Tre Potenze si contendono l’Africa e…una quarta, la Cina.

Tre Potenze si contendono l’Africa e…una quarta, la Cina.

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Errori su errori e morti molti. Troppi.

L’imperdonabile errore umano, come dicono le autorità iraniane, ha annullato quel vantaggio di immagine che presso una parte della politica mondiale Teheran aveva accumulato. Non è la prima volta che un aereo civile viene abbattuto in uno scenario di guerra e l’Italia ha avuto la sua tragedia con Ustica: missile americano o francese…poco importa ora. Con la tecnologia attuale, però, tutto questo non dovrebbe accadere.

Un punto a favore per Trump che non vuole il nucleare e in mano agli iraniani. La morte di Suleimani è divenuta un altro punto a suo favore di fronte all’imperdonabile errore umano.

E’ un dato di fatto: si sta svolgendo una terza guerra mondiale a livello regionale: quattro potenze di cui tre guerreggiano e una occupa l’Africa subsahariana e non solo, senza armi per il momento.

Uno Zar e un Sultano giocano con i soldatini, ma con quelli veri che inviano su fronti opposti salvo poi, in una cerimonia solenne e partecipata a Istanbul, aprire insieme al primo ministro serbo Vucic e al bulgaro Borisov il Turkstream pipeline che porta il gas russo alla Turchia e all’Europa meridionale attraverso il Mar Nero. Tutti sorridenti e soddisfatti, seduti su belle poltrone rosse, uno accanto all’altro. Nulla importa perché il gioco duro si sta facendo in altri territori e alla fine sulla spartizione del petrolio e del gas ci sarà con un bell’accordo, dopo qualche ‘danno collaterale’ che poco scalfisce la sensibilità dei reggitori del mondo. Quelli vanno sempre messi in conto.

Sembra di tornare indietro nel tempo: i Balcani, pur parte integrante dell’Europa, sono sotto interferenza russo-turca…si ripropone la divisione tra potere ‘zarista’ e potere ‘ottomano’ in forma di accordi commerciali e forti margini economici nella regione balcanica.

Nel Mediterraneo ecco di nuovo la spinta della Russia a un suo potere in questo mare, per riconquistare una posizione una volta forte politicamente e economicamente. Ankara persegue la stessa spinta geopolitica secolare, questa volta resa ancora più interessante perché nei secoli passati non si aveva contezza della importanza di uno strano elemento che sgorgava dalle rocce non raffinato e usato come medicinale ma che dal secoloXIX ha svelato le sue intere proprietà di elemento necessario e indispensabile per il progresso dell’umanità…anche se se ora se ne intendono i pericoli ambientali di un suo uso esagerato.

Nel sottosuolo ce n’è ancora molto e occorre averne in mano lo sfruttamento: petrolio, gas e altri rari minerali danno il potere su vari territori.

La fine della guerra in Libia sarà sancita solo da un accordo tra Russia e Turchia e forse anche la fine di quella tra USA e Iran, quando converrà ai Signori del Mondo e tra questi, allo stato attuale, non ci sono né un Trump, almeno prima delle elezioni presidenziali per il secondo mandato (vedremo al secondo eventuale mandato), né Rohani.

