primo è di fornire informazioni al decisore politico, perché possa compiere le scelte necessarie alla tutela del benessere, della sicurezza e dell’interesse nazionale. Il secondo è di operare attivamente, su indicazione del decisore politico, per neutralizzare le minacce e minimizzare i rischi che gravano sulla Repubblica e sui cittadini. “L’intelligence – ha sostenuto – è uno strumento dello Stato. In quanto tale non è intrinsecamente buono o cattivo, questo dipende dall’uso che ne fa il decisore politico, che è parte integrante del ciclo dell’intelligence.

La forma e l’organizzazione dello strumento sono, prima di tutto, l’espressione del processo storico che l’ha prodotto”. Quindi ha citato Karl Popper, secondo cui non esiste l’osservazione pura, priva di un apparato teorico di riferimento, e Sigmund Freud, per cui vi è un tempo per guardare e un tempo per pulire le lenti. Pagani ha spiegato: “Inforcare le lenti e cominciare a guardare senza aver pulito gli strumenti di osservazione può essere tanto dannoso quanto passare il tempo a esclusivamente a pulire”. In altri termini possiamo capire il fabbisogno informativo odierno e l’efficacia dell’attuale struttura e organizzazione dell’intelligence riferendoci ai contesti storici in cui si è dovuta adattare ed evolvere. Questa consapevolezza ci aiuterà a capire anche quali eredità del passato sono ancora utili e quali sono divenute zavorra.

Pagani ricorda che “l’organizzazione odierna dei servizi di intelligence italiani si forma fondamentalmente dopo la Seconda Guerra Mondiale, in un un’Italia liberata dal nazifascismo, ma sconfitta, perché era stata condotta da Mussolini a combattere al fianco della Germania e del Giappone.  Era l’alba della Guerra fredda, sulla linea di faglia di una Cortina di ferro che divideva l’Europa in due blocchi, e nella democrazia italiana c’era il più grande partito comunista dell’Occidente. Nell’immediato secondo dopoguerra la riorganizzazione degli apparati di sicurezza e di intelligence, aiutata ed indirizzata dai vincitori del conflitto, all’interno dell’Alleanza Atlantica, risentiva di quel contesto storico.

La principale minaccia per l’Occidente era l’Unione Sovietica, potenza ostile che si temeva potesse persino invadere l’Italia, perciò i servizi segreti avevano essenzialmente una funzione di controspionaggio, e dovevano servire a costruire a contrastare i comunisti in caso di occupazione sovietica, anche con strutture militari di natura clandestina, come Gladio.

Nel 1977 la legge 801 ha riorganizzato i servizi nel Sismi, Servizio Informazione e Sicurezza Militare, con funzioni di controspionaggio interno ed esterno e dipendente direttamente dal Ministero della Difesa, e nel Sisde, Sistema di Informazione per la sicurezza e la tutela delle istituzioni democratiche, dipendente dal Ministero degli Interni”. Pagani evidenzia che “con la caduta del muro di Berlino nel 1989, si chiude l’epoca della divisione del mondo nei due blocchi contrapposti, caratterizzati dai loro modelli economici, ideologici e politici opposti, che era la ragione per cui i nostri servizi furono pensati e costruiti in quel modo.

Negli anni successivi, coltivando l’illusione che il capitalismo democratico e liberale avrebbe conquistato e pacificato il mondo, imponendo un modello unico e vincente di società, l’Unione Europea e la Nato si allargano ad Est, la Cina entra nel WTO, la Russia sembra avvicinarsi all’Occidente, ed al vecchio schema bipolare si sostituisce un nuovo modello, fondato sulla globalizzazione liberista dei mercati, sul Washington consensus e sui dieci punti economici di Williamson”.

Ma l’occidentalizzazione pacifica del mondo era un’illusione perché, spiega Pagani, la globalizzazione ha avvicinato come ha allontanato, ha unito i popoli come li ha divisi, perché “ad ogni azione corrisponde sempre una reazione” e, come anticipato da Samuel Huntington ne Lo scontro delle civiltà, “ai tentativi di omogeneizzazione politica e culturale del modello democratico liberale capitalistico e di globalizzazione economica, le diverse civiltà hanno risposto con una frammentazione identitaria o localistica. Così il mondo è diventato multipolare, o forse apolare, perché nei nuovi conflitti di natura culturale, politica, religiosa, ideologica, si può entrare in competizione con i propri alleati e fare affari con i propri avversari.

Per esempio Francia e Italia, che hanno fondato la CECA, poi la CEE, poi la UE, e sono alleati nella NATO, si trovano a volte in contrapposizione perché hanno interesse strategici divergenti. Per contro, anche se non esiste alcuna alleanza tra l’Occidente e la Cina, tutti i Paesi Occidentali, Stati Uniti compresi, sono diventati economicamente interdipendenti con quella che è diventata la fabbrica del mondo. Fu solo con l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, che si mostrarono le conseguenze sulla sicurezza della trasformazione che il mondo aveva subito, e si comprese l’emergere delle nuove minacce, come il terrorismo di matrice jihadista, evidenziando la necessità di ripensare anche la struttura delle agenzie di intelligence, per farvi fronte più efficacemente. In Italia, la legge 124/2007 riformò il comparto intelligence, istituendo il DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) con a capo il Presidente del Consiglio, a coordinare l’Aisi (Agenzia di Informazioni per la Sicurezza Interna) e l’Aise (Agenzia di Informazioni per la Sicurezza Esterna).

