Con piacere ospitiamo un articolo scritto da Andrea Bianchi. Lavora a Bruxelles come docente presso un’istituzione scolastica straniera. Ha scritto “Marco Giaconi e l’intelligence” e “Una storia delle idee. Delio Cantimori”. Ha tradotto tre volumi di istituzioni geopolitiche di Angelo Codevilla, docente a Stanford.

Il Direttore Scientifico Maria Gabriella Pasqualini

La via iraniana alla connettività eurasiatica

La logistica multimodale ed energetica iraniana è incentrata teoricamente sull’INSTC (International North South Transport Corridor). Esso è frutto di un accordo siglato nel maggio 2022 dai fondatori Russia, Iran e India: oggi procede meno speditamente da parte iraniana in seguito al conflitto “di dodici giorni” (più 15 anni di preparazione) e ad un passo più spedito da parte russa e (un po´ più lento) da quella indiana. Anche l’India ha sofferto dopo gli avvenimenti recenti. Nel frattempo, l’Europa sogna a occhi aperti di sganciarsi dalla Cina e legarsi per corrispondenza (libero scambio) con l’India che però vuole trovare una e una sola lingua sulle etichette dei Paesi dell’Unione. Vedremo eventuali sviluppi a Bruxelles, con l’evento “culturale” Diwali Festival 2025, organizzato anche dalla Camera di commercio indiana, l’11 e il 12 ottobre di questo mese.

L’INSTC è un modello di rete che adopera trasporti via nave, ferrovia e gomma e ha registrato l’adesione di altri Stati oltre ai fondatori, e tra questi paradossalmente l’Ucraina. Il sistema funge, nelle intenzioni dei fondatori, da supporto ad un progetto di integrazione multilaterale che mira, sul lungo termine, a perseguire uno sviluppo intra-regionale di economie nazionali con politiche estere, strategie militari e di materie prime molto diverse tra loro.

L’INSTC avanza attraverso tre rotte fondamentali:

Rotta occidentale (Russia-Azerbaigian-Iran-India). Anche ammesso che sul lungo termine la Russia vinca in Ucraina, l´Occidente userà Israele per distruggere e invadere l’Iran (pio desiderio a fronte di una civiltà millenaria…) e far collassare la Russia, col danno collaterale della rimozione del Caucaso meridionale dalla sua sfera di influenza, mentre Trump costruisce, propagandisticamente, la pace tra Armenia e Azerbaigian.

Rotta transcaspica (Russia-Iran-India), da leggere come sottoinsieme di quella occidentale.

Rotta orientale (Russia-Asia centrale-Iran-India). Lungo questa linea si trova il porto di Chabahar in una zona cuscinetto abitata dai beluci, nel Sud-est dell’Iran. Chabahar è l’unica infrastruttura portuale con accesso diretto all’Oceano Indiano mentre il porto russo di Astrakhan, sul Mar Caspio, è un altro punto di collegamento. L’Iran ha cercato di coinvolgere la Russia e la Cina per sviluppare due porti nella zona industriale di libero scambio di Chabahar (Shahid Beheshti e Shahid Zalantari). E l’India, sin dalla firma dell’INSTC, ha considerato Chabahar come l’elemento chiave della sua strategia per avversare la Cina e per far concorrenza al porto pakistano di Gwadar nel Mar Arabico.

Fino a due anni fa al G7 ci si poteva “preoccupare” circa il progresso dell’INSTC a guida russa, con Chabahar che doveva avere un ruolo in termini dual use (infatti è poi esploso il 22 febbraio scorso, mentre l’altro porto di Bandar Abbas, da cui si esporta petrolio verso la Cina, era sabotato il 26 aprile) e si facevano accordi da 1,6 miliardi di dollari tra Iran e Russia per costruire la ferrovia Rasht-Astara, lunga 162 km.  

Il conflitto Israele-Iran ha consentito agli USA di por fine a tutto questo e annunciare trionfalmente che l’Iraq offre un percorso migliore, peraltro più vicino a Israele, per la connettività in Medio Oriente. Prima del conflitto per l’Iran era auspicabile il completamento della sua rete ferroviaria orientale, quasi 700 km di ferrovia da Chabahar a Zahedan, quale parte dell’asse ferroviario Mashhad-Sharkhs che collega il Sud-est al Nord-est del Paese.

Alla Russia interessava Chabahar perché, operando a pieno regime questa infrastruttura, avrebbe potuto ridurre di circa il 20% i costi della logistica con l’India. Gli iraniani avevano compreso l’interesse di Mosca e avevano cominciato a promuovere la zona industriale di libero scambio di Chabahar, proprio per attirare investimenti russi, che sono culminati nell’affare Rasht-Astara.

Per la Cina, BRI (Belt and Road Initiative) sembrerebbe fare un gioco parallelo perché´ Pechino avversa l’INSTC, volendo mantenere la presa su Kazakistan, Turkmenistan, Iran e Oman, aree contese con l’India, con cui, peraltro, compete strenuamente “sul piano logistico”. Alla Cina interessa il Kazakistan per i depositi di uranio, ricercati instancabilmente anche dall’India per i suoi impianti nucleari, poi il Turkmenistan per il gas e per la pipeline TAPI. Pechino sta investendo molto nella rotta di transito est-ovest, il Middle Corridor che collega lo Xinjiang a Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Turkmenistan, attraverso il Caspio fino ad Azerbaigian, Georgia, Turchia e più avanti verso l’Europa orientale – per un totale di 7.000 km, con un viaggio medio di un cargo della durata di 15 giorni. 

Nel frattempo, Pechino ha investito nella costruzione di una ferrovia da Kars a Edirne sul lato europeo del Bosforo, mentre Londra ha in Baku un partner privilegiato al quale ha ispirato le condizioni per un trattato di pace e la rinuncia a qualsiasi influenza sul Karabakh. Il Corridoio di Zangezur è ridiventato un nuovo Grande Gioco, o Torneo d´Ombre come lo chiamavano i russi meno prosaicamente degli inglesi (con buona pace della prosa di Kipling), in grado di collegare gli hub dell’UE con la Transcaucasia e l’Asia centrale.

Anche la Turchia svolge un ruolo su questo versante. La ferrovia Baku-Tbilisi-Kars, inaugurata nel 2018, serve ad Ankara come un hub strategico per il trasporto di container dalla Cina all’Europa. La Turchia ha investito in un ammodernamento del valore di 3,8 miliardi di dollari del porto di Mersin e di 1,2 miliardi di dollari per quello di Izmir. Entro il 2034, Pechino si aspetta che questo corridoio diventi l’asse centrale di quella che descrive come la “Via della Seta di Ferro.”

Viene da chiedersi per quale afflato idealista ancora anni fa si potesse immaginare un Iran allineato all’Occidente magari tramite il MEK (Mojahedin-el-Khalk), in Albania insieme a un’India che mettesse in secondo piano il suo cerchiobottismo commerciale-ideologico e collaborasse maggiormente, pro bono, con il “mondo libero”. Sogni di un Pangloss sorridente che volevano un INSTC potenziato e che avrebbe aiutato l’India a soddisfare il suo fabbisogno energetico, solo perché il meccanismo di pagamento in rupie abilitato dalla Reserve Bank of India nel commercio globale aveva facilitato il commercio con la Russia e le importazioni di petrolio dall’Iran.

Prima che la Cina si prendesse l’INSTC per connetterlo alla BRI o lo neutralizzasse, ci hanno pensato Israele e Stati Uniti. Con regalo bonus alla Cina: Afghanistan destabilizzato per il rientro forzoso dei migranti che l’Iran gli ha rispedito. 

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