Un lucido articolo del prof. ANDREA BIANCHI

L’INTERESSE DEL MAROCCO SUL SAHARA OCCIDENTALE

Com’era prevedibile, la diplomazia del Makhzen ha dato i suoi frutti per quanto riguarda il Sahara occidentale. Dopo anni di lavorio intenso che hanno guadagnato il sostegno prima della Francia e poi del Regno Unito, il Marocco ora si fa scudo della dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che, pochi giorni fa, ha votato a suo favore.
Dunque cosa succede? Dai tempi degli Accordi di Abramo, nonostante le lungaggini e i rallentamenti prodotti dal covid, gli USA hanno un saldo e istituzionale punto di appoggio all’interno del territorio del Sahara occidentale e, precisamente, a Dakhla. Cosa questo significhi per la presenza USA che verrà rilanciata a stretto giro anche in Libia, lo vedremo facilmente. Gli USA non cedono in Africa perché sanno che per la Cina questo continente è la “chiave” per aprire l’Europa ed entrarvi, più che non la Via della Seta.
Nei comunicati stampa di alcune agenzie marocchine si legge che solo Pakistan, Cina, Russia si sono astenuti: “mentre Islamabad ha definito la sua posizione come ‘di principio’, la sua reiterata enfasi sull’autodeterminazione e la critica di quel che ha definito come uno ‘sbilanciamento’ nella formulazione della risoluzione, danno l’impressione di un allineamento con l’Algeria e il Fronte Polisario”. (https://www.moroccoworldnews.com/2025/11/266190/pakistan-raises-questions-after-sitting-out-key-un-vote-on-western-sahara/)
Il Sahara occidentale ha una storia interessante, oltre a essere deposito di fosfati utilizzabili quindi come dual-use. Anche lasciando da parte gli intrecci diplomatici con Israele a sostegno del Marocco soprattutto durante il regno di re Hassan II, è importante fare mente locale prima di capire la posizione del Pakistan a sostegno dell’Algeria. Rimando per agevolare ad alcuni contributi apparsi su questo sito:
https://www.osservatorioanalitico.com/?p=10184
https://www.osservatorioanalitico.com/?p=7255
https://www.osservatorioanalitico.com/?p=10163
Mi giovo anche, a beneficio del lettore, di una ricerca pubblicata altrove da chi scrive:
https://www.barlamane.com/fr/le-migration-research-institute-les-prochains-mois-pourraient-voir-la-chine-et-la-russie-au-sein-du-conseil-de-securite-de-lonu-approuver-lavance-marocaine-sur-le-sahara/
In estrema sintesi, il canale diplomatico tra Marocco e Algeria è stato chiuso dopo che l’Algeria ha accusato Rabat di finanziare il MAK, il Movimento Armato per l’autonomia della Kabilia, una regione nel nord est algerino. Nell’estate del 2021 il MAK ha rivendicato l’uccisione di 60 civili e di 30 membri dell’esercito algerino. L’Algeria poi sostiene che il Marocco appoggi il movimento Rachad che aveva fomentato la Primavera libica. 

Nell’estate del 2023 si rilevava uno spiegamento massiccio di truppe algerine a Hammaguir a 110 kilometri da Béchar prossima al confine marocchino. L’escalation era concepita come controffensiva (retaliation) alle incursioni aeree (e con droni) marocchine nello spazio algerino, oltre alle azioni condotte contro il Polisario nel Sahara occidentale e alle manovre degli Africa Lion (Stati Uniti + Marocco). La mossa algerina richiamava quella del novembre 2022 realizzata congiuntamente alla Russia nella stessa area.

E in ogni caso il cessate il fuoco tra Marocco e Polisario durato dal 1991 al 2020 aveva avuto una serie di strascichi e complicazioni: nel novembre 2021 è stato fatto esplodere un cargo con tre algerini in transito nel Sahara occidentale. Oggi il Marocco cerca di preservare la sua identità di Stato atlantico pur avendo goduto fino al 2021 di import di grano russo. Invece in Algeria la Cina è entrata nettamente quando il 26 giugno 2023 è stato reso noto che tre società cinesi hanno firmato l’accordo di gara per la miniera di ferro di Gara Djebilet nel sud ovest del Paese.  
A ben vedere questi sono i rimasugli post-ideologici della Guerra fredda, di quel tempo in cui – come ha detto lo storico Cristopher Andrews – “il mondo andava come lo faceva andare” (intendendo le reti del KGB e qui nello specifico in Algeria) ma è pur vero che a questi caratteri nazionali che sono diventati quasi “una seconda pelle” si aggiungono le varianti specifiche.
Nel caso magrebino si tratta del cambio di alleanze tunisino (che coinvolge indirettamente gli Stati Uniti) a favore di Algeri in virtù dei trattati energetici e di una questione tecnica di ridefinizione dei confini. 