 “Una riforma – afferma Pagani – che ha significato un cambio di paradigma, imponendo la consapevolezza delle nuove sfide da affrontare, ed ha fatto emergere una visione diversa del rapporto con la società, ed una maggiore apertura al mondo civile, delle università, delle professioni. Infatti, si è anche avviato un nuovo reclutamento del personale intelligence, che non proviene più soltanto dalle forze armate o delle forze di polizia”.

Ma la trasformazione del mondo era più profonda e radicale di quanto potesse sembrare. Uno dei più grandi teorici della globalizzazione, il sociologo tedesco Ulrich Beck, utilizza il termine metamorfosi per descrivere una trasformazione di versa dall’evoluzione, come avviene nel campo etologico. I cambiamenti più profondi derivano dal fatto che la globalizzazione dei mercati e dell’economia capitalistica ha favorito lo sviluppo di grandi potenze economiche emergenti, prima tra tutte la Cina, e questo ha modificato nei fatti l’equilibrio di potere su cui si basava il vecchio Ordine Mondiale, mettendolo in fluttuazione e producendo una nuova conflittualità latente. Lo avevano giù intuito gli ufficiali dell’Aeronautica Militare Cinese Qiao Liang e Wang Xiangsui, che descrivessero la nuova conflittualità che si nascondeva nel processo di trasformazione dei rapporti di forza globali parlando di “guerra senza limiti”, combattuta non più a livello militare, ma in modo asimmetrico, non solamente sul piano militare, con il terrorismo, ma anche nella dimensione economica, informativa, cibernetica”. I due ufficiali cinesi anticiparono di quasi un ventennio il concetto strategico di guerra nelle zone grigie, illustrato dal generale Gerasimov, Capo di Stato Maggiore delle forze armate russe, nella sua dottrina militare.

Anche in Occidente alcuni Paesi sono stati più pronti degli altri a comprendere la portata della trasformazione e ad adattarvi i propri strumenti di intelligence. Negli anni 90 del secolo scorso i francesi, compresero che la dimensione dominante dei nuovi conflitti sarebbe stata quella della guerra economica, fondarono l’école de guerre économique. Il principale ritardo nella capacità di adattamento del nostro sistema di sicurezza – afferma Pagani, attiene proprio alla dimensione economica ed alla dimensione cyber: “rispetto ad un attacco cyber che colpisce un’infrastruttura critica e mina la sicurezza nazionale, o ad una minaccia economica che compromette la sovranità nazionale su attività di interesse strategico, ci si deve porre una domanda”. “La minaccia è interna, esterna, o forse è sia l’una che l’altra? È di competenza dell’Aise o dell’Aisi? L’organizzazione delle nostre strutture, dei nostri dispositivi di raccolta ed interpretazione delle informazioni, è la migliore possibile o c’è la necessità di pulire le lenti o modificare le loro gradazioni?”.

Per recuperare il ritardo in Italia è stata recepita la direttiva europea NIS, perimetrato l’ambito delle infrastrutture critiche, che erogano servizi essenziali, ed è stata istituita l’Agenzia Nazionale per la Cyber Security, che fa capo alla Presidenza del Consiglio, coordinata dall’autorità delegata all’intelligence. Sul piano economico è stata previsto so strumento del Golden Power per proteggere l’interesse nazionale nel campo economico ed industriale, strumento utile, utilizzato più volte, ma che necessita ancora di ulteriori modifiche ed aggiornamenti. Per sistematizzarli servirebbe una modifica della legge 124/07, che è una legge speciale, approvata a larghissima maggioranza parlamentare, ma “la questione è squisitamente politica. Non può essere risolta con un semplice intervento di natura governativa” ha spiegato Pagani.

Infatti “vanno ridefinite le nuove necessità per la sicurezza nazionale, indicando di conseguenza i nuovi strumenti e le nuove modalità organizzative attraverso le quali il comparto potrà corrispondere adeguatamente a rischi e minacce economiche, finanziarie e cybernetiche”.

Secondo Pagani, l’intelligence “ai compiti di analisi primaria dovrebbe integrare e rafforzare compiti di analisi secondaria e strategica. Migliorare la capacità di raccogliere, correlare e interpretare le informazioni per definire gli scenari possibili nei quali ci si potrà trovare precipitati in futuro prossimo aiuterebbe i decisori politici a disegnare una nuova strategia nazionale, senza dover agire sempre con la logica dell’emergenza. Un esempio tra tutti può essere la necessità di avere una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, che è resa oggi evidente dal conflitto ucraino, ma che si poteva anticipare anche negli anni in cui la dipendenza dell’Italia dal gas russo passava dal 20 al 40 per cento”.

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