Il piano post bellico, in 20 punti, del Presidente USA per stabilizzare il Medio Oriente non è molto attuabile anche se interessante per alcuni aspetti. E’ stato presentato a fine settembre ma già dopo due mesi si comprende come sia difficile metterlo in atto nella sua interezza.
Occorre, però, prendere atto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sta programmando un piano che consenta una ‘legittimazione internazionale’ per dare supporto ai Palestinesi a Gaza.

Stanno discutendo su una possibile risoluzione in merito, in particolare, Emirati Arabi, Egitto, Qatar, Arabia Saudita e Turchia.
E a questo punto già un altro problema, tra gli altri, si pone: Israele non vuole assolutamente la Turchia partecipe della Forza di stabilizzazione, con suoi militari. Si comprende chiaramente la richiesta di Israele se si ricorda che la Turchia, insieme al Sud Africa, nel 2024, aveva accusato Israele di genocidio alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ).
Intanto Erdogan ha anche emanato un ordine di arresto per Netanyahu (il secondo dopo quello della Corte Penale Internazionale dell’Aja – ICC), e altre altre autorità israeliane, relativo al ‘genocidio’ perpetrato a Gaza e per i crimini contro l’umanità fin dall’ottobre 2023. In questo ordine i turchi hanno soprattutto sottolineato gli attacchi a ospedali e il blocco di Gaza che ha impedito l’arrivo di medicine e apparecchiature mediche, impedendo in questo modo aiuti umanitari. Mandato di arresto largamente apprezzato da Hamas che l’ha considerato come la conferma della posizione del popolo turco e dei suoi governanti “che tengono ai valori della giustizia, dell’umanità e della fratellanza che li legano alla oppressa popolazione palestinese”.
Si sta insistentemente pensando a una Forza internazionale “di stabilizzazione” di 20.000 unità, con il mandato di usare ‘tutte le misure necessarie”; Forza che sarebbe approvata soprattutto da parte dei paesi arabi e musulmani, in parte per motivi umanitari verso i fratelli della stessa religione ma di sicuro per motivi economici importanti, pur non dichiarati. E anche per contrastare decisamente l’interesse dell’Iran sciita duodecimano a divenire il campione di un Islam religioso e politico in una regione strategica come il Medio Oriente. Quel primato che Teheran ha cercato, armando Hezbollah, Houthi e passando aiuti generosi a Hamas. Gli Ayatollah hanno perduto la partita e forse un giorno perderanno il potere, se il resto del mondo arabo e musulmano riuscirà a coalizzarsi unito contro di loro, magari con un ‘aiuto’ occidentale.
Una situazione stabile nella regione favorirebbe scambi commerciali di alta intensità e forti guadagni relativi. E perché no? Se può portare anche una certa, pur piccola, floridezza economica per i Palestinesi’. La ricostruzione di Gaza, distrutta all’80%, se non di più, può dare un lavoro ai Palestinesi, sempre che abbiano abbastanza cibo e sostanze per sopravvivere, nonché un alloggio, anche provvisorio, nel quale vivere, senza deportarli dalla loro terra. Sì, forse solo un pensiero irrealizzabile…però…valutabile.
Israele ovviamente ha una sua visione della cosiddetta Forza di stabilizzazione perché vuole avere la completa responsabilità della sicurezza a Gaza, per controllare un futuro possibile per quella zona.
Sembra allo stato attuale che non dovrebbero essere utilizzate truppe americane nelle Forza di stabilizzazione. Trump proprio ieri, 7 novembre, ha dichiarato che questa Forza sarà presente sul terreno fra poco tempo e ha chiesto alle Nazioni Unite il mandato per mobilizzare la forza militare da installare sul territorio devastato e mantenere la tregua a Gaza.
Alla base, però, ci deve essere il pieno reale riconoscimento dello Stato d’Israele, non solo dichiarato ma attuato in tutti i suoi aspetti e da tutti gli attori arabi e musulmani della regione. Altrimenti non ci potrà essere mai stabilizzazione in quella zona.
Un terribile ricordo si affaccia alla mente. Il 15 agosto 2021 i Taliban prendevano il potere in Afghanistan, catturando Kabul. Ora: diritti umani negati e libertà personali violate, con una popolazione in profonda crisi umanitaria. Le Forze internazionali si ritirarono, in quindici giorni, con grandi difficoltà e problemi, portando con sé più 120.000 cittadini afghani, con i quali avevano collaborato, per sottrarli alla vendetta dei nuovi governanti.
Dunque una Forza internazionale può essere una soluzione per stabilizzare un territorio? Esperienze precedenti non sono positive.
La stabilizzazione può essere data solo da accordi di ‘pace’ ben studiati, accettati e applicati, con l’aiuto di stati confinanti che aspirino a una ‘pace’ che possa portare sviluppo e benessere, cioè il rinvigorimento di utilizzazione delle risorse di un territorio, ove possibile, con scambi commerciali ad alto livello. Non sarà una presenza militare di altri stati a stabilizzare una difficile regione, se gli attori in questione di quella regione non decideranno una convivenza, rispettandosi a vicenda. Difficile ma non impossibile. Forse.
©www.osservatorioanalitico.com – Riproduzione riservata
Commenti recenti