Il Marocco ha comunque portato avanti un’operazione di intelligence culturale fatta di libri tanti, presentati anche all’ultimo Salone del Libro Parigi, per spiegare le sue rivendicazioni sul territorio posseduto in precedenza dalla Spagna. Notare anche la cronologia tra la morte di Franco e le varie “marce verdi” degli anni Settanta che hanno garantito al Marocco la protezione USA, e da tempo.
Ora, la frontiera tra Marocco e Algeria è lunga 1559 kilometri. Una polveriera. Questo i decisori politici di Islamabad lo hanno compreso bene. Peraltro questo confine era stato tracciato dalla Francia  nel 1845, analogamente a quanto accaduto in Afganistan con le varie linee Durand (sud) e O’ Conor (nordest) entrambe del 1895.  
E pensare che nel 2018 re Mohammed II aveva detto di voler aprire «in tutta chiarezza e responsabilità un dialogo diretto e franco con la sorella Algeria affinché si superino le varie congetture, i vari obiettivi che ostacolano lo sviluppo delle relazioni tra i due Paesi». Tra il 5 e 6 dicembre dello stesso anno si erano tenuti a Ginevra i primi incontri tra Marocco e Fronte Polisario insieme ad Algeria e Mauritania. Di questo, forse, poco è rimasto.
Oltretutto l’Algeria era il sesto fornitore del Marocco in fatto di idrocarburi. Non si trattava di una posizione preminente ma era ed è da valutare il passaggio di gasdotti su suolo marocchino con destinazione europea. Risale al 2011 il contratto tra la marocchina One e l’algerina Sonatrach che stabiliva la vendita di 640 milioni di metri cubi di gas naturale al Marocco lungo l’arco di sei anni. Questo gas seguiva il percorso della pipeline Gazoduc Maghreb. 

Oggi sono teoricamente quattro i gasdotti algerini che, via Marocco, potrebbero rifornire la Spagna, bloccati però da prima della guerra in Ucraina.
C’è un convitato di pietra in questo scenario ed è la Cina. Qual è stata la risposta cinese alla nuova configurazione della macro-regione? È vero che gli Accordi di Abramo hanno riavvicinato sul versante del comparto della sicurezza Israele, Arabia Saudita e Marocco, sganciandoli dalla Cina, mentre la Turchia era risospinta nei suoi confini naturali e non storici, abolendo ogni aspirazione panturanica che, costituzionalmente, è di disturbo per Pechino. Ma, in silenzio, la Cina nel 2019 era già entrata in servizio al porto di Tanger Med II che aveva richiesto investimenti per 26 miliardi di dirham (circa 10 bilioni di dollari): la capacità di container supera i 9 milioni ma qui il nodo critico è un altro: la stesura del Memorandum di comprensione cinese, analogamente a quanto accaduto in altri Paesi mediterranei come l’Italia.  
Tanger Med II, se le cose andranno come ipotizzato anni fa, sarà accompagnato dalla costruzione di un centro urbano esteso per 4940 acri da parte della compagnia di proprietà dello Stato cinese CCCC (China Communications Construction Co) subentrata all’Haite Group, anch’esso di Pechino. La conclusione dei lavori del Centro è stimata per il 2027 e le previsioni auspicano la creazione di 100mila posti di lavoro. 
Quel che può fare uno Stato moderno come il Marocco è procedere tra le secche dell’alleanza cinese e il fronte orientale che rischia di essere incendiato da terzi e non direttamente dall’Algeria: cosa a questo punto da non escludere.
Avvicinarsi troppo alla Cina vanificherebbe, invece, gli sforzi sin qui compiuti dal Marocco che, nel periodo 2018- 2021, aveva messo in cantiere un investimento di 28 miliardi di dirham (2,6 miliardi di euro) per lo sviluppo delle vie di comunicazione e che con Tangeri I ha smistato 65 milioni di tonnellate di beni nel 2019, passati a 75 nel 2020 e a 101 nel 2021 pur nella distruption della catena di approvvigionamento logistico dovuta al covid.
In conclusione, come il Marocco riceverà notevoli riflussi provenienti dal suo confine orientale, analogamente il Pakistan (appoggiato da Cina, Stati Uniti e Arabia Saudita) dovrà affrontare le controspinte afgane verso i suoi confini sud (a etnia comunque non pashtun) trovandosi di fronte non un regime politico “socialista” come è il caso del Marocco davanti all’Algeria, ma un groviglio difficilmente districabile di talebani appoggiati dal Qatar e forse anche dall’India. 

Il quadro si complica di continente in continente. 

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