Iran, grande sconfitto.

Venti ostaggi sono tornati a casa…oggi. Altri torneranno nelle bare. Circa 2000 palestinesi torneranno anche loro a casa, la maggior parte a Gaza, distrutta per 80% o forse più.

Non torna Marwan Barghuthi, un importante leader politico palestinese che non viene liberato da Israele. Ritenuto troppo pericoloso…il suo rientro a Gaza.

Una tregua è stata stabilita nella speranza che possa reggere, per arrivare a una pace che si avrà solo quando ci saranno, in quella regione, due Stati che devono riuscire a vivere e a convivere insieme.

Pericoloso il silenzio dell’Iran, il grande sconfitto di questa guerra che avrebbe voluto avere un primato, sciita, nel mondo musulmano, specialmente contro i sunniti wahabiti dell’Arabia Saudita. Ha armato gli Houthi, ha armato Hezbollah, ha in gran parte armato Hamas e ora si ritrova con quel mondo mediorientale che firma in Egitto, la tregua tra Israele e Hamas e è contro il regime iraniano. 

Sono questi stati arabi e musulmani, Egitto in prima linea, ad avere, almeno per il momento, la vittoria in mano. 

Gli Accordi di Abramo del 13 agosto 2020 tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti (preceduti da un trattato di pace tra Israele e Egitto del 1979 e uno tra Israele e Giordania del 1994), firmati successivamente dal Marocco e dal Sudan, sono stati ampiamente ostacolati dall’Iran che li ha sempre visti come un pericolo, per affermare una sua influente presenza nella regione strategica. E ha sbagliato clamorosamente, almeno per il momento e speriamo nel futuro, non comprendendo che il suo desiderio di avere un primato nel mondo mediorientale porta solo distruzione e morte. Ma questo tipo di comprensione sembra molto difficile in Iran, anche se l’attuale presidente, Masoud Pezeshkian, sembrerebbe più moderato della Guida Suprema, Ali Hossein Khamenei, profondamente anti occidentale.

Il vero pericolo per l’attuale tregua è proprio l’Iran che potrebbe voler riprovare a conseguire i suoi obbiettivi di primato e guida in quella regione, se non dovesse riuscire ancora a comprendere gli attuali indirizzi, anche e soprattutto economici, della regione.

Esaminando alla base i comportamenti degli stati arabi, non si può non rilevare anche, accanto alle motivazioni umanitarie, la contingenza che un nuovo avviamento economico della regione di Gaza comporta molti affari dal punto di vista immobiliare, considerata anche la presenza, nella soluzione degli accordi, del genero di Trump, ben noto e riconosciuto valido immobiliarista. Per non ricordare l’idea, certamente fantasiosa di Trump, ma non priva di una solida base economica, circa una ricostruzione della Striscia di Gaza per farne un resort turistico, che potrebbe, in teoria, aiutare anche economicamente i palestinesi a trovare o quanto meno provare, una vita diversa e più umana con un reddito sicuro. Questo non sarà possibile, probabilmente anche per motivazioni religiose ma è certo che la febbre della ricostruzione di Gaza e di altri siti ampiamente distrutti contagierà i palestinesi, rendendo forse molto più difficile una nuova lotta contro Israele. 

Nel suo discorso alla Knesset, di oggi 13 ottobre, Trump ha fatto un lungo riferimento alla parte economica che si prospetta per questa tregua, che, se continuerà, porterà definitivamente a una pace sperata.

L’Iran deve capire che, continuando così anche nel nucleare, verrà distrutto, sicuramente come nel passato successe a Mossadeq, nell’agosto 1953, quando una potenza straniera darà un importante aiuto a un sollevamento popolare contro il regime. Così come avvenne contro lo Shah nel 1978/79, un aiuto sciagurato che ha permesso l’instaurazione di un regime islamico radicale, quello degli Ayatollah. 

La speranza rimane sempre ma vedo con grande difficoltà l’instaurasi di una pace definitiva a meno che il futuro Stato di Palestina riesca a formarsi su basi concrete, aiutato economicamente dagli stati confinanti e non solo. Solo forti basi economiche aiuteranno quella regione a trovare una sistemazione definitiva o quasi, per una tolleranza reciproca che potrebbe portare a una pace duratura.

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