Rimane ancora un piccolo problema da risolvere: cosa farne dei Palestinesi e di Israele…sembra essere un problema che non agita Mosca e Istanbul, almeno apparentemente e anche Washington, salvo tuonare contro arabi e Hamas-Hezbollah, non sta lavorando a soluzioni stabili. Per ora la priorità per POTUS è ostacolare in tutti i modi il prevalere iraniano in Iraq e nella regione: sembra impossibile ma, mentre si riesce a fare accordi con i wahabiti e i sunniti in generale, non è possibile con il potere sciita che si allarga sempre più soprattutto in Iraq, dopo che imprudenti mosse hanno scalzato e ucciso il dittatore Saddam Hussein. Stessa sorte toccò alla Libia e a Mohamad Gheddafi, artefice principe la Francia. E’ facile far cadere i dittatori ma si è rivelato molto difficile sostituirli con una democrazia rappresentativa di stile occidentale perché non sono stati valutati bene gli aspetti successivi al cambio di regime e alla circostanza, mai accettata soprattutto da Washington, che questo tipo di democrazia non è esportabile tale e quale ma deve essere adattata alla storia e alle tradizioni del Paese dove la si vuole ‘impiantare’. Per quello che succede in Iran, gli USA devono comprendere che scommisero sul cavallo sbagliato nel 1978/79 quando decisero di non ascoltare quanto sosteneva l’ultimo ambasciatore americano a Teheran, Sullivan, durante la visita del generale del Pentagono Huyser nel dicembre 1978, che pose di fatto fine al potere Pahlavi.

In questo ordinato caos globale che regna nella regione mediorientale in senso ampio, una Potenza invia masse non di soldati ma di operai per costruire ponti, ferrovie, infrastrutture che servono in primis alla sua potenza economica e, in seconda battuta ma anche essa di grande importanza, all’Africa. Sta occupando silenziosamente ma stabilmente vari territori ricchi di materie prime che servono al progresso tecnologico: la Cina, che con il suo progetto della Nuova Via della Seta si vuole porre come potenza globale, commerciale e poi militare. Silenziosamente, ma con molta operatività e…aggressività. Poco se ne parla in Italia.

Dunque sono quattro i grandi stati nella spartizione dell’Africa mediterranea e subsahariana. Bella sfida. Peccato che si svolga molto a danno dell’Europa in genere e dell’Italia che potrebbe avere un ruolo decisivo non perdendo terreno soprattutto con e per l’ENI. Già, ma ormai molto è stato perduto e risalire la china non è facile …anche se Sarraj ha deciso di accettare l’invito del nostro Primo Ministro e tornare a farci visita. Vedremo i risultati…ma credo che l’Italia allo stato attuale possa solo mettere a disposizione dei negoziatori tavoli ben apparecchiati, buon cibo, il che non è poco ma è nulla di fronte alle poste sul tavolo verde. Riuscirà Conte a afferrare qualche gettone?

Quale sarà il ruolo della piccola Tunisia schiacciata in mezzo a stati molto più grandi e potenti? E che non venga in mente alle potenze occidentali di togliere di mezzo anche Al Sisi perché come sempre l’Egitto, esteso territorio in posizione strategica nel bacino mediterraneo, deve rimanere stabile e non concorrere al caos locale. Nonostante avversari interni, l’ex generale e ex direttore dei Servizi informativi egiziani sembra reggere ancora abbastanza bene al comando del suo Paese.

La partita che si sta giocando in Medio Oriente è affascinante per chi studia questi territori, meno per chi la subisce, compresi i passeggeri civili morti per un ‘imperdonabile errore’ ammesso troppo tardi, quando ormai non era più possibile negare e che fa tremare all’idea del nucleare in mano iraniana. E costa molto scrivere questo a chi ama la Persia e la sua cultura, una Persia che non è l’Iran degli Ayatollah.

Per completare un quadro difficile anche in un altro settore della regione, è morto (di morte naturale) un illuminato Sultano mediatore di molte situazioni nella penisola arabica, il Sultano Qabous dell’Oman. Pedina importante e equilibrata, colto, amante della cultura. Il cugino suo successore. Haitham bin Tariq-al Said ha un compito molto difficile. Attendiamolo alla prova con la speranza che eventuali faide familiari non gli impediscano di avere lo stesso ruolo esercitato da Qabous per lunghi 50 anni. Serve la stabilità dell’Oman, tra Arabia Saudita, Qatar e Emirati, dove la guerra già è in corso contro lo Yemen, una catastrofe umanitaria anche in questo lembo di terra.

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